Francesco Salvatore per la Repubblica - Roma
stupro
Ha aspettato che restasse sola nel bar e ha provato a stuprarla. L' ha trascinata nel retro bottega per i capelli e, dopo averle quasi staccato un dito con morso, le si è avvinghiato addosso. «Ho raccolto tutta la forza che avevo dentro di me e gli ho sferrato un calcio allo stomaco. Avevo capito che non mi avrebbe risparmiato. Neanche la bugia che ero incinta l' ha fatto desistere. Anzi, mi dava pugni alla pancia » .
Vittima della violenza, avvenuta all' alba di ieri, è la proprietaria di un bar nel quartiere Monte Mario. L' aggressore è un magrebino di circa 30 anni, sulle cui tracce c' è la polizia. È un racconto dell' orrore quello della commerciante, trasportata dopo il tentativo di stupro in ambulanza all' ospedale Gemelli, e tuttora ricoverata. « Era un turno come tanti. Il mio bar è aperto tutta la notte e a una certa ora sono arrivati due uomini sulla trentina, nordafricani. Vestiti bene, niente che non andava». Passano le ore, i due trascorrono la serata come normali avventori. Bevono qualche bicchiere. Cantano al karaoke. Poi uno dei due cambia atteggiamento.
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« Ha iniziato a denudarsi, ad abbassarsi i pantaloni. Si avvicinava a me. Ho detto al suo amico di farlo smettere e sembrava che ci fosse riuscito. Non ho fatto gesti avventati per non irritarli, avevo paura - prosegue la vittima, una donna di 50 anni - nel locale erano rimasti solo loro e un ragazzo che mi aiuta a fare le pulizie». La situazione sembra ristabilirsi. I due escono. La donna, invece, inizia a riportare i tavoli all' interno del locale. Resta sola. Pochi minuti più tardi, mentre apre la porta del bagno, quell' uomo è dietro di lei.
« Mi ha preso per i capelli e trascinato nel retro. Le mani al collo e i pugni in testa. Mi ha stritolato il mignolo con i denti, adesso è a penzoloni: mi teneva bloccata così », continua la vittima. Per provare a dissuaderlo le balena un' idea: « Era nudo sopra di me. Gli ho detto: " Sono incinta". Non è vero, ma speravo la finisse. Invece ha preso a colpirmi con pugni sulla pancia e a strapparmi i capelli. A quel punto non avevo più nulla da perdere.
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Non mi interessava se avessi perso il dito, o avesse fatto altro. Pensavo di morire. Ho raccolto tutta la forza che avevo e gli ho dato una gomitata. Poi, da terra, un calcio allo stomaco».(...)
Lui corre verso il bancone: «Pensavo prendesse un coltello o qualcos' altro. Sono scappata in strada.
E invece ha rubato quello che c' era in cassa e se ne è andato come nulla fosse».
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