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    "E ANCHE QUESTO NATALE SE LO SEMO LEVATO DALLE PALLE" – VACANZE SULLA NEVE E AL MARE, YUPPIES, FINTE BIONDE E NOBILI, LA COMMEDIA SECONDO CARLO VANZINA: COL FRATELLO SONO STATI LA COPPIA CHE HA INVENTATO I CINEPANETTONI, BOCCIATI DALLA CRITICA E AMATI DAL PUBBLICO: “PIÙ I NOSTRI FILM GUADAGNAVANO MILIARDI, PIÙ CI CONFINAVANO NEL TRASH” – IL PRIMO A RICONOSCERE IL VALORE DEI LORO FILM E’ STATO… – VIDEO


     
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    carlo e enrico vanzina carlo e enrico vanzina

    Maria Luisa Agnese per Liberi Tutti - Corriere della Sera

     

    Era cominciato prestissimo l' innamoramento di Carlo Vanzina per il cinema. A un anno era già sul set, per quanto inconsapevole, nella parte di Filippo neonato piangente e coccolato in Totò e le donne girato dal papà Steno. A cinque anni si era invaghito di Brigitte Bardot.

    Era andata così: quando Steno finì di girare Mio figlio Nerone con Gloria Swanson e Brigitte Bardot furono tutti invitati a casa dell' attrice americana che omaggiò i bambini con sfolgoranti corazze da antico romano. E mentre il recalcitrante Carlo veniva sollecitato da mamma Maria Teresa a ringraziare, esplose con disappunto: «No, io voglio la Bardot». «Io e Carlo siamo cresciuti così, fra donne bellissime.

     

    sordi carlo enrico vanzina sordi carlo enrico vanzina

    Tant' è che mio fratello ha sempre avuto un occhio pazzesco per scegliere le attrici» ha raccontato Enrico, l' altra metà dei Vanzina, a Candida Morvillo che lo intervistava per il Corriere . Un naso, un talento per i talenti cinematografici che gli ha permesso negli anni di individuare dopo quelle della Bardot le potenzialità di donne belle e da set come Monica Bellucci o Isabella Ferrari, ma anche di attori come Raoul Bova o Diego Abatantuono o Christian De Sica, più quel colpo genio di inventarsi la maschera irresistibile di Ricky Memphis. Di lui diceva: «Ricky è fantastico. Lui, come attore, è il contrario del metodo. Ma ha questa faccia che dice tutto». Uno specie di suo doppio che lo incarnava sullo schermo: e se guardate le foto di Memphis e quelle di Carlo quarantenne, la sintesi espressiva da occhio quasi etrusco è identica.

     

    enrico e carlo vanzina con roberto d agostino enrico e carlo vanzina con roberto d agostino

    Da ragazzino Carlo voleva fare il critico perché, da patito di film qual era, avrebbe potuto vederli gratis: «Allora tenevo degli album che riempivo con tutti i film che vedevo e ne vedevo tantissimi - raccontava - scrivevo le mie minicritiche, mettevo già le stellette anche se non si usava, scrivevo tutto il cast, dagli attori al direttore della fotografia. Ero un vero malato di cinema». E chissà, se davvero Carlo avesse continuato, se sarebbe stato altrettanto severo con i fratelli Vanzina come lo è stata quell' intellighenzia radical chic che ha guardato negli anni con sufficienza la loro produzione e ha liquidato i loro Sapore di mare e le loro Vacanze di Natale , come esempi di leggerezza piaciona e capostipiti di tutti i cinepanettoni prossimi venturi.

    verdone, cecchi gori, carlo e enrico vanzina foto andrea arriga verdone, cecchi gori, carlo e enrico vanzina foto andrea arriga

     

