enrico letta
Annalisa Cuzzocrea per “la Repubblica”
«Chi può farlo in sicurezza deve ripartire. Perché la crisi sociale rischia di mangiarsi tutto, la voragine che abbiamo davanti è profonda e va contenuta a ogni costo». Enrico Letta è chiuso in casa, a Roma, intento a organizzare la ripresa della sua scuola di Affari internazionali che dirige dal 2014 alla francese Sciences Po. «Gli italiani hanno dimostrato di essere in grado di rispettare le regole e di essere migliori della loro classe dirigente», dice l' ex premier. Da qui, adesso, bisogna ricominciare.
enrico letta sassoli
Riaprire il prima possibile significa, per molti, rischiare comunque troppo. Come si conciliano ora diritto alla salute e salvataggio dell' economia?
«Le cifre del crollo economico sono tali che non è più sufficiente tentare di mettere in equilibrio il principio sanitario e quello economico, perché una caduta di questo tipo trascina con sé tutti i servizi essenziali, sanità compresa. Per evitare un tracollo è necessario che il sistema produttivo e quello commerciale riprendano a funzionare. Ma in modo diverso».
Come?
«Non bisogna tornare al 2019, ma andare al 2030. Nel dramma che stiamo vivendo abbiamo una straordinaria occasione per cambiare modello economico. Ad esempio non dobbiamo arretrare sull' emergenza climatica, ma accelerare sulla trasformazione e la decarbonizzazione. In un momento di crisi il sostegno pubblico deve andare a sistemi di trasporto in comune, come quello su rotaia, e non al trasporto aereo. E la digitalizzazione, il salto nell' iperuranio che abbiamo fatto, deve servire a uccidere la burocrazia».
ENRICO LETTA E GIUSEPPE CONTE
Ha senso una ripartenza omogenea con situazioni così diverse nel Paese?
«Ci sono due Italie: c' è la Lombardia, che è diventata l' epicentro mondiale dell' epidemia da Covid-19, e c' è il resto del Paese, che ha cifre tedesche o danesi. A questo punto servono partenze selettive differenziate. Il nostro sistema è basato sulla piccola e media impresa. Queste aziende sono come organismi, corpi viventi, non è che le metti in freezer e quando le tiri fuori ricominciano. Se accade troppo tardi, sono morte. Per evitarlo servono le task force, e credo che quella di Vittorio Colao sia stata una scelta lungimirante che ha dato un messaggio positivo a livello globale. Ma serve soprattutto la politica. Che non può scaricare su nessuno, neanche sugli scienziati, la responsabilità delle scelte da fare».
Conte è impegnato in una difficile trattativa in Europa. È sostenibile la posizione italiana: no al meccanismo di stabilità, sì a un recovery fund o comunque a un modo per mutualizzare il debito?
«Purtroppo siamo l' anello debole della catena: il Paese più colpito, il più indebitato e quello che ha una pubblica opinione più antieuropea. La scelta più intelligente è stata posizionare l' Italia tra i Paesi dell' alleanza pro crescita: Francia, Spagna, Belgio, Portogallo, Irlanda. La cosa peggiore sarebbe stata restare isolati».
giuseppe conte e ursula von der leyen a bruxelles
Può andare avanti la maggioranza con al suo interno una forza politica che sull' Europa usa le stesse parole della Lega?
«L'Unione europea - attraverso la Commissione e la Bce - ha fatto di più nelle ultime 4 settimane di quanto tutt' Europa non fece nei 4 anni tra il 2008 e il 2012. Al "whatever it takes" di Mario Draghi arrivammo stremati, l' Italia e altri Paesi crollarono. La risposta immediata di questi giorni dimostra invece che la lezione è stata imparata. L' Europa ci sta dimostrando una solidarietà enorme, senza saremmo a gambe all' aria».
MARIO DRAGHI
Ma Germania e Olanda rifiutano i coronabond.
«Credo davvero sia necessario un cambio di narrazione. Sono contento che Forza Italia lo abbia capito. Tutti i ragionamenti giocati sulla costruzione di un capro espiatorio esterno non sono all' altezza del giusto orgoglio nazionale. Chi dice che aderendo al Mes ci mettiamo nelle mani degli strozzini non tiene conto di una banale considerazione: siamo il terzo azionista del meccanismo di stabilità e per le sue stesse regole interne nulla può essere fatto senza il voto dell' Italia».
Le imprese, le famiglie, hanno e avranno bisogno di liquidità. Dove si vanno a prendere i soldi?
«In questo momento la cosa peggiore che si possa fare è minacciare gli italiani con l'ipotesi di salassi fiscali. Per questo dobbiamo stare dentro un sistema di risposte europee. Chi non vuole le regole europee, vuole la patrimoniale, perché è evidente che l' unica alternativa a quel tipo di interventi è una durissima tassa sui risparmi degli italiani».
patrimoniale
Supposto che l' Europa ci aiuti, dopo come si rientra dal debito?
«Un grande patto con gli italiani. Bisogna abbattere una volta per tutte l' evasione fiscale, mi verrebbe da dire "se non ora quando". Sappiamo che davanti a code lunghissime, con le terapie intensive piene, a volte gli evasori hanno trovato posto e i cittadini che hanno sempre contribuito con le loro tasse no. È un discorso brutale, anche sgradevole, ma non è possibile che l' evasione fiscale abbia una conseguenza sulla vita e la morte delle persone e in questo caso l' ha avuta».
ursula von der leyen incontra giuseppe conte a palazzo chigi 1
Il governo sta pensando a come non lasciare fuori dagli aiuti gli imprenditori in nero.
«Capisco che in un primo momento ci sia la necessità di aiutare tutti, ma subito dopo bisogna andare nella direzione opposta».
La scuola è la grande assente dal dibattito.
«C'è la questione importante di come ristrutturare fisicamente i luoghi per consentire di tornarci in sicurezza. E ce n'è un'altra legata alle situazioni di disagio, che il digitale non può aiutare. Bisogna pensare a come usare le infrastrutture scolastiche, anche durante l'estate, per aiutare chi è più in difficoltà. E poi, a settembre, ripartire con il massimo di presenza fisica possibile. Il prossimo anno non può essere buttato via in attesa del vaccino. I danni possono essere limitati solo se sono i danni di questi tre mesi».