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    ALLA CAZZATA DI TRUMP SU GERUSALEMME, IL MONDO ISLAMICO RIPONDE CON UNA CAZZATA E MEZZA: "GERUSALEMME EST CAPITALE DEI PALESTINESI" - IL MEDIO ORIENTE ORA E' AFFOLLATO DI "CALIFFINI": DOPO PUTIN, TOCCA AD ERDOGAN, TRONFIO DI AVER ORGANIZZATO AD ISTANBUL IL VERTICE ISLAMICO CON SCIITI (IRAN) E SUNNITI SFIGATI


     
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    1. MA L’ARABIA SAUDITA E L’EGITTO NON C’ERANO

    Simona Verrazzo per “il Messaggero”

     

    erdogan erdogan

    Gerusalemme Est è la capitale dello Stato palestinese. È questo il contenuto della dichiarazione finale, a conclusione del vertice straordinario dell' Organizzazione per la cooperazione islamica (Oci), che si è tenuto ieri a Istanbul, voluto all' indomani della decisione degli Stati Uniti di spostare la loro ambasciata da Tel Aviv alla città santa per le tre religioni monoteiste.

     

    A fare gli onori di casa è stato il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, riconfermandosi leader di tutto il mondo islamico, sia sunnita sia sciita. Al vertice di Istanbul, infatti, erano presenti i leader di entrambe le due grandi correnti in cui è diviso l' islam. E dalle presenze, ma soprattutto dalle assenze, emergono i giochi di forza tra le parti.

    ERDOGAN TAMIM AL THANI EMIRO QATAR ERDOGAN TAMIM AL THANI EMIRO QATAR

     

    Erdogan ha tenuto a sottolineare che, con il summit di ieri, è stato «mostrato al mondo l' unità del mondo islamico». Una compattezza confermata da sunniti e sciiti seduti allo stesso tavolo in difesa della causa palestinese, ma che ha visto mancare la presenza di re Salman dell' Arabia Saudita e di suo figlio, il principe ereditario Mohammad Bin Salman (in rappresentanza di Riad era presente solo il ministro per gli Affari islamici).

     

    TRUMP FIRMA IL DOCUMENTO CHE RICONOSCE GERUSALEMME CAPITALE DI ISRAELE TRUMP FIRMA IL DOCUMENTO CHE RICONOSCE GERUSALEMME CAPITALE DI ISRAELE

    Un' assenza importante quella dei regnanti sauditi, punto di riferimento del mondo sciita, che contrasta con la presenza di Hassan Rouhani, presidente dell' Iran, che invece è nazione leader tra quelle sciite. Altro grande assente è stato il presidente egiziano, Abd Al Fattah Al Sisi, mentre era invece presente l' emiro del Qatar, Tamim Bin Hamad Al Thani, che da giugno è accusato soprattutto da Arabia Saudita ed Egitto di sostenere il nemico Iran (e Al Thani e Rouhani nella foto finale sono vicini).

     

    E sempre osservando lo scatto conclusivo spiccano ai lati di Erdogan da un lato Abu Mazen, presidente dell' Autorità nazionale palestinese, e dall' altro Abdullah II, re di Giordania, paese che con Israele ha rapporti diplomatici (come anche l' Egitto) e a cui spetta la custodia dei luoghi santi islamici di Gerusalemme. Il Regno Hashemita è tra i principali mediatori arabi in questa crisi, mentre Abu Mazen ha dichiarato che «tutti gli accordi con Israele, compreso quello di Oslo del 1993, sono respinti» e che chiederà al Consiglio di sicurezza dell' Onu di annullare la decisione del presidente americano, Donald Trump.

    GERUSALEMME GERUSALEMME

     

    LA REPLICA DI ISRAELE

    L' Oci ha la sede a Gedda (Arabia Saudita) e riunisce sia i paesi a maggioranza islamica sia alcuni in cui le minoranze islamiche sono influenti nella vita del paese, come la Guyana. Al vertice era presente, in chiave anti-Washington, il presidente del Venezuela, Nicolás Maduro. E non si è fatta attendere la risposta di Israele, per bocca del premier, Benjamin Netanyahu, che ha detto di «non essere impressionato dalle dichiarazioni» dei leader dei paesi musulmani.

