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    TAFAZZISMO PD – LE PRIME VITTIME DELLA PLASTIC TAX INSERITA NELLA MANOVRA SONO LE AZIENDE DEL DISTRETTO DEL PACKAGING IN EMILIA ROMAGNA. CIOÈ LA REGIONE DOVE SI VOTA IL 26 GENNAIO – TANTO CHE PURE IL GOVERNATORE USCENTE (E RICANDIDATO) BONACCINI SI È INCAZZATO: “QUESTE TASSE LE PAGHIAMO QUI. MI STANNO BOMBARDANDO, E SONO I NOSTRI ELETTORI”. DELRIO: “RISCHIAMO DI ESSERE TRAVOLTI”  – SALVINI E LA BORGONZONI SI SFREGANO LE MANI


     
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    Silvia Bignami e Goffredo De Marchis per “la Repubblica”

     

    zingaretti bonaccini zingaretti bonaccini

    Ormai nemmeno i più accorti nel Pd riescono a nascondere la paura. L' Emilia Romagna a rischio. La sinistra sconfitta nella sua casa più rossa e la diga che cede, travolgendo governo e partito. Il conto alla rovescia verso le regionali emiliano romagnole del 26 gennaio, dopo la sberla umbra, fa venire i brividi in casa dem. Lo dice sottovoce Graziano Delrio, ma lo dice chiaro: «In Emilia rischiamo di essere travolti. Non si vota per il buon governo della Regione, ma su un' onda ideologica che non si ferma con la buona amministrazione». Se è così, la partita è persa. E il tentativo del presidente Stefano Bonaccini d' aggrapparsi a numeri e risultati della sua regione dei record, è vano.

    Roberto Gualtieri e Giuseppe Conte al lavoro sul Def Roberto Gualtieri e Giuseppe Conte al lavoro sul Def

     

    Non a caso, sulla plastic tax che minaccia la fiorente industria del packaging lungo la via Emilia, al governatore in corsa per il bis saltano tutti i nervi: «Mi stanno bombardando, e sono i nostri elettori, non quelli degli altri» scrive di getto Bonaccini nella chat dei parlamentari emiliani, furibondo che proprio dal suo governo arrivi lo sgambetto alla regione: «Queste tasse le paghiamo qui, non altrove. E il prezzo rischia d' essere alto». Lo sfogo filtra fino a Roma, dove qualcuno lo detta pari pari alle agenzie di stampa. Un dispetto che indebolisce l' immagine sicura che Bonaccini sta portando in tutte le televisioni e che la dice lunga sul clima da notte dei lunghi coltelli che si respira in casa dem. Tanto più che la strada verso le regionali, coi sondaggi che danno sempre il centrodestra avanti di una mezza dozzina di punti, è tutta in salita. La coalizione di Bonaccini è ancora un' incognita. «Larga, larghissima » giura il presidente. Ma per ora non c' è. C' è solo il patto con Matteo Renzi, stretto durante un pranzo a Firenze, sul fatto che Italia Viva non presenterà la sua lista, ma entrerà coi suoi uomini nella lista civica del governatore. Lì potrebbe entrare anche il movimento di Federico Pizzarotti, ex grillino sindaco di Parma, e scampoli di civismo e di amministratori.

    bonaccini bonaccini

     

    RENZI BONACCINI RENZI BONACCINI

    La trattativa con il Movimento 5 Stelle, iniziata timidamente a caccia di una svolta green, è naufragata sui resti della sconfitta in Umbria e resta per ora solo nelle aperture quotidiane di Bonaccini. Intanto, a sinistra, cuciono tutti i lembi della sinistra Vasco Errani e Pier Luigi Bersani. I Verdi, rilanciati dalla generazione Greta ma sempre con gli stessi volti degli anni '80, fanno i preziosi, probabilmente solo per alzare il prezzo. È balenata ai dem pure l' idea di chiedere in prestito al parlamentare Giacomo Portas il simbolo dei "Moderati" formazione politica nata nel 2005 di cui Portas tiene in cassaforte i diritti. Eppure anche così, il timore è che le liste sulla scheda siano ancora poche per far da argine al vento che soffia.

    lucia borgonzoni matteo salvini lucia borgonzoni matteo salvini

     

    Dall' altra parte il centrodestra esibisce intanto il profilo netto di una destra dura e pura. Una destra che l' Emilia Romagna dovrebbe rigettare, se non le avesse già regalato la maggioranza alle Europee. In questo spera Matteo Salvini, che il 14 novembre ha già prenotato i 7mila posti del Paladozza, nel centro di Bologna. «Tempio del basket» si schermisce la leghista sfidante di Bonaccini, Lucia Borgonzoni, ma anche anfiteatro che il Pd sceglieva quando voleva mostrare i muscoli. Uno schiaffo che fa male, soprattutto mentre il Pd nazionale plana a Bologna, dal 15 al 17 novembre, per la sua conferenza sul programma con Gianni Cuperlo e Nicola Zingaretti. Appuntamento che nel clima da fine-di-mondo che si respira in Emilia Romagna fa storcere il naso a parecchi dirigenti locali, preoccupati di chiedere ai loro leader impegno sulla campagna elettorale emiliana. «Salvini riempie le piazze e noi parliamo con gli intellettuali» è la frase che si ripete più spesso sotto le Torri, tra i dirigenti spaventati di vivere un nuovo '99, come quello che portò Giorgio Guazzaloca in Comune.

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     Servirebbe un porta a porta che il Pd nella regione che governa da settant' anni non sembra più saper fare. E servirebbe un governo «che non litigasse ogni giorno per uno scampolo di visibilità in più», chiede da settimane il parlamentare bolognese Andrea De Maria. Il Pd stringe i denti, insomma, ma i presagi non sono buoni. Fa pensar male che solo Bologna, Reggio Emilia, Modena, Cesena e Ravenna abbiano conservato alle Europee la maggioranza dem. «L' Emilia rossa è ridotta a un torsolo di mela, sbocconcellato da ogni lato» disse allora guardando la mappa elettorale il politologo Carlo Galli. L' ultimo morso, rischia di essere quello delle regionali. E se davvero fosse così, avverte Massimo Cacciari dal palco spoglio di una casa del popolo nell' estrema periferia di Bologna, venerdì sera, «allora viene giù tutto il Pd».

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