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    È TORNATO LO STATO ED È TORNATO ALLA GRANDE – MIRELLA SERRI: "NEL SAGGIO "BENTORNATO STATO", GIULIANO AMATO PARLA DEI RISCHI E DELLE OPPORTUNITÀ DELLA RIFIORITURA DELLA PRESENZA PUBBLICA NELL'ECONOMIA ITALIANA - SAPREMO FARE BUON USO DEL FLUSSO ALIMENTATO DAL PNRR? QUALI STRUMENTI DOBBIAMO ADOTTARE PER NON RICADERE IN SPERPERI E MAGAGNE?" 


     
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    Mirella Serri per “la Stampa”

     

    giuliano amato giuliano amato

    È tornato lo Stato ed è tornato alla grande. Stiamo vivendo un periodo di grande rifioritura della presenza pubblica nell'economia, stimolato anche dalle prime tranches di fondi europei destinati a contrastare le conseguenze della pandemia. Dunque la domanda è d'obbligo: sapremo fare buon uso del flusso alimentato dal Next generation Eu e dal Pnrr? Quali strumenti dobbiamo adottare per non ricadere in sperperi e magagne?

     

    Cerca di rispondere a queste questioni Giuliano Amato con un veloce ma denso saggio, Bentornato Stato, ma (Il Mulino), utilizzando la sua penna di teorico e la lunga esperienza di uomo di governo. Nel suo excursus il presidente della Corte costituzionale prende le mosse anche dal ruolo svolto alla testa dell'Autorità antitrust e si cimenta con quei fondamentali rapporti che lui stesso «ha contribuito a creare», ovvero i complessi intrecci tra istituzioni pubbliche e mercato. Sono argomenti che il dottor Sottile - Amato è stato così ribattezzato per il suo acume politico - ha trattato varie volte nel corso della sua vita di studioso, almeno fin dal 1972 quando pubblicò, sempre per Il Mulino, Il governo dell'industria in Italia.

     

    Questa ripresa da parte del giurista del tema a lui caro rappresenta un vero e proprio bilancio storico intorno al rapporto fra Stato e mercato. Un connubio che in Italia ha avuto declinazioni assai diverse nel corso dell'ultimo mezzo secolo.

    giuliano amato giuliano amato

     

    Durante questi decenni abbiamo conosciuto periodi di espansione della presenza pubblica nell'economia, con lo scopo dichiarato di correggere le storture del libero mercato e in alcuni casi i suoi fallimenti, come la difficoltà a far decollare settori produttivi strategici, dalla siderurgia all'aeronautica, e la necessità di contenere le disuguaglianze sociali accresciute da uno sviluppo selvaggio. E quest' ultimo drammatico problema è all'origine della nascita del cosiddetto "Stato Provvidenza".

     

    Ovvero uno Stato assistenziale che riduce le disparità attraverso sostegni ai meno abbienti piuttosto che tramite una redistribuzione della ricchezza attuata dal sistema fiscale.

     

    Tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio dei Novanta il vento è drasticamente cambiato. La "crisi fiscale dello Stato" si è manifestata con veemenza. La spesa pubblica era esplosa senza che l'incremento delle entrate compensasse ragionevolmente gli esborsi. Il peso della presenza statuale sull'economia si era fatto intollerabile.

    mirella serri foto di bacco mirella serri foto di bacco

     

    La libera impresa ne stava soffrendo in modo serio. Si è quindi aperto un periodo neoliberista, di tendenziale "ritirata" dello Stato dall'economia per ridare fiato e spazi agli "spiriti animali" dell'imprenditoria, come direbbe Joseph Schumpeter. È seguita così una fase caratterizzata da liberalizzazioni, dalla restituzione ai privati di molte grandi e medie imprese che il pubblico aveva salvato o creato nei decenni precedenti.

     

    Ma il pendolo non aveva ultimato il suo percorso altalenante. Le disuguaglianze sociali hanno ripreso a correre, le imprese straniere hanno intensificato il loro shopping delle più appetitose prede italiane.

     

    Complice anche il Covid, e ancor più ora con i primi effetti della guerra in Ucraina, con l'avallo della Ue che ha messo tra parentesi le sue tradizioni rigoriste, lo Stato sta conoscendo un'ennesima giovinezza. L'interventismo sta riprendendo vigore in molti campi, inclusa una helicopter money, una distribuzione a pioggia senza precedenti di sostegni sociali.

     

    GIULIANO AMATO GIULIANO AMATO

    Amato intreccia al racconto di queste giravolte nei concreti, storici rapporti fra Stato e mercato, e sottolinea come queste divergenti teorie in realtà si siano presentate sul campo di battaglia politico nella forma di ideologie. Da un lato e dall'altro si è dimenticato o sottovalutato il fatto che «Stato e mercato possono entrambi fallire con le migliori intenzioni», scrive Amato, che non si propone di «dimostrare né l'essenzialità dello Stato, né l'essenzialità del mercato, ma di capire se e come i due possono più o meno felicemente interagire».

     

    sergio mattarella giuliano amato sergio mattarella giuliano amato

    Con questo approccio laico nei confronti delle contrapposte teorie e ideologie, l'autore pone in evidenza una lunga serie di aporie del mercato e dello Stato. Per quanto riguarda il primo, ad esempio, l'impossibilità di essere efficiente, anche per i consumatori oltre che per i produttori, senza un nutrito corpo di regole («la concorrenza molto raramente è un frutto naturale»).

     

    Quanto allo Stato, i suoi indispensabili interventi nell'economia, ad esempio relativamente alle concessioni o agli incentivi, dettati dalla necessità di supplire alle «manchevolezze private», comportano, per Amato, «il rischio di distorsioni e di fallimenti pubblici rispetto ai fini enunciati». Molte pagine sono dedicate agli antidoti che già esistono o che si possono implementare senza troppe difficoltà, per evitare che la nuova fase di rilancio della presenza pubblica nell'economia riproduca gli errori e gli orrori di esperienze passate.

    GIULIANO AMATO GIULIANO AMATO

     

    Amato ricorda così, ad esempio, l'ormai notevole ventaglio di autorità indipendenti a presidio dei mercati e che «riducono di molto i rischi di patologia dell'intervento pubblico». Non c'è dubbio che il potere centrale, se eccessivamente accentrato, in condizioni molto particolari rischia di condurre a un approdo autoritario. È un'eventualità remota che non si può però escludere.

     

    PNRR PNRR

    E allora? Usando le parole di Georges Burdeau, costituzionalista della Sorbona, ci vogliono governi accorti, non abbiamo bisogno di democrazie governate e passive che dipendono dagli umori elettorali ma di democrazie governanti, in grado di guardare non solo al futuro, capaci di appagare necessità popolari non soddisfatte. Le articolate argomentazioni di Giuliano Amato, qui riportate solo per accenni, precipitano in una sintetica conclusione: «Bentornato Stato, ma senza vecchi vizi e nuove esorbitanze

    pnrr pnrr GIULIANO AMATO MARIO DRAGHI GIULIANO AMATO MARIO DRAGHI

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