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    “E POI HA INIZIATO A PIOVERE…”- LE MIGLIORI ROSICATE DI WALTER MAZZARRI, CHE PRENDERA’ IL POSTO DI GARCIA SULLA PANCHINA DEL NAPOLI – DAL COMPLEANNO DI CAVANI CHE AVREBBE CONTRIBUITO AL “CLIMA SOPORIFERO” DELLA SQUADRA FINO ALLE SCUSE METEOROLOGICHE – LA MIGLIORE GIUSTIFICAZIONE, A DISTANZA DI ANNI, RESTA QUESTA: “C’ERAN QUATTRO O CINQUE GIOCATORI CHE HANNO AVUTO LA FEBBRE IN SETTIMANA, UNO STAMATTINA. ADDIRITTURA C’ERA UNO CHE HA GIOCATO CON LA DIARREA”- VIDEO STRACULT


     
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    Walter Mazzarri è di San Vincenzo, un paese a circa un’ora di macchina da Livorno. Può sembrare un’informazione trascurabile o irrilevante, ma non è così: Mazzarri è uno che ci tiene ai dettagli. Nel 2011 lui, Mazzarri, che è di San Vincenzo, allenava il Napoli, mentre Massimiliano Allegri, che è di Livorno, ma Livorno-Livorno, proprio Livorno centro, il Milan. Nella conferenza stampa tenutasi il giorno prima della partita tra azzurri e rossoneri, il livornese disse che i giornalisti sbagliavano a definire suo concittadino quello di San Vincenzo: «Ma Walter è nato a qualche chilometro dalla città», diceva Allegri col tono di chi sa che la east coast is for boys, la Costa degli Etruschi is for men.

     

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    Mazzarri, che è di San Vincenzo e non di Livorno, e che ai dettagli ci tiene, il giorno dopo fu costretto a porre fine all’equivoco: «Lo dico ufficialmente: Mazzarri è nato a San Vincenzo, in provincia di Livorno. E non voglio essere di Livorno». Proseguì dicendo che Allegri, quando era all’Aglianese, voleva chiedere qualcosa a lui, Mazzarri, che all’epoca – oltre a essere sempre di San Vincenzo e non di Livorno – era già il vice di Renzo Ulivieri quando quest’ultimo allenava il Napoli. E quella fu la prima e ultima conversazione tra i due, che sono uno di Livorno e l’altro di San Vincenzo.

     

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    In una meravigliosa intervista rilasciata al Corriere della Sera, Mazzarri ha raccontato i suoi giorni da formica mentre altri – magari nati e cresciuti a Livorno, chissà – cicaleggiavano a mezzo stampa e a favore di telecamera. In questi diciotto mesi si è fatto manager, Mazzarri, come lui stesso si definisce. Ville di lusso, target alti, clienti vip, tutti entusiasti: un trionfo, l’orgoglio dei suoi animali spirituali Aurelio De Laurentiis e Urbano Cairo. «Mi sono misurato con l’economia», dice col piglio di quello che l’ha pure sconfitta, l’economia. D’altronde, quando Ulivieri lo presentò a Ferlaino lo descrisse come un economista e poi come un bravo tecnico. La risposta di Ferlaino non è giunta fino a noi posteri ma la possiamo immaginare.

     

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    Mazzarri è uno attento ai dettagli e spesso viene frainteso dalla gente che ai dettagli non presta la dovuta attenzione. Questa gente dice che lui frigna, che lui rosica, che lui polemizza. Dopo una sconfitta casalinga (0-3) contro il Viktoria Plzen nei sedicesimi di finale di Europa League, Mazzarri spiegò la prestazione assai al di sotto delle aspettative del suo Napoli parlando di un «clima soporifero» al quale aveva contribuito in maniera rilevante «il compleanno di Cavani». Che è una cosa che se la dice Guardiola tutti i club poi metton su un dipartimento dedicato a tenere traccia di compleanni, anniversari e ricorrenze, con dentro statistici laureati magna cum laude nelle università della Ivy League e computer capaci di minare bitcoin a tutto spiano. E invece a Mazzarri tocca il sarcasmo, è costretto a vedere la sua attenzione per i dettagli pervertita in materiale comico da profili parodia come Alter Mazzarri e pagine umoristiche quali Le partite viste da Walter Mazzarri. La stessa gente che ai tempi del Watford lo prendeva in giro perché non sapeva l’inglese, facendo finta di non ricordare che Pochettino ci aveva messo due anni a imparare la stessa lingua.

     

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    Ci sono i dettagli, ai quali uno può prestare attenzione, e gli imprevisti, e a questi ci si può solo rassegnare. Se nel mezzo di una partita già difficile di per sé si mette pure a piovere, è giusto ricordare che il calcio è uno sport outdoor e perciò influenzato dai fenomeni atmosferici. I team manager, cioè i colleghi, dei motorsport lo fanno sempre. A loro il rispetto, a Mazzarri invece l’ironia: in casa contro il Verona l’Inter già non stava giocando bene, «poi è cominciato anche a piovere» e a nessuno piace prendere l’acqua. Uomo della pioggia, lo chiamarono dopo quella intervista post-partita. E siccome la cosa l’aveva detta mentre allenava l’Inter, cioè a Milano, uomo della pioggia divenne inevitabilmente rain man. Se Dustin Hoffman non fosse quel patrimonio del cinema che è, Mazzarri potrebbe pure sentirsi offeso dall’accostamento.

     

    Poteva pure andargli peggio, in quanto a soprannomi ed elemento-arché alla base del soprannome: alla fine l’acqua è vita e la vita non è così male. Anche se in certi momenti si mette d’impegno per farti perdere pazienza e faccia, questa vita. Quando Mazzarri era già vice-allenatore del Napoli al fianco di Renzo Ulivieri – e Allegri ancora faceva telefonate da Agliana, che non è manco Pistoia ma solo provincia di Pistoia – gli azzurri persero una bruttissima partita, giocata in casa contro il Ravenna: 2-4 il risultato finale. Quel giorno Ulivieri era squalificato, gli toccò starsene seduto in tribuna a prendersi i fischi e sorbirsi la contestazione.

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    Davanti alle telecamere, a parlare con i giornalisti andò quindi Mazzarri: «l’unica attenuante, che penso sia molto importante perché altrimenti non ci sarebbero altre spiegazioni per una prestazione del genere, è che mezza squadra era influenzata. Tuttora influenzata. C’eran quattro o cinque giocatori che hanno avuto la febbre in settimana, uno stamattina… addirittura c’era uno che ha giocato con la diarrea. Cioè, quindi, detta in parole crude, l’unica spiegazione che ci diamo tutti». Immaginate gliel’avessero dato quel giorno, il soprannome.

     

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