1 - SALVINI RILANCIA LA PARTITA DEL NUCLEARE: UNA CENTRALE IN LOMBARDIA, PERCHÉ NO?
Giampiero Rossi per il "Corriere della Sera"
matteo salvini e attilio fontana
«Metterei una centrale nucleare in Lombardia? Che problema c'è». È ancora mattina e questa frase di Matteo Salvini ai microfoni Rai di Radio anch'io, scatena la polemica politica. Il leader parla dei rincari delle bollette dell'energia e infrange a modo suo il tabù del nucleare: «La Svezia di Greta ha otto centrali».
Un'ora dopo arriva la prima dichiarazione di sostegno: «Il nucleare ha fatto grandissimi passi avanti, adesso c'è un nucleare verde, un nucleare sicuro - dice Letizia Moratti, vicepresidente e assessore al Welfare della Regione Lombardia, a Buongiorno, su Sky Tg24 -, credo sia anche il modo per non pagare bollette che continuano a crescere, siamo troppo dipendenti dall'estero per importare energia. Un nucleare verde, sicuro, credo sarebbe una buona cosa, non solo per la Lombardia ma per l'Italia».
matteo salvini foto di bacco (1)
Nel frattempo Matteo Salvini ritrova i microfoni a una passeggiata elettorale in un mercato milanese e aggiunge: «In Lombardia ci sono 13 termovalorizzatori, anche a Milano. L'energia nucleare è quella più pulita e sicura, quindi perché no?». Ma niente referendum, perché «il tema del nucleare non è un tema di domani mattina. Io farei entrambe le cose, tagliare le tasse e riavviare una ricerca visto che in Europa sono operative 128 centrali nucleari».
A quel punto la polemica politica è aperta e la linea che separa le opinioni è pressoché identica a quella che demarca le aree di centrodestra e di centrosinistra. In soccorso di Salvini arriva anche il presidente della Lombardia, Attilio Fontana: «Dobbiamo avere il coraggio di spogliarci delle ideologie e di guardare la realtà. Il mondo cambia. Anche in campo nucleare la tecnologia è andata avanti».
giuseppe conte contro il nucleare
Ma sul fronte opposto si schierano il centrosinistra e il Movimento cinque stelle: «Noi restiamo contrari in generale a riaprire una discussione su cui gli italiani si sono già espressi in modo chiaro con un referendum.
Ma per curiosità e trasparenza sarebbe utile che i lombardi potessero sapere dove esattamente Salvini propone di collocare la sua centrale», dice Franco Mirabelli, presidente dei senatori del Pd. Stessa domanda arriva dai grillini lombardi, che richiamano la rassicurante interpretazione autentica della posizione del ministro alla Transizione ecologica, Roberto Cingolani offerta dall'ex premier Giuseppe Conte, che solo 24 ore prima aveva ricevuto «garanzie sul fatto che «l'Italia non abbraccerà l'energia atomica».
centrale nucleare
Ma Matteo Renzi ha una lettura diversa: «Le parole di Roberto Cingolani, per chi le ha ascoltate e anche capite, sono sacrosante. Noi pensiamo ci sia un grande tema di sostenibilità ambientale e, su questo tema, la vera sfida è non far pagare il conto alle famiglie». Ed è secco il no del sindaco di Milano, Beppe Sala: «Per me è no, soprattutto perché c'è stato un referendum recente. A Milano direi proprio di no».
2 - SALVINI RILANCIA IL NUCLEARE: UNA CENTRALE IN LOMBARDIA
Estratto dell'articolo di Tobia De Stefano per "Libero Quotidiano"
scarti nucleari
Meglio uscire dalle ideologie e provare a ragionare. Primo punto. Il no più forte al nucleare arriva dal timore che si possano ripetere in Italia altri casi Chernobyl o Fukushima. Questione sicurezza. Proprio per questo il ministro Cingolani aveva parlato di una quarta generazione più sicura, senza uranio arricchito e acqua.
La verità è che nonostante il referendum abrogativo sia datato 1987, il nucleare inteso come scorie radiottive non ci ha mai abbandonato. Tanto che alla fine 1999 è nata Sogin, la società pubblica interamente partecipata dal ministero delle Finanze, responsabile del decommissioning (smantellamento) degli impianti, attualmente in corso, e della gestione dei rifiuti radioattivi.
centrale nucleare
Lo smantellamento riguarda innanzitutto le ex centrali di Trino (VC), Caorso (PC), Latina e Garigliano (CE), ma poi anche gli impianti del ciclo del combustibile Eurex di Saluggia (VC), Ipu e Opec di Casaccia (Roma), Itrec di Rotondella (MT) ecc. Giusto percapire. Nella vecchia centrale di Caorso nel Piacentino sono ancora conservati 2mila metri cubici di scorie da tratta re.
