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    ROMA, “NON FARMI MALE” - SULLO SFONDO DI UN GIALLO DALL'INGRANAGGIO PERFETTO, FABRIZIO RONCONE RACCONTA ROMA, RICOSTRUISCE UNA MAPPA DI POTERE, UNA RETE DI PERSONAGGI, ALCUNI DI FINZIONE, ALTRI BEN RICONOSCIBILI SOTTO I NOMI DI FANTASIA, QUEL MONDO CHE PER PRIMO HA CELEBRATO DAGOSPIA CON CAFONAL, QUEL MONDO CHE TANTI PROVANO A DESCRIVERE SENZA RIUSCIRCI, PERCHÉ COME DICE ROBERTO D'AGOSTINO: “ROMA È UNA CITTÀ COME LA SEDIA ELETTRICA È UNA SEDIA”


     
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    Teresa Ciabatti per “Sette – Il Corriere della Sera”

    teresa ciabatti teresa ciabatti

     

    Dal basso, alzando lo sguardo, il punto più illuminato di Roma è un terrazzo su Lungotevere. Dall'alto — elicottero, drone —ancora quello, più di San Pietro, più dell'Altare della Patria. Seguendo le luci capisci chi comanda a Roma. E lassù, nella casa dalle palme luminose vive Roberto D'Agostino. Tutto il resto a scendere.

     

    Nella realtà e nella finzione, ovvero fuori e dentro il nuovo romanzo di Fabrizio Roncone, Non farmi male (edizione Marsilio). Sullo sfondo di un giallo dall'ingranaggio perfetto, Roncone racconta Roma, ricostruisce una mappa di potere, una rete di personaggi, alcuni di finzione, altri ben riconoscibili sotto i nomi di fantasia.

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    Proviamo allora a seguire la mappa del romanzo, muoviamoci in quello che è il terreno antropologico attraversato da Marco Paraldi, protagonista di Non farmi male, quel mondo che per primo ha celebrato Dagospia con Cafonal, quel mondo che tanti provano a descrivere senza riuscirci, perché come dice Roberto D'Agostino: «Se non li conosci, e non li conosci da una vita, non ti fanno entrare», riferito alle persone che da anni, in qualche caso da generazioni, muovono Roma.

     

    «La contessa Ludovica Maesano vedova Castaldi è stata efferata: tutti vestiti di bianco. Party Total white» scrive Roncone, introducendoci all'aristocrazia romana, alle nobil donne regine della mondanità. Ma nella Roma reale, morta Maria Angiolillo, di regina ce ne è una sola: Marisela Federici, vedova del finanziere Paolo Federici, residente a Villa la Furibonda, la sua casa sull'Appia Antica disegnata da Piacentini, dove riceve gli amici.

    fabrizio roncone fabrizio roncone

     

    Solo che Donna Marisela non si accontenta del bianco come la contessa Maesano. Marisela inventa, narra. Mai ripete ciò che è già accaduto, ogni festa un evento. La contessa ragiona così: per ricordi indelebili. «Le feste sono state anche un modo per rendere gioiosa la malattia di mio marito, volevo regalargli un passaggio allegro, in questo giardino abbiamo ballato tanto».

    carlo giovannelli elsa martinelli stellario baccellieri foto di luciano di bacco carlo giovannelli elsa martinelli stellario baccellieri foto di luciano di bacco

     

    Negli anni perciò si susseguono feste, come quella di Natale descritta persino da Alberto Arbasino. «Da mesi pensavo: cosa posso regalare quest'anno agli amici?» racconta la contessa «volevo qualcosa di speciale. Era il 1997, tutti parlavano di monsignor Milingo. Decido quindi di regalare lui, Milingo in carne e ossa».

     

    ANGIOLILLO LETTA ANGIOLILLO LETTA

    Chi c'era non può dimenticare l'istante in cui la contessa ai quattrocento invitati chiede silenzio e annuncia la sorpresa. Ecco scendere dalla scalinata il cardinale, eccolo benedire i presenti. «A ciascuno, guardandolo negli occhi, disse qualcosa di personale, "tuo figlio morirà" a una mia carissima amica, "tua figlia si droga" a un ambasciatore».

     

    marisela federici e silvio berlusconi (3) marisela federici e silvio berlusconi (3)

    «Eppure» prosegue Donna Marisela «al di là di questi momenti d'imbarazzo, fu una serata di grande commozione, i problemi per lui, come la scomunica, sarebbero arrivati dopo. Qui appunto eravamo molto prima, nessuno avrebbe immaginato... Lui era carismatico, e noi avevamo la sensazione di trovarci al cospetto di un santo». Poi precisa: «Andando nella sua chiesa a Zagarolo, vedendolo celebrare Messa e praticare esorcismi, mi sono spaventata. Da lì ho rotto i rapporti. Io temo i vivi, non i morti». Festa dopo festa, la contessa rende immortale Roma, ne scrive la storia eccentrica e sentimentale.

