Roberta Scorranese per corriere.it
Eva Cantarella
La casa milanese di Eva Cantarella è un accogliente appartamento pieno di libri e ricordi. Ma poi c’è la sorpresa: si attraversa il soggiorno e ci si ritrova in una di quelle terrazze con pergolato che a Milano fanno la differenza tra una vita e una vita dolce. Da qui si vede un appartamento che sovrasta e si sovrappone a quello della giurista e specialista in diritto antico. Lei lo indica: «Vede, lì abitava Guido. Abbiamo trascorso una vita insieme, ma sempre con la giusta distanza».
Guido Martinotti, sociologo e suo marito dal 1961. Che matrimonio è stato il vostro?
«Da quando lui è mancato, dal 2012, vivo sola. Ci siamo conosciuti a scuola, al liceo “Beccaria” di Milano, e ci siamo sposati molto giovani. Poi abbiamo divorziato e ci siamo risposati».
Uh.
guido martinotti
«Ma mica perché non ci amavamo più: noi abbiamo divorziato per difendere il divorzio quando fecero il referendum abrogativo nel 1974. Ci sembrò un’assurdità, un insulto alla libertà che avevamo conquistato a fatica. Gli dissi “Guido dobbiamo farlo”. Lui nicchiava ma alla fine prendemmo due testimoni, dicemmo che eravamo separati da due anni e zac, divorziammo. Ovviamente continuavamo a stare assieme e ogni tanto io gli dicevo, “Guido ma dovremmo risposarci, insomma sarebbe ora”. Lui nicchiava anche quella volta! Alla fine però ci risposammo».
Che coppia divertente.
EVA CANTARELLA - GLI INGANNI DI PANDORA
«Ah guardi, abbiamo vissuto con gioia e libertà. Pensi che una volta siamo stati beccati insieme in Grecia, innamorati e felici, dai nostri rispettivi amanti. Sai che scenate quelle degli amanti, peggio di quelle dei mariti normali».
E oggi, a 84 anni?
«Senta, io ho il massimo rispetto per chi si innamora alla terza, alla quarta e alla quinta età ma per me è un capitolo chiuso della vita. E poi da sola sto benissimo. Niente figli, ma tanti allievi, tanti amici, tanti ricordi, tanti libri da leggere».
Una vita dedicata al diritto del mondo antico. Non era comune, all’epoca, per una donna scegliere la facoltà di Legge.
Eva Cantarella
«Non solo non era comune, era fortemente sconsigliato. Sa che fino al 1963 una donna non poteva fare il concorso in magistratura? Io me le ricordo bene le discussioni in famiglia, con gli amici di mio padre che mi dicevano: “ma no Eva, una donna non può fare Legge perché per alcuni giorni al mese sta male”. Ma ci rendiamo conto? Io però puntai i piedi: volevo un lavoro da maschio, non volevo fare l’insegnante o la moglie che corre dietro al marito studioso».
Tanto è vero che lei divenne anche avvocato, preparando un «piano B» sempre maschile, rispetto alla carriera universitaria.
cantarella
«Sì, anche perché all’epoca il destino delle donne nell’università era quello di fare l’assistente a vita. Ci laureammo in due nel nostro gruppo, io e un collega uomo, e il giorno dopo l’assistente capo mi disse: “Eva, ci sono da schedare quei libri, lo fai tu?” Io risposi: “scusi, ma c’è anche il collega che si è appena laureato, deve schedare anche lui assieme a me”. Ho sempre fatto così: mi sono comportata come se la discriminazione non esistesse, semplicemente facendo rispettare i miei diritti».
Eva Cantarella
Non era facile nemmeno a Milano, città aperta, internazionale?
«Io ho avuto un grande maestro, Giovanni Pugliese, che mi ha sempre sostenuta. Ma a Milano non bastava quella società progressista che pure era radicata e vivace. In classe con me, per dire, c’era Francesco Micheli. E al “Beccaria” c’era pure Achille Occhetto, che noi prendevamo in giro dicendo che ogni mattina baciava la bandiera rossa del traffico. Noi noi c’era Carlo Basso, il figlio di Lelio. Eravamo di sinistra e con una grande apertura mentale, ma la società era quella che era e molte donne rinunciavano ad una carriera senza nemmeno provarci. Era un mondo poco incoraggiante per le donne, diciamo. E poi, per dirla tutta, non è che il femminismo abbia portato tutta questa solidarietà nell’universo femminile, anzi».
Eva Cantarella
Si spieghi meglio.
«Premessa: io penso che il femminismo sia stata l’unica rivoluzione culturale veramente riuscita in Italia, perché ha cambiato sia i maschi che le femmine. Ci siamo dimenticati troppo in fretta le conquiste che questo movimento ha raggiunto: per esempio oggi la donna non è più obbligata a seguire il marito in qualsiasi posto lui decida di prendere la residenza, ma prima delle battaglie femministe sissignore, era obbligata. Di fatto, una donna non aveva il diritto di lavorare.
achille occhetto foto di bacco
Detto questo, penso che il femminismo ambisse ad un mondo solidale, aperto, inclusivo. Invece ho come la sensazione che molte donne siano state “accettate” nel mondo maschile e come tali siano state, in fondo, assimilate. Siamo diventate competitive come loro, insomma. Siamo diventati maschi. E spesso ci facciamo la guerra tra di noi. Secondo me se si vuole cambiare qualcosa bisogna prendere consapevolezza di questi limiti».
