Helmut Failoni per www.corriere.it
recep tayyip erdogan
Quando nella Concert Hall di Stoccolma, intorno alle 17, Anders Olsson (1949) — uno dei membri più autorevoli dell’Accademia di Svezia e presidente del Premio Nobel per la Letteratura — interviene alla cerimonia di premiazione per parlare delle motivazioni al premio 2019 a Peter Handke (1942), lo scrittore austriaco se ne sta seduto su una poltrona di velluto rosso, a fianco della polacca Olga Tokarczuk (1962), vincitrice dello stesso premio per il 2018. Nessuno avverte Handke che il suo papillon bianco è vistosamente storto e mentre Olsson lo elogia parlando della sua prosa innovativa e dei classici che lo hanno «salvato e preservato», lui sfoglia un libriccino.
PROTESTE CONTRO IL NOBEL A PETER HANDKE
Al piano superiore della sala la Royal Stockholm Philharmonic Orchestra diretta da David Björkman ha appena eseguito la Marcia in re maggiore di Mozart (seguiranno pagine di Gounod, Sibelius, Elgar). Poco prima un rullo di tamburi annunciava l’ingresso della famiglia reale, che si accomoda sulle uniche quattro poltrone che portano i colori di Stato, azzurro e giallo. Sarà Carlo XVI Gustavo, re di Svezia, a consegnare il premio ai designati per ogni settore.
Il rito è soltanto una stretta di mano seguita da un inchino reciproco. Handke si gira verso il pubblico e ne fa un secondo. Il suo volto non lascia trasparire alcuna emozione. Potrebbe essere l’uomo più felice del mondo quanto digrignare i denti per la rabbia contro la valanga di critiche ricevute, legate al fatto che abbia difeso i crimini commessi dalla Serbia nella guerra in ex Jugoslavia e negato il massacro della popolazione bosniaca musulmana a Srebrenica.
peter handke 9
E di rabbia Handke ne aveva quando ad esempio (e siamo solo a metà ottobre) tuonò, esaltandosi, contro il radiogiornale austriaco della Orf: «Lasciatemi in pace con queste domande. Io sono uno scrittore. Io vengo da Tolstoj, io vengo da Omero, io vengo da Cervantes...». O quando il 6 dicembre se l’è presa nuovamente con la stampa dicendo di preferire alle loro domande «vuote e ignoranti» la lettera anonima piena di carta igienica usata, che gli era arrivata a casa per contestare il premio.
Fra le più recenti defezioni ricordiamo invece l’abbandono di un membro della nuova giuria esterna (messa in piedi per dare un’immagine più pulita al Nobel per la Letteratura, dopo gli scandali sessuali legati a Jean-Claude Arnault), la scrittrice Gun-Britt Sundström (1945) seguita, il giorno successivo, dall’accademico Peter Englund (1957).
nuovi corpi identificati del massacro di srebrenica
Ieri dopo il boicottaggio di Kosovo, Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Turchia, Afghanistan, Macedonia del Nord, la protesta delle madri di Srebrenica, una raccolta di 58 mila firme online e alcune manifestazioni a Stoccolma, è intervenuto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, a sua volta accusato dalla comunità internazionale di violazione dei diritti umani: «Dare il premio Nobel per la Letteratura a un razzista che nega il genocidio in Bosnia-Erzegovina e difende i criminali di guerra equivale a premiare le violazioni dei diritti umani».
In Bosnia-Erzegovina forti proteste e manifestazioni di sdegno contro il Comitato Nobel si erano già registrate in ottobre, quando ci fu l’annuncio dell’assegnazione del riconoscimento a Handke. «È stato premiato il genocidio», ha detto ieri a Sarajevo Zeljko Komsic, membro croato della presidenza tripartita bosniaca.
peter handke 8
Nel centro di Sarajevo su un grosso display sono stati disegnati teschi con la scritta Shame on you! (Vergognati, ndr) e la caricatura di Handke. Ma è nato contro di lui anche un hashtag dei giornalisti che hanno vissuto la guerra in Bosnia: #BosniaWarJournalists.
Il presidente serbo Aleksandar Vucic — facendo idealmente seguito a una raccolta firme pro Handke lanciata tempo fa dal regista Emir Kusturica — si è congratulato con lo scrittore: «In Serbia Lei è considerato un amico autentico e il Suo Nobel lo consideriamo come se fosse stato assegnato a uno di noi».