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    E SE TRUMP, CHE NON RICONSCE LA SCONFITTA, PRETENDESSE DI RESTARE PRESIDENTE? ''VERRÀ SCORTATO A FORZA FUORI DALLA CASA BIANCA'', DICONO DAL PARTITO DEMOCRATICO. MA NON È COSÌ FACILE. IL SISTEMA ELETTORALE USA È BASATO SULLA CONCESSIONE DA PARTE DEL PERDENTE. IN SUA ASSENZA, ECCO COSA SUCCEDE


     
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    Massimo Gaggi per il ''Corriere della Sera''

     

    donald trump donald trump

    E se Trump, che non riconosce la sconfitta, pretendesse di restare presidente? «Verrà scortato fuori dalla Casa Bianca» risponde Biden. Non è così facile e non solo perchè i militari si sono già smarcati. Il sistema elettorale Usa è basato sulla concessione da parte del perdente. In sua assenza si entra in quella che i costituzionalisti definiscono una terra incognita.

     

    Per motivi difficili da sintetizzare in un articolo né la Costituzione americana (che risale ai 1787) né l’Electoral Count Act del 1887, l’unica legge che regola le procedure elettorali, criticata fin dal suo varo dai giuristi perché «confusa e con passaggi incomprensibili», indicano con chiarezza cosa accadrebbe in caso di contestazioni che riuscissero, in alcuni Stati, a bloccare la proclamazione ufficiale dei risultati del voto.

    supporter di trump in nevada supporter di trump in nevada

     

    Le denunce e i ricorsi sulla correttezza degli scrutini che la campagna di Trump sta già distribuendo a raffica negli Stati conquistati da Biden sul filo di lana potrebbero anche essere respinti in blocco (alcuni sono già stati cestinati). Ma se in alcune realtà locali i giudici prenderanno sul serio le contestazioni, qualche Stato potrebbe anche non ratificare il risultato del voto popolare bloccando il suo trasferimento nella scelta dei Grandi elettori (come noto, negli Usa i cittadini non votano direttamente per il presidente ma per 538 delegati complessivi scelti dagli Stati che a loro volta eleggono il presidente: è il cosiddetto Electoral College).

     

     

    rudy giuliani in pennsylvania rudy giuliani in pennsylvania

    A quel punto si aprirebbero scenari inquietanti coi parlamenti locali (ricordiamoci che in Stati al momento vinti da Biden come Pennsylvania, Georgia, Michigan, Arizona e Wisconsin, queste rappresentanze sono in mano ai repubblicani) che potrebbero mandare a Washington grandi elettori scelti da loro anziché dal popolo, essendo giunti alla conclusione che non c’è modo di avere una rappresentazione corretta dell’esito del voto entro i termini costituzionali: in base alla legge, infatti, i grandi elettori devono essere nominati dagli Stati entro l’8 dicembre. Sei giorni dopo, il 14, questi 538 delegati votano per il presidente. Il 3 gennaio del 2021 si insedierà il nuovo Congresso e il 6 Camera e Senato, riuniti in seduta comune, conteranno i voti dell’Electoral College.

     

    conteggio dei voti atlanta, georgia conteggio dei voti atlanta, georgia

    Quelli che normalmente sono solo passaggi formali, stavolta potrebbero diventare qualcosa di ben più drammatico perché, come spiegano i costituzionalisti, il sistema elettorale presuppone un comportamento fair, costruttivo, da parte dei contendenti: battaglia elettorale dura, ma alla fine lo sconfitto «concede» la vittoria all’avversario. È un rito: chi perde parla per primo, poi tocca al vincitore che lo ringrazia. Ma è un rito che è anche sostanza politica. Vent’anni fa, nella disputa tra George Bush e Al Gore, tante volte evocata in questi giorni, la partita finì non quando la Corte Suprema diede ragione al candidato repubblicano, ma quando, il 13 dicembre del 2000, l’ex vice di Bill Clinton, concesse la vittoria a Bush. I suoi consiglieri lo spingevano a continuare la battaglia al Congresso (dove lui, in quanto vicepresidente, era il leader del Senato), ma Gore decise di non farlo per non gettare il Paese nell’instabilità.

     

    a seattle si brucia la bandiera americana a seattle si brucia la bandiera americana

    Trump ha già chiarito che non si pone di questi problemi: non accetterà in nessun caso di dichiararsi sconfitto. Rischi autoritari? Trump interpreta le leggi in modo molto personale, ma non è un dittatore. Quando dice, come ha fatto più volte in passato, «sono pronto a rispettare l’esito del voto...se vinco io», bisogna capire se sta semplicemente immaginando una via d’uscita dialettica e prepara, magari, una nuova battaglia politica da leader che si definisce illegalmente defenestrato e cerca di raccogliere voti per tornare al potere, o se vuole andare davvero fino in fondo nella contestazione del voto, qualunque siano le conseguenze per la stabilità degli Stati Uniti.

     

    joe biden kamala harris joe biden kamala harris

     Dobbiamo, poi, chiederci fino a che punto verrà seguito dal suo partito. Per ora Trump appare saldamente in sella e deciso a sfruttare con spregiudicatezza le ambiguità della legislazione americana. Leggi vecchie di centinaia di anni che, in situazioni estreme, consentono qualcosa — sostituire la volontà espressa dal popolo con la decisione di un parlamento locale — che la nostra sensibilità di oggi ci fa apparire come profondamente antidemocratico. È per questo che la Fox, la rete conservatrice, bombarda il suo pubblico coi resoconti dei mille ricorsi che vengono presentati in queste ore, mentre alcuni conduttori e i politici repubblicani di rango che vengono intervistati ripetono di continuo che la vittoria di Biden è il frutto di scrutini fraudolenti.

     

    manifestazione anti trump in minnesota manifestazione anti trump in minnesota

    Trump può evitare di consegnare la Casa Bianca ai democratici senza atti che somigliano a un golpe? L’esercito dei suoi avvocati ci lavora da mesi e ha individuato un percorso possibile nel labirinto giuridico americano: non una via legale ma nemmeno palesemente illegale perché, come hanno detto a The Atlantic gli esperti del Transition Integrity Project che studiano i possibili sbocchi di un infarto del sistema elettorale, siamo in una situazione senza precedenti. Nella quale conteranno molto le decisioni del Congresso e, soprattutto, quelle del capo del Senato, il vicepresidente degli Stati Uniti. Che, fino all’insediamento del successore di Trump, il 20 gennaio, sarà Mike Pence.

    donald trump 1 donald trump 1

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