Fabrizio Roncone per il “Corriere della Sera”
fabrizio roncone
Il suo mantra: onore, Costituzione, lealtà al Capo dello Stato. Il senatore Gregorio De Falco arriva dal corridoio dei busti di Palazzo Madama, entra in transatlantico: il parquet scricchiola più del solito, ha un passo marziale con le gambe leggermente rigide, da militare. Anche i pantaloni: con la riga impeccabile. E il nodo della cravatta: stretto come solo all' Accademia navale ti insegnano a fare.
È rimasto un ufficiale. Un grillino capitano di fregata. E questo, per il Movimento 5 Stelle, è un guaio. Un grosso guaio. Per capirci: dopo aver incassato una mezza retromarcia della Lega sul maxi-condono presente nel testo originario della manovra economica, Luigi Di Maio e i suoi devono adesso dare precisi segnali di collaborazione sui provvedimenti a cui tiene di più il gran capo Matteo Salvini.
gregorio de falco
Sul ddl legittima difesa, come potete leggere in altri articoli, ci sono state importanti e risolutive frenate. Sul decreto Sicurezza, invece, la faccenda è diventata molto complicata: perché il senatore De Falco - «Ma se le viene più facile, mi chiami pure comandante» - insieme ai colleghi di partito Paola Nugnes ed Elena Fattori, non ha alcuna intenzione di ritirare gli emendamenti presentati (in totale sono 81; la maggioranza avrebbe deciso che si voti solo su 19 di questi, ma per il momento ne sono stati eliminati soltanto 6, quelli a firma di Bianca Laura Granato).
«Le ripeto ciò che ho già detto alcune ore fa: io sono e resto un ufficiale della Marina italiana che ha giurato sulla Costituzione, e non intendo venire meno a questo giuramento. Non solo: ho anche intenzione di seguire, fino in fondo, i suggerimenti che, in tema di sicurezza, ci arrivano dal Presidente Mattarella».
de falco
Quindi?
«Quindi quel decreto, senza i miei emendamenti, non lo voto».
I leghisti sono furiosi.
«Scusi, non ho capito: sono furiosi in che senso?».
Di Maio e Salvini hanno un accordo fatto di reciproci passi indietro.
«Io non so niente di questi accordi. So solo che, poiché i miei emendamenti sono migliorativi e rispettosi della Carta Costituzionale, non c' è alcuna ragione perché io debba ritirarli».
Questa è la sua ultima parola?
«Un ufficiale ha una sola parola, signore».
Bene: a questo punto, però, con il suo partito potrebbe crearsi un attrito insanabile.
Ha preso in considerazione la possibilità di lasciare il Movimento?
«Se questa storia dovesse assumere una certa piega, allora io prenderò le mie decisioni. Al di sotto di un certo livello, per etica, morale e senso dell' onore, io non scendo».
DE FALCO DI MAIO
Il comandante De Falco non parla in politichese (come i vecchi politici) e non cincischia (come molti dei nuovi). È invece chiaro, netto. E non vi sfuggirà: usa toni duri, irrituali. C'è da considerare che il comandante parla di sua iniziativa e, diciamo, in piena libertà, senza aspettare uno dei whatsapp di autorizzazione e indirizzo che di solito Rocco Casalino - potente portavoce di Palazzo Chigi e sacerdote a guardia dell'informazione grillina - spedisce ai parlamentari a 5 stelle (sono whatsapp del tipo: tu dì questo e basta, tu non fare pasticci, tu parla ma attento a quello che dici).
GREGORIO DE FALCO
Il succo degli emendamenti di De Falco: no alla stretta sui permessi umanitari, no all'aumento dei tempi di permanenza nei centri per i rimpatri, no all'ampliamento del ventaglio di reati che porta alla revoca dello status di «rifugiato». Modifiche pesanti, per Salvini. Di Maio, da qualche ora, ci prova con le buone: «Dai, comandante la tua rigidità ci mette in difficoltà». De Falco: «Luigi, anche voi state mettendo in difficoltà me».
Non è la prima volta che il comandante si pone fuori dal coro di governo (mentre Salvini faceva il duro con l'Europa e con qualche centinaio di immigrati alla deriva nel Mediterraneo, disse: «Il naufrago ha diritto di essere salvato. Non conta la provenienza, non conta la sua etnia»). Insomma: è uno che sa essere scomodo e ruvido (chiedere a Schettino). Soprattutto, però, è uno che - fuori da Palazzo Madama - un lavoro già ce l'ha: «Ah, sì, ecco: io, con la Marina, mi sono messo in aspettativa».
NUGNES