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    EROI DI SCORTA – “LE IMMAGINI DI CAPACI E VIA D'AMELIO PER ME FURONO UNA CHIAMATA ALLE ARMI” - UN ANGELO CUSTODE RACCONTA IL SUO MESTIERE “SCELTO” DOPO LA MORTE DI BORSELLINO E FALCONE – “I PERICOLI? CI SONO, MA NON CI PENSI" – QUELLA VOLTA CON LA MOGLIE DELL'EMIRO DEL QATAR: "LA DOVEVO SORVEGLIARE MA SENZA GUARDARLA IN FACCIA” - ECCO CHI DECIDE DI ASSEGNARE LA PROTEZIONE


     
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    Dario Del Porto per “il Venerdì - la Repubblica”

     

    borsellino scorta borsellino scorta

    "I ragazzi delle scorte", li chiamano. Addestrati per garantire la sicurezza di capi di Stato e governo, politici, magistrati antimafia, testimoni di giustizia, imprenditori antiracket.

    Rischiando e sacrificandosi. Ma, per molti di loro, più che un lavoro è una scelta di vita. «Era l' estate del 1992, l' estate delle stragi, e avevo appena finito la scuola della polizia di Stato» racconta per cominciare il sovrintendente capo Giuseppe Riviezzo che lavora all' ufficio scorte della Questura di Napoli. «Avevo vent' anni e rimasi colpito dalla morte di quei colleghi. Le immagini del tritolo di Capaci e via D' Amelio per me furono come una chiamata alle armi».

     

    destinazione sardegna Per diventare un "ragazzo della scorta" non basta volerlo. Bisogna superare una lunga selezione. Il primo passaggio è rappresentato da prove psico-attitudinali, poi si frequenta un corso di specializzazione ad Abbasanta, in Sardegna, dove si trova il Caip, il centro addestramento istruzione professionale. È il posto in cui torneranno sempre, periodicamente, per aggiornarsi.

    capaci falcone moglie e ragazzi della scorta capaci falcone moglie e ragazzi della scorta

     

    E dopo? Contrariamente a quello che pensano molti, non è il ministro dell' Interno a decidere a chi assegnare la protezione. Dopo la morte dell' economista Marco Biagi, che aveva chiesto e non ottenuto la scorta, assassinato dalle Brigate Rosse diciassette anni fa, al Viminale è stata istituita una struttura ad hoc, l' Ucis (Ufficio centrale interforze per la sicurezza): raccoglie le segnalazioni provenienti dalle prefetture, esamina la documentazione e decide se disporre la protezione.

     

    Può capitare di dovere scortare la stessa persona per lunghi periodi. O, invece, di dovere prendere in consegna personalità provenienti da altre zone del Paese o anche dall' estero.

    Un lavoro non facile. Che si porta dietro una notevole dose di sacrificio.

     

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    «Servono attenzione, concentrazione, efficacia. E non si deve essere troppo invadenti» racconta Riviezzo. «Perché noi siamo legati indissolubilmente alla personalità. Dalla mattina, appena esce di casa, fino a sera, quando rientra. I suoi orari sono i nostri orari». Il resto dipende da una serie di variabili, indipendenti dalla volontà degli agenti: perché fare programmi è difficilissimo. Mentre è facile immaginare le ricadute familiari. «Sono cose che mettiamo nel conto. Se scegli di lavorare in ufficio, sai a che ora inizi e a che ora finisci. Per noi è diverso. È vero, ci sono i turni, ma non siamo padroni delle nostre giornate. Come noi, anche le nostre famiglie devono abituarsi a questa incertezza. È capitato a tutti di essere costretti a saltare compleanni, ricorrenze o di dover trascorrere giornate di festa in auto al seguito di qualcuno. Fa parte del gioco e lo accettiamo». Anche se accade, se si scorta uno "stakanovista", di sentirsi dire, a notte fonda, dopo una giornata di lavoro, «ci andiamo a mangiare una pizza?».