     

    «I palestinesi dovrebbero fare di meglio, riconoscendo la realtà e agendo per la pace e contro l' estremismo ha ricordato il primo ministro dello Stato ebraico Prendendo atto di un altro fatto relativo a Gerusalemme: essa non solo è la capitale di Israele, ma qui manteniamo il rispetto per la libertà di religione, e siamo gli unici a farlo nel medio Oriente». Tra le posizioni dei leader internazionali, va ricordata quella del presidente Vladimir Putin, mediatore con Erdogan e Rohuani sulla crisi siriana. Il capo del Cremlino ha dichiarato tramite il suo portavoce, Dmitry Peskov, di essere «consapevole della posizione della Turchia su Israele», ma di non condividerla.

     

    2. IL MASANIELLO DEL MEDIO ORIENTE

    Marta Ottaviani per “la Stampa”

    MILITARI A GERUSALEMME MILITARI A GERUSALEMME

     

    Recep Tayyip Erdogan con la decisione di riconoscere Gerusalemme est capitale della Palestina, corona un sogno che covava da tempo: ergersi a leader indiscusso della causa e soprattutto a condottiero del mondo islamico. Dove la Città Santa appare quasi più un mezzo per coronare un fine. Il Capo di Stato di Ankara ha sempre avuto un occhio di riguardo per questo argomento, già dai primi tempi della sua militanza in partiti spesso accusati di essere anti-sionisti.

     

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    Il primo screzio ufficiale con Israele risale a oltre dieci anni fa, al 2006, quando con l' allora premier Ehud Olmert, entrò in polemica per alcuni lavori effettuati vicino alla Spianata delle Moschee, a Gerusalemme, che, secondo lui, rischiavano di danneggiare la moschea di Al-Aqsa. L' incidente si chiuse con l' invio di una squadra di tecnici turchi a controllare il cantiere.

     

    Fra il 2009 e il 2010, quando Erdogan ha consolidato il suo potere, la frattura con Israele si è fatta più profonda. L' operazione Piombo Fuso e l' assalto alla nave Mavi Marmara, che portava viveri sulla Striscia di Gaza ma che era finanziata da una Ong in odore di finanziamento a gruppi jihadisti, hanno allontanato i due alleati storici. Con Ankara, però, che sembrava non aspettare altro.

     

    mohammed bin salman al saud con donald trump mohammed bin salman al saud con donald trump

    Più o meno nello stesso periodo, infatti, le Primavere arabe hanno convinto Erdogan di poter essere non solo un grande leader per il suo Paese, ma per tutte le nazioni interessate dai movimenti di protesta. A fomentare questa ambizione, c' era anche la politica estera "neo-ottomana" o del buon vicinato, portata avanti dall' allora ministro degli Esteri di Ankara, Ahmet Davutoglu.

     

    L' eccessiva ambizione, le gestioni autonome delle crisi libica e siriana, hanno portato all' effetto contrario, con la Turchia costretta a richiamare l' ambasciatore da diversi Paesi, fra cui Israele e l' Egitto. La Mezzaluna e Gerusalemme sembravano essersi riavvicinati, quando la decisione di Trump, di riconoscere la Città Santa come capitale dello Stato ebraico, ha riacceso ambizioni mai sopite.

    AL SISI AL SISI

     

    Da quel momento è iniziato un intenso scambio diplomatico, dove Erdogan, in poche ore, ha tenuto colloqui con tutti i principali leader dell' Oic, assumendo le redini della situazione e che hanno portato all' organizzazione della riunione d' urgenza di ieri, a Istanbul, nell' antica capitale ottomana e che torna, una volta per tutte, al centro della scena politica regionale.

     

    Una specie di incoronazione per il leader turco, che, oltre a un sapore panislamico, ne ha anche uno marcatamente anti-americano. Non solo Trump non ha mai dato ad Ankara rassicurazioni sulla lotta alla minoranza turca in Siria. A New-York è in corso un processo a Reza Zarrab, un businessman turco-iraniano, che sta raccontando alla giustizia Usa come la Mezzaluna abbia eluso per anni le sanzioni contro l' Iran e come ministri molto vicini al presidente turco abbiano tratto ingenti profitti da questi traffici illegali

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