Gianluca Di Feo per “la Repubblica”
ERDOGAN
Adesso il destino delle relazioni tra Ankara e Washington è appeso a una serie di tracce radar, quelle che collegano la base di Incirlik alla rotta dei caccia golpisti. Ed è l’unico elemento concreto che Erdogan sta impugnando per tenere sotto pressione il potente alleato. Molti dei fedeli del Sultano sono convinti che il Pentagono fosse a conoscenza dei piani dei generali ribelli.
Fanno trapelare indiscrezioni sull’uso della rete di comunicazione della Nato per coordinare i movimenti del putsch sfuggendo alla sorveglianza dell’intelligence governativa. Ma tra una miriade di voci difficilmente dimostrabili, gli apparati del presidente sembrano avere in mano un solo punto forte contro gli americani: il decollo di almeno un aereo cisterna dalla pista di Incirlik.
INCIRLIK 1
È il velivolo che ha rifornito di carburante gli F-16 golpisti impegnati nel bombardamento dei palazzi del potere e probabilmente nel tentativo di eliminare lo stesso Erdogan nella sua residenza estiva. Ma a Incirlik ci sono velivoli rifornitori americani e turchi, dell’identico modello KC-135 Stratotanker. E tutti dipendono dall’ufficiale anatolico che guida il Decimo Tanker Group, il generale Bekir Ercan Van, arrestato domenica insieme ad altri undici militari.
Il Pentagono ha subito fatto sapere che la cisterna incriminata è partita dalla zona turca dell’aeroporto: come a Sigonella, una parte della pista è sotto controllo americano e il resto in mano alle autorità locali. La situazione di Incirlik però è più confusa perché i reparti statunitensi sono integrati nel comando turco: lavorano sempre fianco a fianco.
Ed è questa la linea rossa lungo cui si muove l’inchiesta dei giudici fedeli a Erdogan, che ieri ha avuto un ulteriore momento di tensione con una perquisizione su larga scala. Sette magistrati hanno sequestrato le registrazioni della torre di controllo e avrebbero ammanettato altri 8 ufficiali.
ERDOGAN
Nello stesso momento, sulla homepage di “Star and Stripes”, la storica rivista dei militari americani che ha sempre mantenuto un’autonomia dai vertici delle forze armate, veniva pubblicata una foto significativa: il generale Bekir Ercan Van che stringe la mano al segretario alla Difesa Usa Ashton Carter. Un’immagine dello scorso dicembre, che si somma a altre decine di scatti disponibili sul web di cerimonie in cui l’alto ufficiale anatolico è al fianco dei colleghi atlantici.
Incirlik è una installazione fondamentale per la presenza statunitense in Medio Oriente, attiva dal 1943 e adesso trampolino di lancio della campagna contro lo Stato Islamico. Sabato è stata circondata dalla polizia, che ha tagliato la corrente elettrica. E solo ieri mattina sono riprese le operazioni contro il Califfato, limitate però a ricognitori Tornado tedeschi e droni.
Ormai è quasi certo che il dominio dei cieli è stato decisivo per il fallimento del golpe. La mossa iniziale dei generali ribelli è stata accompagnato dal sorvolo di Ankara e Istanbul da parte di caccia F-16. Ma quando Erdogan è riuscito a decollare con il suo bireattore personale, questi intercettori non lo hanno abbattuto.
Un mistero, secondo alcuni analisti. Che però trova spiegazione nella rotta del velivolo presidenziale, monitorata dal sito Flightradar. Il leader in fuga ha raggiunto le coste del Bosforo e poi ha continuato a volare in circolo sopra una posizione specifica: quella dell’aeroporto di Bandirma, sede del Sesto stormo caccia.
ASHTON CARTER BEKIR ARCAN VAN
Stando alle indiscrezioni, sarebbero stati i piloti di questo reparto a decidere di intervenire a fianco di Erdogan: con i loro F-16 avrebbero prima colpito un elicottero golpista sulla capitale e poi bombardato i tank che assediavano il parlamento. L’entrata in scena di questi caccia avrebbe obbligato i velivoli ribelli a tenersi lontani, permettendo l’atterraggio trionfale del presidente a Istanbul.
Le ricostruzioni però sono ancora confuse. Anche il generale Rustu Mustafa Celenk, comandante del Sesto stormo, è stato arrestato per alto tradimento. E l’agenzia Cihan News sostiene che nella notte del putsch un elicottero golpista ha cercato di atterrare nell’isola-prigione di Imrali per rapire il leader curdo Abdullah Ocalan: il raid sarebbe stato respinto dalle guardie. Credibile? Di sicuro, al presidente fa comodo accreditare una relazione tra i rivoltosi e il capo curdo, in modo da mostrare la longa manus dei nemici della patria e legittimare le retate indiscriminate.
ERDOGAN BASE NATO INCIRLIK