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    EFFETTO TRUMP - UN MANIFESTANTE PROVA AD APPICCARE IL FUOCO AL TRUMP HOTEL DI WASHINGTON E SI BRUCIA DA SOLO - VOLANO I PROFITTI DELLE GRANDI BANCHE, MENTRE LE GRANDI AZIENDE PROMETTONO UN MILIONE DI POSTI DI LAVORO. E SPACCIANO PER 'TRUMPISTI' INVESTIMENTI GIÀ PROGRAMMATI, MA A DONALD FREGA POCO, L'IMPORTANTE E' FARE BUSINESS


     
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    1. SI DÀ FUOCO PER PROTESTA “DONALD UN DITTATORE”

    Anna Lombardi per la Repubblica

    uomo si da fuoco davanti al trump hotel di washington uomo si da fuoco davanti al trump hotel di washington

     

    È già stato dimesso l’uomo che ieri mattina ha tentato di darsi fuoco davanti al Trump Hotel di Washington, l’albergo su Pennsylvania Avenue a due passi dalla Casa Bianca, già al centro di polemiche perché è diventato il punto d’incontro dei lobbysti pro-Trump. «Abbiamo eletto un dittatore», ha detto l’autore della clamorosa protesta, prima di darsi fuoco. Subito soccorso, non ha riportato ferite gravi.

     

    IL VALZER DELLE FELUCHE

    Chissà se al Black Tie and Boots della Texas State Society, il ballo che stasera apre i festeggiamenti presidenziali, Donald Trump si scatenerà al ritmo di Good Vibrations: la presenza dei mitici Beach Boys — i ragazzi da spiaggia ormai fattisi anzianucci — è data per certa. E pazienza se, maligna il Washington Post, a Trump e compagnia quei ritmi psichedelici non sono mai piaciuti.

     

    uomo si da fuoco davanti al trump hotel di washington uomo si da fuoco davanti al trump hotel di washington

    Meglio un giro di valzer: quello delle feluche, i tanti ambasciatori di nomina politica che il neo presidente eletto ha deciso di far fuori. Fra una festa di Washington e l’altra, nei prossimi giorni assisteremo anche allo svuotarsi delle “ambasciate cocktail”, storicamente destinate ai fedelissimi. Nella lista nera c’è Caroline, la rampolla Kennedy che in questi anni aveva conquistato Tokyo. Vuote anche Londra e Parigi, mentre a sostituire John Phillips a Roma potrebbe arrivare il tesoriere del partito repubblicano, Lew Eisenberg.

     

    uomo si da fuoco davanti al trump hotel di washington uomo si da fuoco davanti al trump hotel di washington

    SALA STAMPA: INDIETRO TUTTA

    In una intervista con il canale “amico” Fox News, Trump smentisce l’ipotesi del suo capo di gabinetto Reince Priebus di spostare i giornalisti in un edificio vicino. Ufficialmente per alloggiarli in uno spazio più ampio, secondo molti per limitarne la circolazione all’interno della West Wing.

     

    «Volevamo dargli una sala più grande ma loro sono impazziti. Che restino pure lì», ha detto Trump. Indietro tutta? Trattandosi di The Donald, solo di un passo. Riaccendendo i timori di chi teme che il presidente voglia parlare solo la sola stampa compiacente, ha infatti aggiunto: «Non tutti potranno entrare. C’è così tanta gente che vuole lavorare qui che saremo costretti a scegliere ».

     

     

    2. THE DONALD SPINGE I PROFITTI DELLE BANCHE D’INVESTIMENTO

    trump trump

    Rosaria Amato per la Repubblica

     

    L’effetto Trump fa volare i profitti delle grandi banche d’investimento. Lo sottolineano i media britannici, facendo notare come la vittoria del tycoon abbia creato un grande movimento a Wall Street, che ha aiutato Goldman Sachs a triplicare i profitti e Citigroup a ottenere risultati positivi ben oltre le attese.

     

    E, tra l’altro, diverse figure di primo piano di Goldman hanno ottenuto incarichi rilevanti nell’amministrazione Trump. Nell’ultimo trimestre 2016 la banca d’affari ha registrato un aumento del 25% dei profitti netti per la divisione dedicata ai clienti istituzionali, mentre per Citigroup i ricavi nello stesso periodo sono balzati del 36%. Una tendenza positiva che accomuna anche JPMorgan Chase, Bank of America e Morgan Stanley. E gli investimenti continuano, favoriti dall’opinione diffusa che i tassi d’interesse presto ricominceranno a crescere.

