Giuliano Balestreri per it.businessinsider.com
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Ogni volta che pagate un caffè da Starbucks in Italia state, indirettamente, mandando dei soldi a una finanziaria in Olanda. Succede la stessa cosa con le prenotazioni via Booking e con decine di multinazionale americane che lavorano in Europa: il gioco è piuttosto semplice per ogni frappuccino – o stanza d’albergo – venduto; la filiale italiane deve versare alla società olandese un royalty per l’utilizzo del marchio.
Il risultato è immediato: gli utili in Italia si riducono, quelli in Olanda crescono. E ogni anno, in questo modo, i Paesi Bassi sottraggono all’Italia 1,5 miliardi di dollari di imposte, solo grazie alle multinazionali americane che sono ben felici di versare a nord delle Alpi appena 300 milioni di dollari. Già anziché pagare 5 dollari di tasse dove vengono generati gli utili, le società americane riescono a versare un dollaro nelle casse di Amsterdam. Un giochino che drena ai Paesi europei almeno 10 miliardi di dollari l’anno e ne porta 2,2 in Olanda. Un beneficio che senza l’Unione europea gli olandesi non avrebbero, eppure sono gli stessi a non muoversi di un millimetro nei confronti degli Eurobond.
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E se da un lato è comprensibile che gli alleati europei non si fidino dell’Italia e temano che eventuali prestiti agevolati aumentino gli sprechi di un Paese incapace anche di utilizzare i fondi strutturali (per non parlare l’assoluta mancanza di progettualità che ha contraddistinto gli ultimi anni della politica economica tricolore); dall’altro è pazzesco che a farsi paladino della giustizia sia uno Stato che figura al quarto posto tra i paradisi fiscali in tutte le classifiche del mondo. Gli esperti di Tax Justice hanno calcolato che solo considerando il trasferimento dei profitti europei delle multinazionali americane verso i Paesi Bassi, al Vecchio continente manchino almeno 10 miliardi di dollari l’anno: 1,5 solo all’Italia.
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Considerando che il meccanismo è molto diffuso anche tra le aziende italiane è chiaro che il danno per l’erario perpetrato dagli intransigenti olandesi è molto più ampio. Anche perché la strategia aggressiva del governo dell’Aja ha innescato una corsa al ribasso sul fronte del trattamento fiscale delle imprese all’interno della Ue: una sorta di dumping fiscale che “ha accelerato la corsa al ribasso delle aliquote sulle imposte per le società in Europa che sono diminuite di circa dieci punti negli ultimi dieci anni”
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Il paradosso è che l’intera Unione europea rischia ora di collassare per l’intransigenza di uno dei Paesi che maggiormente beneficia del meccanismo comunitario giocando sulla libera circolazione dei capitali e – di conseguenza – sulla possibilità per le multinazionali di spostare gli utili dove meglio credono. “Nel caso delle società americane – si legge sullo studio di Tax Justice – a fronte di 70 miliardi di utili le tasse pagate nel paese ammontano a 3,4 miliardi. Motivo per cui i profitti in Olanda, pari all’8% del Pil del Paese, superano tutti quelli registrati all’interno della Ue. Senza questo atteggiamento, gli olandesi incasserebbero un decimo delle imposte che ottengono mentre i vicini europei raddoppierebbero o triplicherebbero gli introiti”.
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L’Olanda quindi è riuscita a creare un vero e proprio modello di business grazie alla competizione fiscale grazie alla lotta della Ue nei confronti dei paradisi fiscali extracomunitari. E così offrendo condizioni vantaggiose minano i sistemi fiscali degli altri Paesi membri, gli stessi a cui oggi rifiutano il via libera agli Eurobond.
Un ampio trattato sulla doppia tassazione che diversi paesi che permette di ridurre in maniera sostanziale le ritenute su dividendi, interessi e royalty;
Tax ruling, ovvero la possibilità di firmare accordi segreti con il governo per definire il livello di imposizione fiscale (d’altra parte i Paesi Bassi sono lo stato membro più riservato della Ue secondo 2020 Financial Secrecy Index);
Offrono diversi incentivi fiscali e permettono di evitare le tasse statunitensi.
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Non è un caso dunque che il 91% delle maggiori multinazionali del mondo abbia una finanziaria nei Paesi Bassi. Tuttavia, se l’Olanda non fosse un Paese comunitario, gran parte dell’elusione fiscale sarebbe impossibile. Il gioco è piuttosto semplice: “Per ogni caffè venduto da Starbucks Italia – spiega Tax Justice -, viene effettuato un pagamento a Starbucks Paesi Bassi per l’utilizzo del marchio. Un meccanismo che riduce i profitti della filiale italiana aumentando quelli della società olandese. Il pagamento infragruppo, però, non può essere tassato in base a una direttiva del 2003”. Come a dire che senza la Ue il trasferimento di utili verso la minor aliquota sarebbe impossibile.
Un meccanismo che usano tantissime multinazionale, da Startbucks a Booking e che ogni anno erode la base imponibile italiana. In termini di sanità, 1,5 miliardi di dollari sono oltre il doppio del costo di gestione di un ospedale come il San Raffaele. Insomma, se negli ultimi 15 anni l’Italia ha dovuto dimezzare i numeri di posti letto in terapia intensiva, le responsabilità sono certamente della politica, la mancanza di fondi anche colpa dell’Olanda che oggi dice no agli Eurobond
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