     

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    La prima sede di Riviezzo è stata Milano, dove per quattro anni e mezzo ha scortato, fra gli altri, Silvio Berlusconi, la giovane presidente della Camera Irene Pivetti, pm impegnati in indagini delicatissime come Ilda Boccassini, Alberto Nobili, Maurizio Romanelli.

    la libertà perduta Da quando è a Napoli, ha svolto servizi per sindaci, presidenti di Regione, leader politici, giornalisti, imprenditori e sacerdoti. E pazienza se talvolta c' è chi punta il dito contro le scorte, considerate più uno status symbol che una necessità reale. «Le polemiche non ci interessano. Nella maggior parte dei casi, sentiamo la solidarietà dei cittadini. Se qualcuno si lamenta, è perché non sa che all' assegnazione della scorta si arriva dopo un iter complesso.

     

    Molti, poi, non capiscono che la nostra presenza rappresenta una limitazione per chi scortiamo. Parliamo di persone che da sole non possono andare al ristorante, a fare la spesa, ad accompagnare i figli a scuola oppure al parco».

     

    capaci falcone moglie e ragazzi della scorta capaci falcone moglie e ragazzi della scorta

    Una "simbiosi"che crea forzatamente un rapporto strettissimo, ma nessun corso può insegnare fino in fondo a gestirlo: «Quando segui una personalità istituzionale di altissimo livello, hai l' opportunità di vedere tante città che non conoscevi. Se ti trovi accanto a un leader di partito quando conclude la campagna elettorale, avverti la fedeltà degli elettori.

    Nel caso di personalità internazionali, come quando la cancelliera tedesca Angela Merkel è stata in vacanza a Ischia, entri in contatto con i livelli di sicurezza più alti del Pianeta, con protocolli molto rigidi. E ricordo che quando è venuta a Capri la moglie dell' emiro del Qatar, mi sono trovato di fronte a una cultura diversa dalla nostra, basti pensare che la sovrana non si può neanche guardare in faccia».

     

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    Nel quotidiano, non c' è molto tempo per valutare i rischi che corre chi è scortato: «Variano a seconda dello scenario, del luogo in cui ti trovi, delle circostanze. Un conto è accompagnare un magistrato in un processo che si celebra in un' aula bunker, un altro è scortare la stessa persona in villeggiatura. La folla, poi, richiede un certo tipo di attenzione: non è la stessa cosa scortare il politico che parla a un comizio di fedelissimi e il sindaco di una grande città quando incontra i residenti di un quartiere a rischio».

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    L' odore della paura A distanza di tanti anni Riviezzo dice di non essere pentito della sua scelta: «È un lavoro che può farti sentire in pericolo, comporta sacrifici anche per la famiglia, ma ti arricchisce». E i pericoli? «Ci sono, ma non ci pensi», assicura Giuseppe. Però, inevitabilmente, ci sono volte in cui la paura affiora.

     

    «Agli inizi degli anni Novanta, nel cuore della Calabria, eravamo in un corteo di auto blindate con Agostino Cordova, da poco nominato procuratore di Napoli» ricorda. «Si respirava ancora il clima delle stragi. Non c' era anima viva, solo una macchina ferma sul ciglio della strada. In quel momento, in mezzo al nulla, sentii la tensione salire pericolosamente».

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    Fra tante difficoltà, c' è anche spazio per le soddisfazioni. «La cosa più bella è trovarsi a contatto con persone che credono in quello ciò che fanno e per questo rischiano in prima persona» continua Riviezzo. «Quelli che si ribellano alla mafia, ad esempio. Ho fatto parte per quattro anni e mezzo della scorta di un imprenditore della provincia di Caserta che aveva denunciato il racket. Il clan dei Casalesi, per ritorsione, aveva ammazzato suo padre. Ho vissuto praticamente in simbiosi con quella famiglia: marito, moglie e tre bambini piccoli. In questi casi si crea una rapporto umano. Mangi con loro, condividi ogni momento come se fossi un parente. Ciò nonostante, non devi mai dimenticare il motivo per cui sei lì. Devi pensare al servizio, mantenere la massima attenzione. Sei lì per proteggerli, quello è il tuo mestiere».

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