     

     

    trump hotel washington trump hotel washington

    3. «THE DONALD» HA GIÀ CREATO UN MILIONE DI POSTI DI LAVORO

    Cinzia Meoni per il Giornale

     

    «The Donald» non è ancora entrato alla Casa Bianca e ha già portato a casa più di 1,2 milioni di nuovi posti di lavoro e 80 miliardi circa di investimenti nel territorio degli Stati Uniti.

     

    Ed è subito trumpeconomy. Certo, finora si tratta di impegni rilasciati da parte di manager e imprenditori e, in alcuni casi, come sottolinea la stampa più critica d' Oltreoceano, non sarebbero altro che piani preesistenti «re-impacchettati» con abili operazioni di marketing.

    Ma sono sempre promesse al 45° presidente degli Stati Uniti che domani, a più di due mesi dalle elezioni, presterà giuramento e si insedierà al comando.

     

    In campagna elettorale Trump lo aveva promesso: avrebbe riportato il lavoro negli Usa con la creazione, grazie alla defiscalizzazione, de burocratizzazione e adeguati stimoli, di 25 milioni di posti di lavoro. Un obiettivo decisamente ambizioso se si considera che l' amministrazione di Barack Obama, in otto anni di mandato, ne ha realizzati 15 milioni. Trump, pochi giorni fa, aveva ribadito il concetto: «Sarò il più grande creatore di posti di lavoro che Dio abbia mai messo sulla terra» sostenendo di aver incontrato molti industriali che «se non avessi vinto le lezioni, sarebbero andati a investire altrove».

    carrier a indianapolis carrier a indianapolis

     

    E, in effetti, «The Donald» non è certo rimasto a guardare e nel tour della vittoria ha già ottenuto la garanzia di migliaia di posti di lavoro, miliardi di investimenti e ha posto un freno alla delocalizzazione che stava trasferendo l' industria a stelle e strisce, in Messico, un Paese «low cost» sul fronte del costo lavoro e sin troppo vicino al confine con gli Usa.

    Per ottenere il miracolo è spesso bastato un uso più o meno accorto della formula magica «dazi di importazione al 35%» sui beni provenienti da Tijuana, una minaccia che ha convinto molte imprese a innescare la retromarcia sui propri piani.

     

    Carrier, ad esempio, che fino a poco tempo fa era decisa a trasferire la produzione di condizionatori (e 1100 posti di lavoro) dall' Indiana al Messico è tornata sui propri passi. A sua volta Ford, che aveva in programma l' apertura di un stabilimento in Messico ha fatto dietrofront, annunciando l' espansione nel Michigan con un investimento di 700 milioni e la creazione di 700 posti di lavoro.

     

    jeff bezos jeff bezos

    Ad essere contagiati dal ciclone Trump sono stati quasi tutti i settori anche se, complice il salone dell' auto di Detroit, gli annunci negli ultimi giorni hanno spesso riguardato l'universo dei motori. A iniziare dal miliardo di investimenti destinati alla creazione di duemila posti di lavoro promessi da Fca.

     

    Toyota ha annunciato addirittura investimenti per 10 miliardi destinati ad aumentare la produzione dei nuovi modelli della Camry, mentre General Motors ha messo sul piatto miliardo per la creazione di mille nuovi posti di lavoro. Hyundai Motor infine aumenterà del 50% gli investimenti previsti portandoli a 3,1 miliardi e realizzerà un nuovo stabilimento negli States.

     

    Sul fronte hi tech tre pesi massimi come Amazon, Ibm e Alibaba hanno risposto all' appello del neo presidente, la prima promettendo 100mila posti di lavoro, la seconda 25mila e la terza portando in dote addirittura un milione di posti di lavoro con un occhio in particolare alle piccole e medie imprese del MidWest. Non solo. OneWeb, start up che si propone di portare collegamenti web grazie ai satelliti, ha annunciato la creazione di altri 3mila posti. Ma il colpo più grosso di Trump è giapponese: Softbank ha promesso investimenti per 50 miliardi e 50mila nuovi posti di lavoro.

     

    gente di walmart 10 gente di walmart 10

    Anche l' industria tradizionale ha pagato pegno. WalMart, dopo i tagli degli ultimi mesi, ha fatto sapere di voler creare 10mila nuovi posti con una previsione di investimenti pari, per il prossimo esercizio, a 6,8 miliardi. Il colosso della distribuzione prevede per di più che l' apertura dei negozi porti ulteriori 24mila posti nell' ambito delle costruzioni. Lockeed Martin ha invece promesso 1800 nuovi posti di lavoro presso gli stabilimenti Texani dove sono costruiti gli F-35. Bayer, infine, ha assicurato 8 miliardi di investimenti e 3mila nuovi posti di lavoro sempre che riesca a completare con successo l' acquisizione dell' americana Monsanto.

     

     

     

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