Lo stato dell'arte è della stessa Sogin che a gennaio del 2021 ha pubblicato il documento ufficiale delle aree idonee ad accogliere il deposito nazionale di rifiuti nucleari. Degli oltre 91mila metri cubi di rifiuti, una parte è destinata a essere trattata e smaltita in altri paesi, tra cui Francia e Regno Unito, come già avvenuto in precedenza.
LE 67 AREE INDIVIDUATE
centrale nucleare 2
Tuttavia, la maggior parte delle scorie sarà smaltita in Italia, dove Sogin ha individuato 67 aree potenzialmente idonee tra le regioni Lazio, Sardegna, Basilicata, Piemonte, Puglia, Sicilia e Toscana.
E qui sono nate le prime complicazioni. Molte Regioni coinvolte nel processo di smaltimento hanno espresso critiche di fronte a queste scelte, da un lato perché la costruzione di tali impianti danneggerebbe il panorama paesaggistico e dall'altro per una mancanza di comunicazione tra Stato e Regioni nel momento della scelta.
In mezzo, come spesso capita in queste situazioni, c'è la questione relativa alla direttiva europea e agli impegni internazionali a cui il nostro paese deve adempiere per evitare ulteriori infrazioni.
CENTRALE NUCLEARE BELGIO
Insomma, è auspicabile che governo, regioni e Sogin arrivino il prima possibile a un punto di incontro. Il deposito nazionale alla fine sarà una infrastruttura che consentirà non solo di ottimizzare in modo sostenibile e sicuro la gestione dei rifiuti radioattivi prodotti dall'esercizio e dallo smantellamento delle centrali e degli impianti nucleari italiani, ma anche di gestire le scorie delle attività che si svolgono ogni giorno nella medicina nucleare, nell'industria e nella ricerca scientifica.
PER IL DEPOSITO 4 ANNI
L'opera sarà costituita dalle strutture per la sistemazione definitiva dei rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività e da quelle per lo stoccaggio temporaneo, di lungo periodo, dei rifiuti a media e alta attività, che dovranno essere successivamente trasferiti in un deposito geologico, idoneo alla loro sistemazione definitiva.
centrale nucleare
La realizzazione del deposito nazionale dovrebbe consentire di terminare lo smantellamento degli impianti nucleari e di chiudere, così, il ciclo nucleare italiano. Si stima che per realizzarlo ci vorranno quattro anni con un investimento di 900 milioni di euro. La sua costruzione genererà oltre 4.000 posti di lavoro l'anno per 4 anni di cantiere. Alla fine gli dovrebbero essere conferiti circa 95 mila metri cubi di rifiuti radioattivi. Il 60% di questi proverrà dagli impianti nucleari oggi in fase di smantellamento, mentre il restante 40% dalle attività nei settori della medicina nucleare, dell'industria e della ricerca.
«Ci sono Paesi - aveva evidenziato - che stanno investendo su questa tecnologia, non è matura, ma è prossima a essere matura. Se a un certo momento si verifica che i chili di rifiuto radioattivo sono pochissimi, la sicurezza elevata e il costo basso è da folli non considerare questa tecnologia».
centrale nucleare francese
Anche perché se proprio vogliamo parlare di sicurezza non si può non ricordare che a meno di 200 chilometri dal confine italiano ci sono 12 centrali (dati Enea con riferimento al 2017) che proprio di recentissima costruzione non sono. Cinque le troviamo in Francia, quattro in Svizzera, due in Germania e una in Slovenia.
ANCHE IN SLOVENIA
Giusto per fare qualche esempio: il sito di Krsko a metà strada tra Lubiana e Zagabria dista appena 150 chilometri da Trieste, quello di Bugey (vicino Lione) è in linea d'aria a 100 chilometri dal confine e dalla centrale svizzera di Gosgen ci vogliono non più di un paio d'ore d'auto per arrivare al centro di Varese. Insomma, di cosa stiamo parlando?
centrale nucleare francese
Seconda questione. Cingolani nel suo intervento aveva parlato anche di smaltimento. «Se dovessimo verificare che con il nucleare di quarta generazione i chili di rifiuto radioattivo sono pochissimi...». Ecco appunto, se fosse così perché non discuterne?
Del resto possiamo dire - a 34 anni dal referendum che sancì la chiusura delle centrali italiane - che in realtà il nucleare in Italia non è mai sparito. Soprattutto in Lombardia. Lo evidenzia il rapporto annuale dell'ispettorato che si occupa di monitorare i trasporti radioattivi, le scorie e i centri di trattamento.
centrale nucleare di flamanville in normandia
Nel Piacentino c'è la vecchia centrale di Caorso, dove sono ancora conservati 2mila metri cubici di scorie da trattare. Così come un quarto di tutti i centri autorizzati a trattare rifiuti nucleari radioattivi, sono in Lombardia.