EVA CANTARELLA
Lei ha partecipato anche ad alcune riunioni di Rivolta Femminile, il gruppo di Carla Lonzi?
«Sì, per poco tempo. Detto fra noi, mi annoiavo di più nelle serate in cui con quelli di sinistra si andava avanti per ore a leggere Marx. Lonzi era una tostissima, ha scritto “Sputiamo su Hegel”, non ero d’accordo con lei su tutto, però era una donna molto intelligente. Poi ho seguito i gruppi di autocoscienza, interessanti, sì, ma ci vedevo molta infelicità. Non so, penso che la questione femminista abbia bisogno di un rasserenamento di fondo. Sento ancora troppe donne che si dicono disperate perché non hanno avuto figli, come se si sentissero a metà. Fino a quando vivremo in un mondo che fa sentire “a metà” queste donne, non faremo veri passi avanti».
Eva Cantarella
C’è ancora un’ombra sulle donne che scelgono di non avere figli?
«Non si accetta che una donna possa fare quella scelta. Ecco perché ci si rivolge a loro con una punta di compassione, come per dire “ma come mai, che cosa è andato storto?”. Lo trovo insostenibile. Io e Guido non abbiamo avuto figli ma è stata una scelta serena, compatibile con la nostra natura. Un po’ come il pregiudizio per una donna che sceglie di stare da sola, senza un compagno. Trovo insopportabili i commenti del tipo “ma come, una bella donna come te”».
Il movimento #MeToo l’ha convinta?
Eva Cantarella
«Ho qualche perplessità. Intanto perché penso che per le donne con minore visibilità rispetto alle grandi attrici non sia cambiato nulla e nulla cambierà. Ma poi credo che negli ultimi anni sia stato soppresso uno dei rituali sociali più importanti, il corteggiamento. È un bene sottolineare le ambiguità di certi comportamenti maschili e meno male che lo si è fatto. Ma attenzione a uccidere del tutto il corteggiamento, che di ambiguità si nutre. È un gioco che ci fa bene perché ci porta a scoprirci, a capirci meglio, a comprenderci, anche quando non sfocia a nulla. È un rituale di scoperta dell’altro e dell’altra indispensabile per poterci accettare a vicenda».
EVA CANTARELLA
Zeus corteggiava o commetteva abusi?
«Ecco un esempio perfetto di quell’ambiguità di cui parlavamo. Possiamo dire che Leda sia una vittima? Sì e no. Sì perché alla fine viene indotta a cedere con l’inganno, no perché in fondo a lei quel cigno piace. Europa è una vittima? Non del tutto, dipende da chi la guarda. Il mito, ancora una volta, ci mette di fronte alle inevitabili sfumature di cui è fatta la vita, che non è mai bianca o nera. Nel corteggiamento c’è amore ma c’è anche inganno, non si sfugge. Ecco perché giustissimo che si faccia chiarezza sugli abusi, ma non priviamoci di questa magia antica, così piacevole».
Anni di studi sul diritto e sulla condizione delle donne nel mondo antico. Che cosa ha imparato?
«Che certi pregiudizi sono millenari e che sarà difficilissimo sradicarli».
Eva Cantarella
Sempre colpa di Pandora, insomma, guarda caso una donna, colei che ha aperto ai mali un mondo prima incontaminato?
«Sì ma il peggiore non è stato un personaggio mitologico, bensì un pensatore realmente esistito, Aristotele. Diceva che le donne non hanno il logos, la ragione».
Arianna, che viene abbandonata da Teseo sull’isola di Nasso (da cui l’espressione «piantare in asso») è una vittima?
«Sì, perché quel fetente l’ha trattata male, ma non dimentichiamoci che poco dopo arriva Dioniso che la salva».
E Lisistrata?
#metoo
«Oggi è diventata un simbolo femminista ma quando Aristofane racconta la sua storia in realtà sta commiserando Atene perché, dice, la sua antica grandezza si è ridotta ad essere in mano alle donne. Insomma, è sempre un maschio che narra le vicende di una femmina».
Anche Antigone è molto amata dalle femministe...
«No, non mi faccia parlare di Antigone, perché sennò ne parlo male, su».
Eva Cantarella
Ci interessa!
«Una volta l’amico Giulio Guidorizzi mi invitò a tenere una conferenza su Antigone in un circolo culturale. Io andai e dissi peste e corna di quel personaggio, senza sapere che quel circolo era intitolato proprio a lei. All’inizio ci fu molta perplessità ma poi in tanti si congratularono. Dunque, per carità, è stata una grande figura della tragedia greca. Ma Dio mio che freddezza! Che ottusità. Antigone tratta malissimo la sorella, Corteggia la morte ma le dispiace morire senza nozze, guarda caso. Il fidanzato nemmeno lo calcola e quel povero Creonte... altro che tiranno, Creonte era un bravo governatore che voleva far rispettare le leggi».
Elena è più interessante, no?
Eva Cantarella
«Soprattutto quando mi sono accorta che nell’Eneide si dice che abbia avuto addirittura un terzo marito! Con lei sì che la faccenda si fa intrigante».
Per concludere, se dovesse esprimere un desiderio?
«Tornare in Grecia. Manco da troppo tempo. Forse l’ultima volta che ci sono stata ero in una delle fughe semi-segrete con mio marito, pensi un po’».
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