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    ‘ERO LO SFRUTTATORE DELLE BABY SQUILLO DEI PARIOLI’ - MIRKO IENI PARLA PER LA PRIMA VOLTA IN UN DOCUFILM SUL CASO DELLE 15ENNI CHE SI PROSTITUIVANO A ROMA: ‘INSIEME A ME C’ERANO 500 CLIENTI. MA SOLO IO MI SONO PRESO 9 ANNI DI GALERA’ (VIDEO) - 'NON E' VERO CHE ANDAVANO CON 8 CLIENTI AL GIORNO, AL MASSIMO 3' - COME FUNZIONAVA IL BUSINESS CHE FECE TREMARE LA ROMA BENE


     
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    VIDEO - IL PROMO DI ‘PROFESSIONE LOLITA’

    https://it.dplay.com/nove/professione-lolita/le-baby-squillo-dei-parioli/

     

    Daniele Autieri per la Repubblica - Roma

     

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    Un sogno di successo iniziato dentro un appartamento di viale Parioli e naufragato in una cella del carcere di Velletri. Poco più di settanta chilometri, dentro i quali Mirko Ieni ha condensato i suoi errori più gravi, quelli che gli sono valsi una condanna a nove anni e quattro mesi per aver sfruttato la prostituzione di Azzurra e Aurora (i nomi sono di fantasia), le due ragazze di 14 e 15 anni che nel 2013 sono finite al centro di uno dei più chiacchierati scandali sessuali d' Italia.

     

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    Tre anni dopo Ieni ha deciso di parlare (intervistato in esclusiva nel docufilm "Professione-Lolita" che andrà in onda domani alle 21,15 sul Canale Nove) e di raccontare la sua verità spiegando i meccanismi di quel giro di prostituzione che per oltre un anno ha fatto tremare i santuari laici della Roma bene.

     

    «La prima volta che ho incontrato le ragazze - racconta dalla sala colloqui della casa circondariale di Velletri - gli ho detto: per me il vostro budget va benissimo, l' unica cosa che faccio è che da voi non voglio niente; io metto qualcosa in più, quei 50 anche 100 euro di più di quello che voi normalmente chiedete, e se riesco a farmeli dare bene. Non è un volere, ma una forma di rispetto».

     

    Un lavoro?

    «Un lavoro vero e proprio no! Alla fine è diventato quasi un passatempo, come la settimana enigmistica. Era talmente semplice, aprire una mail e rispondere, che dovevi aspettare solo la risposta».

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    Alcuni suoi annunci richiamavano alla minore età delle ragazze, come quando scrisse: "Lolita cerca Papi".

    Mirko Ieni scoppia a ridere, solleva le spalle e si accomoda sullo sgabello bullonato a terra. «Rido perché quell' annuncio l' ho messo quando erano uscite quelle notizie su alcune storielle che riguardavano il nostro ex-premier che si faceva chiamare "Papi". L' ho messo insieme alle due ragazze e ci siamo fatti una risata ».

     

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    A settembre 2013 prende in affitto l' appartamento. Perché viale Parioli?

    «Scelgo viale Parioli perché l' ho trovato lì. Ho dato un' occhiata agli annunci e ho individuato questo monolocale in affitto, che poi era un seminterrato. Allora ho pensato che potesse fare al caso mio».

     

    Al caso suo e delle ragazze

    «In realtà l' appartamento non l' avevo preso solo per loro. Era prima di tutto per me, per andarci a vivere, oltre al fatto che nel frattempo collaboravo con un' altra ragazza maggiorenne che faceva il mestiere e avrebbe potuto lavorare anche lei lì dentro».

     

    Le richieste si concentrano però sulle due ragazze minorenni. Quanti soldi guadagnava a settimana?

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    «Non tantissimi, non è andata come è stato raccontato. È vero, gli annunci li mettevo tutti i giorni, ma un giorno lavoravi e i seguenti due/tre si stava fermi».

     

    Eppure gli inquirenti dicono che in alcuni giorni le ragazze si prostituivano anche sei, otto volte

    «Sei, otto volte non è mai capitato. È capitato invece che hanno avuto tre clienti ciascuna, che messi insieme fanno sei. Ma parliamo sempre di singole persone ».

     

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    Lei però era da solo e faceva affari sulla loro pelle

    «Lo dichiaro apertamente, in quel momento era tutto così stupido che non mi rendevo conto nemmeno di quanto fosse grave quello che stavo facendo. Ero fuori dal mondo, anche dal punto di vista dei rischi legali che correvo, ma non sono l'unico ad aver sbagliato».

     

    Pigia sulle parole, Ieni, richiamando la questione più controversa dell' intera vicenda, quella che attiene alle responsabilità dei clienti e alla capacità di molti di sfruttare cavilli legali per ottenere pene minime, senza aver mai rischiato di trascorrere una sola notte in carcere.

     

    «Io non li conoscevo - ammette - per me erano nomi inventati a caso da email, ma delle circa 400/500 persone che in quel periodo hanno incontrato le ragazze, solo due se ne sono andate. Io la mia colpa me la prendo, ma forse possiamo dire che ho pagato per tutti. O quasi».

     

    Era lei però a gestire il giro. Quanto tempo pensava di poter durare?

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    «Per me pochissimo. Ricordo bene che in quel periodo mi guardavo intorno, leggevo gli annunci di lavoro, mi presentavo ai portieri degli alberghi per propormi come autista. Volevo tornare alla mia vita normale perché per me non sarebbe durata tanto».

     

    E invece il salto è stato ancora più grande, dalla bella vita al carcere.

    «Subito dopo l' arresto mi sono reso conto che in tre mesi ho distrutto una vita facendo le cose come se del mondo non me ne importasse nulla. Quando ho iniziato ero arrabbiato perché volevo integrarmi ed essere capace di starci in questo mondo, e invece la vita mi aveva fregato».

     

    E adesso?

    «Adesso sconto la mia pena e costruisco modellini di imbarcazioni con gli stuzzicadenti. È un passatempo come un altro, e mi aiuta a non pensare».

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