«Ammiro il coraggio di Salvini - sottolinea a Libero Davide Tabarelli, il presidente di Nomisma Energia - anzi vorrei rubargli l'idea e riportare il nucleare in Emilia Romagna. A Caorso c'era la più grande centrale italiana e ci vorrebbero pochi anni per ripristinarla. Chiaro che il mio è un auspicio solo teorico, in Italia il dibattito è ideologizzato e non ci sono le condizioni politiche per un ritorno al nucleare».
3 - «PER UN NUOVO IMPIANTO SERVONO ALMENO 10 ANNI», LA VECCHIA IPOTESI MANTOVA
Fabio Savelli per il "Corriere della Sera"
PROTESTE A FUKUSHIMA
Un'area anti-sismica. Vicina a corsi d'acqua. Perché ne serve tanta di disponibilità per raffreddare il ciclo del vapore. Sicuramente a bassa densità abitativa. Possibilmente - anche se i piani di realizzazione finirebbero per allungarsi a 15-20 anni - di quarta generazione.
L'ultima frontiera tecnologica su cui sta investendo la ricerca sulle centrali a fissione, con il vantaggio di un uso migliore del combustibile nucleare e dunque, a parità di energia elettrica generata, con meno rifiuti radioattivi, da smaltire in un deposito geologico, ovvero in gallerie scavate per esempio nel granito a 4-500 metri di profondità. Poi più avanti ancora speriamo arrivino le centrali a fusione, il vero «game changer» che tutti aspettano.
BONIFICHE ALLA CENTRALE DI FUKUSHIMA
L'identikit in Lombardia, anche se al momento non risultano progetti dettagliati, sembrerebbe rispondere all'area mantovana anche per la sua vicinanza al letto del Po. Un vecchio progetto a metà degli anni '70 caldeggiato dall'allora ministro democristiano dell'industria, Carlo Donat Cattin, l'aveva individuata come una delle aree prescelte. La dichiarazione di ieri di Matteo Salvini («Che problema c'è se mettiamo una centrale nucleare in Lombardia a patto di vedere scendere i costi della bolletta») segnala che la Lega non ha alcuna pregiudiziale ideologica verso il nucleare.
Chernobyl
Nonostante due referendum, a distanza di anni l'uno dall'altro, abbiano sancito la diffidenza degli italiani dopo il disastro di Chernobyl e la grande paura del 2011 a Fukushima dopo il sisma che travolse il Giappone. La Lombardia ha sempre avuto una certa familiarità col tema. Due delle quattro centrali della nostra dimenticata epoca nucleare sono ad un tiro di schioppo.
Quelle di Trino Vercellese (Vercelli) e Caorso nel piacentino. Senza dimenticare gli impianti del ciclo del combustibile di Saluggia (Vercelli), l'impianto Fn di produzione del combustibile nucleare di Bosco Marengo (Alessandria) e il reattore di ricerca Ispra-1 a Varese.
Chernobyl
Quel che è certo, ragiona Giuseppe Zollino, professore di Tecnica ed Economia dell'energia e di Impianti nucleari all'Università di Padova, è che «per metterne in esercizio una occorrono almeno dieci anni, il tempo necessario per individuare l'area, acquisire tutte le autorizzazioni e realizzarla ex-novo». Zollino è un autorevole punto di osservazione. È stato presidente di Sogin, la società di Stato incaricata del decommissioning degli impianti nucleari e della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, che finora però non è riuscita ad espletare il compito.
Chernobyl reattore
Uno degli scandali italiani per i costi di gestione (nel 2020 il conto arrivò a quattro miliardi, con i lavori a circa il 25%, quando invece sarebbero dovuti bastarne 3,7 per completarli). Come dimenticare le rivolte a Scanzano Jonico in Basilicata, nel 2003, quando gli abitanti si mobilitarono contro la realizzazione di un deposito nazionale di scorie nucleari, mai portato a termine, per il quale l'Italia è da anni sotto procedura d'infrazione Ue.
Chernobyl
Nonostante i lunghi tempi di autorizzazione, che in Italia rischiano di avere contorni talmente nebulosi, Zollino ritiene non utile scartare l'opzione a priori. D'altronde una centrale nucleare è in grado di produrre energia elettrica per 8 mila ore all'anno azzerando le emissioni. Un'energia verde che permetterebbe di avvicinare gli obiettivi di riduzione.
«Considerando i costi medi di impianto dei Paesi dove attualmente vengono costruite centrali nucleari, il costo di generazione, per un esercizio di 8 mila ore, è compreso tra i 5 e 6 centesimi di euro per kilowattora, leggermente più alto del fotovoltaico, ma col vantaggio della continuità di produzione rispetto alle rinnovabili che hanno invece bisogno di sistemi di accumulo», spiega.