    Una cerchia di esperti che non ha mai voluto riconoscere a quei prodotti, per quanto nella levità dell' impianto, alcun valore di critica sociale. Mentre quei film forse erano solo lo specchio dei tempi, in una società che virava dagli anni di piombo al riflusso, e poi ancora verso gli spensierati Ottanta/Novanta e le crisi seguenti, fino all' ultimo Natale a cinque stelle , su Netflix in questi giorni, omaggio postumo di Enrico al fratello minore scomparso. «Ma chi ha ridicolizzato gli yuppies, quei quattro zozzoni che litigavano al ristorante al momento del conto? E i nobili, le finte bionde, la mania della palestra, i circoli come sedi di affari?

    steno la mostra carlo e enrico vanzina foto andrea arriga steno la mostra carlo e enrico vanzina foto andrea arriga

    Per un lunghissimo periodo, è stata dura: più i nostri film guadagnavano miliardi, più ci confinavano nel trash, nella volgarità» era l' opinione di Carlo.

     

    Fra i primi a essere d' accordo con loro Walter Veltroni, ex sindaco di Roma, cinefilo e grande sdoganatore del valore sociale della produzione vanziniana. Quei due ragazzi - Enrico il maggiore che voleva fare il poeta e poi divenne lo sceneggiatore della coppia e Carlo che cominciò subito come aiuto di Mario Monicelli, spedito dal padre Steno a far gavetta - avevano ciucciato commedia all' italiana con il latte, erano cresciuti sulle ginocchia di Totò e di Sordi, mentre la sera si intrattenevano con personaggi come Moravia, Leo Longanesi, Flaiano e Fellini.

     

    vacanze di natale vacanze di natale steno con i figli carlo ed enrico vanzina steno con i figli carlo ed enrico vanzina

    Papà Steno voleva una famiglia tradizionale, la mamma era casalinga ma era innamorato della cultura e li portava in giro per il mondo a vedere musei e a imparare le lingue. A differenza dei rampolli romani della loro generazione non sono andati al Tasso, al Massimo o al Visconti ma al collegio francese Chateaubriand. E in famiglia li sognavano ambasciatori. Invece sono rimasti nell' ambiente dove erano cresciuti, facendo insieme 60 film, diventando nonostante tutto eredi di quella commedia all' italiana che bene conoscevano. «Al cinema ci va chi non può permettersi una serata ad alto costo, per questo i nostri film sono amatissimi dagli extracomunitari» raccontava Carlo, aggiungendo di averlo scoperto andando a vedere con il fratello uno degli ultimi Fantozzi : «La sala era invasa da filippini».

    enrico e carlo vanzina enrico e carlo vanzina

     

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    «La commedia all' italiana vale sempre, esiste nelle strade, siamo rimasti il Paese di Totò, lo vedi quando leggi ogni mattina il giornale, e in qualche modo questa è stata la nostra forza. E lo spirito napoletano rimane al centro della nostra comicità» ha detto Carlo ad Andrea Pancani a Coffee Break , in una delle ultime interviste per La 7 . Hanno parlato così, spesso al plurale, i due fratelli, due vite intrecciate nell' infanzia, nella famiglia, nel lavoro. E difatti alla morte di Carlo Enrico ha scritto una lettera sul Messaggero in cui raccontava il doloroso senso di smarrimento e di impotenza a ritrovarsi solo dopo tanto tempo a dover occupare lo studio dove lavoravano e dove aveva lavorato il padre Steno. Lettera che ha letto anche al funerale, zeppo di amici e colleghi, con Fiorello che dava la palma postuma alla battuta più bella dei loro film: « E pure 's to Natale se lo semo levato dalle palle ...».

    DE SICA VACANZE DI NATALE DE SICA VACANZE DI NATALE

     

    «Era mio fratello, era il mio migliore amico, era il mio confidente e io il suo, era il mio alter ego nel lavoro. Siamo stati insieme praticamente tutti i giorni della nostra esistenza, prima da piccoli, poi da adolescenti, poi lavorando insieme. Carlo è stato il mio passato ed era il mio futuro. Era un gran signore. Essendo il fratello maggiore ho provato a proteggerlo per tutta la vita.

    Non ce l' ho fatta».

     

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