Giuseppe Sarcina per il "Corriere della Sera"
donald rumsfeld
Donald Rumsfeld, uno dei più rocciosi ministri della Difesa nella storia recente americana, è morto ieri a 88 anni, a Taos, la cittadina dove si era ritirato in New Mexico.
È stato uno dei «mastini» di George W. Bush. Il supervisore militare dell' invasione in Iraq.
Ha teorizzato, insieme con l' allora vice presidente Dick Cheney e i «neoconservatori», che gli Stati Uniti avessero il diritto di difendere i loro interessi ovunque nel mondo, anche con la «guerra preventiva».
DICK CHENEY CON IL SUO PACEMAKER
Rumsfeld ha ricoperto per due volte l' incarico di segretario alla Difesa, prima con Gerald Ford, tra il 1975 e il 1977 e poi con Bush figlio, dal 2001 al 2006. Nato a Chicago nel 1932, da una famiglia di origine tedesca, studi all' Università di Princeton, Donald comincia il suo percorso pubblico come pilota nella Marina militare.
Nel 1958 entra nell' orbita del presidente, l' ex generale Dwight Eisenhower. Nel 1962, a trent' anni, è già deputato per i repubblicani. Si distingue per le critiche sulla gestione della guerra in Vietnam da parte delle amministrazioni democratiche. Più tardi lavora per Nixon, ma il suo momento arriva con la presidenza di Ford. Diventa prima capo dello staff e poi segretario alla Difesa.
È in quegli anni che nasce il sodalizio con Cheney. Rumsfeld lo assume come giovane di bottega allo Studio Ovale, ma se lo porta dietro ovunque.
DONALD RUMSFELD IN THE UNKNOWN KNOWN
Un episodio poco ricordato risale al 1974, quando i due si siedono in un ristorante di Washington con l' economista Arthur Laffer che per loro dise gnò su un tovagliolo la curva che porta ancora il suo nome.
Era uno dei teoremi base dei liberisti: tagliare le tasse non significa perdere gettito fiscale.
Ma la vocazione di Rumsfeld (e anche di Cheney) era un' altra. Il mondo impara a conoscerlo dopo l' 11 settembre del 2001. Quel giorno, raccontò lui stesso, era talmente furioso che per qualche ora si precipitò ad aiutare i soccorritori, fuori dal Pentagono colpito da uno degli aerei dirottati.
george w. bush
La reazione americana, con la guerra in Afghanistan e poi quella in Iraq, maturò in un circolo ristretto formato da Rumsfeld, il vice presidente Cheney, il segretario di Stato Colin Powell e la consigliera per la sicurezza nazionale Condoleezza Rice.
La decisione di invadere l' Iraq, in particolare, fu traumatica e lacerò l' Europa e l' Alleanza Atlantica. Risultò poi che Saddam Hussein non avesse «armi di distruzione di massa», come invece annunciò Powell in una celebre seduta del Consiglio di Sicurezza dell' Onu. Si scoprirono gli abusi sui prigionieri iracheni nelle carceri oscene di Abu Ghraib. Rumsfeld, in quell' occasione, si presentò nello Studio Ovale e offrì le dimissioni a George Bush. Respinte.
DONALD RUMSFELD E SADDAM HUSSEIN
Ma a distanza di anni, l' ex capo del Pentagono continuò a difendere il merito, le ragioni di fondo di quelle guerre. Nel suo libro di memorie, pubblicato nel 2011, Known and Unko wn (Ciò che conosciamo e ciò che non conosciamo) sostenne che il conflitto in Iraq aveva comunque «liberato il mondo da un dittatore brutale come Saddam, creando una situazione più stabile e più sicura». Non è andata proprio così, in realtà.
Due anni dopo Rumsfeld accettò di metterci letteralmente la faccia, partecipando al film-documentario di Errol Morris: The Unkown Known . Un titolo vagamente socratico: ciò che pensiamo di non conoscere e invece conosciamo. Nella pellicola, presentata alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2013, Rumsfeld si produsse nell' ultima apologia di un' epoca ormai tramontata nei fatti. In Afghanistan spadroneggiavano i talebani; in Siria, e a breve in Iraq, si affacciava l' Isis. Alla Casa Bianca c' era Barack Obama; la dottrina dell' esportazione della democrazia era già finita in soffitta.
massimo dalema condoleezza rice Michèle Alliot Marie e Donald H Rumsfeld