Estratto dell’articolo di Vittorio Ambrosio per “Robinson - la Repubblica”
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«È l'esperienza più straordinaria e significativa che gli esseri umani possono fare al di qua della Visione Beatifica» . Lo scrive Aldous Huxley in un luminoso mattino di maggio del 1953 dopo aver fatto una dose di mescalina, per poi poter descrivere ciò che ha provato in quella Bibbia della cultura visionaria che è Le porte della percezione. A raccontarlo è Mike Jay, storico della scienza e della psichiatria, nelle prime pagine di Mescalina.
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Storia globale della prima sostanza psichedelica, dedicato alla storia delle droghe psicotrope e del loro effetto sulla cultura occidentale. Al termine dell'esperimento, Huxley e lo psichiatra Humphry Osmond, che gli ha procurato la sostanza, cercano un nome da dare a questo veicolo di fuga dalla realtà e dopo aver consultato un dizionario greco, coniano termini imbarazzanti come psicofano, faneropsichico, fanerotimo. Per fortuna Osmond propone psichedelico, scongiurando quegli orrori linguistici.
Negli stessi anni viene scoperto il cugino sintetico della mescalina, l'lsd. E il poeta francese Henri Michaux fa ricerche sugli effetti di queste droghe sulla creatività. L'antropologo James S. Slotkin scrive The Peyote Religion, dedicato all'uso del peyote nelle religioni dei nativi americani. […[
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È l'inizio di un mood visionario che vede nel peyote, da cui si estrae la mescalina, il simbolo di una fuga dalla ragione arida e bottegaia del nostro mondo, in cerca di una folgorazione che consente di illuminare il meraviglioso nascosto ciascuno dentro di noi . E che, secondo il teatrante surrealista Antonin Artaud, il peyote ci aiuta a trovare. Ma in realtà, molto prima, tra le due guerre, artisti, scrittori e filosofi, come Walter Benjamin, Jean-Paul Sartre, nonché le avanguardie dadaiste e surrealiste hanno esplorato gli effetti visionari degli allucinogeni ricorrendo a una sintesi chimica della mescalina, realizzata nel 1919 in un laboratorio austriaco.
MESCALINA - COPERTINA LIBRO DI MIKE JAY
In effetti, il peyote è noto alla scienza moderna già dalla fine Ottocento, grazie a farmacologi e psicologi che vengono a contatto con i rituali della Chiesa nativa americana, diffusi tra i popoli amerindiani. Che usano il succo della pianta per entrare in contatto con gli spiriti e con gli dèi.
[…] Le culture indigene, infatti, sono poco interessate alle visioni ombelicali, al chiacchiericcio esoterico, alla contemplazione estetica. Agli abbagli cromatici che fanno sdilinquire le anime inquiete come John Lennon o Ray Manzarek, il tastierista dei Doors, e in generale la generazione dei Sixties che va a scuola dallo stregone in cerca di paradisi artificiali. Perché in realtà questi neofiti dello sballo hanno solo guardato le figure, senza leggere il libro di cui invece i nativi conoscono il senso profondo.
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Per loro la questione non è estetica ma estatica. Tanto che, nonostante il molesto tampinamento cui vengono sottoposti dagli adepti del viaggio, sono riluttanti a condividere quella che deve avere una esperienza privata, una dimensione misteriosa dal forte contenuto emotivo. E si rifiutano di ridurre tutto all'effetto psicotropo di una pianta.
Il cactus per loro non è un oggetto da indagare, ma un Maestro non umano da ascoltare con rispetto. Perché la sua voce giunge dalla profondità del tempo. Come provano le ricerche condotte nel sito di Chavín de Huántar sulla Cordigliera Bianca delle Ande dall'archeologo peruviano Julio Tello. Che negli anni Trenta del Novecento scopre delle splendide decorazioni raffiguranti un essere fantastico, con serpenti al posto dei capelli, che tiene in mano un cactus.
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Gli studi recenti hanno confermato che il sito era un tempio per mega cerimonie di cui gli allucinogeni erano una componente ineliminabile. I riti spesso avevano lo scopo di curare le malattie attraverso interminabili sedute di danza. Non a caso la mescalina consente di dimenarsi per una notte intera, come in un sacro rave. Insomma, si tratta di un'esperienza mistica. E proprio per questo i partecipanti prima di ingire la bevanda chinano la testa e pregano, come facciamo noi quando riceviamo l'eucaristia.
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E in certi casi il succo del peyote non viene bevuto dai partecipanti, ma dagli sciamani e dai curanderos, che in questo modo entrano in contatto con gli spiriti responsabili della malattia e li combattono. È un po' come se il nostro medico si strafacesse prima di auscultarci o prendesse l'antibiotico al posto nostro. Insomma, la mescalina è la stessa, ma in culture diverse fa effetti diversi. Per i nativi è come per noi andare a messa. Per hippies e freak una vacanza nel cactus.
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Il furgone psichedelico di Ken Kesey Angelo dell psichedelia lo zodiaco psichedelico