Mario Gerevini Per “corriere Della Sera””
Pratiche di divorzio in vista tra Cattolica e Banca Popolare di Vicenza (Bpvi). La compagnia assicurativa sarebbe orientata a esercitare l' opzione di vendita (put) da 175 milioni e uscire dalle tre società comuni di bancassurance.
La partnership commerciale del 2007 era saldata anche da incroci azionari. Entro la prima settimana di settembre Cattolica ha facoltà di recedere unilateralmente dopo la trasformazione di Vicenza in spa. Risulta da varie fonti che questa sia la strada ormai imboccata anche se nessuna delibera formale è stata presa.
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Ma non è l' unico nodo da sciogliere in casa Cattolica. La governance è un tema caldo per alcuni azionisti istituzionali. Possibile che venga rinnovato per l' ennesima volta il mandato a un signore di 87 anni? E che certe controllate abbiano ben 15 consiglieri di amministrazione?
Partecipazioni incrociate
Tre compagnie assicurative (60% Cattolica e 40% Bpvi) e partecipazioni incrociate: così è la partnership. Cattolica ha dovuto svalutare, azzerandola (60 milioni), la quota nella banca (quasi l' 1%), dopo aver sottoscritto gli ultimi aumenti di capitale ai prezzi fissati artificiosamente. È uno dei motivi di critica di molti azionisti che si chiedono come sia possibile che la compagnia abbia passivamente accettato quella valutazione in una società non quotata.
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La Popolare invece mantiene il suo 15% nella compagnia. È il primo socio, pur avendo diritto a un solo voto. Il 5 marzo scorso, però, la trasformazione in spa della banca ha fatto scattare il diritto di recesso di Cattolica dalla partnership. Diritto che matura 180 giorni dopo (quindi i primi di settembre) ma con efficacia dopo altri 180 giorni.
Quindi in questa prospettiva Bpvi entro marzo dovrebbe sborsare 175 milioni per riacquistare le quote di Berica Vita, ABC Assicura e Cattolica Life. A quel punto, però, il 15% di Cattolica in portafoglio alla banca (e in pegno fino al 29 dicembre alla controparte di un' operazione finanziaria) perde valore strategico e dovrà essere riclassificato a valore di mercato. Solo che è in bilancio a 394,7 milioni, cioè 15 euro per azione contro i 5,72 del valore di mercato (la Consob sui rapporti Cattolica-Bpvi ha condotto un' ispezione di cui si attendono gli esiti ma anche la Gdf ha in mano le carte).
ASSICURAZIONI CATTOLICA
Doppio problema, dunque: Vicenza rischia di dover svalutare mentre a Verona rischiano di vedersi scaricare il 15% sul mercato. Deciderà eventualmente il fondo Atlante che controlla la Vicenza e al quale Cattolica ha contribuito con 40 milioni.
Intanto, però, il titolo della compagnia, anche per i buoni risultati di bilancio, ha tenuto rispetto al settore: -18% negli ultimi sei mesi contro un Ftse Italia assicurazioni in calo del 26%.
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Decine di poltrone
Se si chiude il capitolo Vicenza, a Verona potrebbe però riaprirsi quello della governance. Perché ad alcuni soci, comprese fondazioni bancarie, non sfugge il gigantismo dei cda, con moltiplicazione delle poltrone: 47 consiglieri, per esempio, solo tra Cattolica (18) e due controllate (ABC e Tua).
Poltrone costose, tra l' altro. Al di là del presidente Paolo Bedoni (1,2 milioni nel 2015) e dell' amministratore delegato Giovanni Battista Mazzucchelli (2,3 milioni), i consiglieri non prendono meno di 100 mila euro e molti di loro tra gettoni e altri incarichi arrivano ai 386 mila euro di Enrico Mario Ambrosetti (uscito dal cda ad aprile), avvocato di Gianni Zonin.
Baraggia
L' amministratore novantenne
E poi c' è il caso Baraggia. Ovvero l' avvocato Luigi Baraggia che abita a Suno, provincia di Novara, 230 chilometri da Verona. È il nonno di Piazza Affari: 87 anni appena compiuti, 192 mila euro portati a casa nel 2015: è stato appena riconfermato per un triennio. Ed è anche presidente di Tua Assicurazioni.
Era necessario? È la domanda che circola, senza mettere in discussione l' esperienza di un uomo che è in consiglio della Cattolica dal 1981.
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La vera questione, tuttavia, il pressing che potrebbe accentuarsi dal «basso», dagli azionisti-mercato, riguarda la trasformazione in spa che oltretutto spazzerebbe via il noto e arcaico articolo 10 dello statuto secondo cui non può diventare socio (e dunque votare) «chi non professi la Religione Cattolica e non abbia manifestato sentimenti di adesione alle Opere Cattoliche». Quanto durerà ancora?