    ANGIOLILLO MARZOTTO ANGIOLILLO MARZOTTO

     

     

     

     

     

    In quanti tuttavia possono rievocare quelle feste? Di nuovo il segreto di Roma di cui parla D'Agostino. Quel potere invisibile a chi viene da fuori, quella cerchia di prescelti (e non di privilegiati, attenzione). Quelle relazioni basate su amicizie antichissime coltivate di generazione in generazione nei circoli (Aniene, Scacchi, Caccia). Un prestigio che non si può comprare: «Chi è arrivato coi soldi ha fallito. Agnelli, Berlusconi, Tronchetti Provera» elenca D'Agostino.

    capalbio asor rosa capalbio asor rosa

     

    Roma sfugge, intontisce, distrugge, si estende. Eppure — altro mistero — i confini non sono quelli reali, basta seguire Paraldi di Non farmi male (ancora fuori e dentro il romanzo). I confini li determinano le persone, i pochi. Loro creano e distruggono margini, inglobano e abbandonano succursali come osserva Paraldi di Capalbio: «La piccola Atene: una mezza invenzione, comunque finita. Si è quasi estinto il gruppetto di intellettuali sinistroidi —veri o presunti — che scoprirono questo borgo agricolo. Qualche sopravvissuto vive barricato in giardino con l'apparecchio della pressione sulla sdraio. Uno ha sbroccato e sostiene di essere Eugenio Scaffali. Alberto Asor Rosa, saggiamente, si trasferì a Cetona nel secolo scorso».

    ottavio fabbri e marisela federici ottavio fabbri e marisela federici

     

    Che abbia ragione D'Agostino: «Roma è una città come la sedia elettrica è una sedia». Relazioni tortuose che uniscono il centro alla periferia. Così nel romanzo di Roncone Paraldi attraversa via Prenestina e 11 Mandrione — «regno dei Casamonica» — passando per Tiburtina Valley: «Cancelli arrugginiti, e fabbriche chiuse, abbandonate, tradite da una promessa industriale durata pochissimo tempo, una colossale bugia chiamata, negli anni Novanta, Tiburtina Valley: un luogo immaginato e descritto da amministratori cinici e incapaci, l'idea che senza investimenti anche Roma, sul modello di San Francisco, potesse diventare una protagonista di una nuova economia, moderna e travolgente».

     

    kyra e carlo giovannelli kyra e carlo giovannelli

    Ancora nel romanzo Paraldi incontra Murena, Mozzicone, e Sergio Fantasia detto Sorcanera («ultimo pupillo di Enrico De Pedis, il boss che con la Banda della Magliana si prese Roma. Ma bisogna credergli sulla parola»), in una Roma dove alto e basso si mischiano e contaminano. «ll libro che meglio rappresenta Roma? Anatomia della distruttività umana di Erich Fromm» dice D'Agostino. Perché Roma distrugge e si autodistrugge. Aleggia la decadenza mai definitiva però.

     

    Mentre molti invecchiano, muoiono (Marina Ripa di Meana, il principe Carlo Giovanelli), mentre villa Aurora dei principi Boncompagni viene messa all'asta (causa mancato accordo degli eredi dopo la morte del principe Nicolò Boncompagni Ludovisi), prezzo base 407 milioni, asta andata deserta, mentre tutto questo sparisce o passa di mano (pare che villa Aurora interessi a un emiro del Qatar), qualcosa rinasce dalle ceneri.

    Premio Guido Carli Marisela Federici canta e Fedele Confalonieri suona al pianoforte Premio Guido Carli Marisela Federici canta e Fedele Confalonieri suona al pianoforte

     

    Le ceneri degli antenati in una autorigenerazione della stirpe, quella stirpe che continua a dominare Roma (valgono gli antenati i cui ritratti campeggiano al Circolo della caccia, valgono a intimidire e scoraggiare la genìa di chi non c'è). È il tempo dei ragazzi, maggiormente delle ragazze. Ragazze come la Giorgia del romanzo Non farmi male (ben diverse dalla «noiosa bellezza da Barbie di Ponte Milvio, dolcissime ragazze replicanti —identico taglio di capelli, stesse Adidas Stan Smith ai piedi, tatuaggi in serie alla caviglia — tutte orgogliosamente uguali e felici di essere confondibili»).

     

    Qui parliamo delle figlie della stirpe, quelle ragazze di cui scrive Dagospia: in una giornata d'agosto a Sabaudia escono dall'acqua Virginia Valsecchi e Albertina Carraro sedicenni. Bellissime, incedere sicuro. Precognizione di futuro, di chi sta arrivando e prenderà Roma (a distanza di anni possiamo dire che sì, Virginia e Albertina Roma se la sono presa). Dunque il vento della decadenza soffia, solleva polvere, ma non stradica alberi (genealogici). «La differenza tra noi e voi» chiosa D'Agostino «è che noi non confondiamo la Storia con la cronaca. Voi sarete sempre cronaca».

    albertina carraro e loredana lecciso albertina carraro e loredana lecciso Arbasino Marisela e Paolo Federici Arbasino Marisela e Paolo Federici Roberto Dagostino Gianna Terzi di Sant Agata e Marisela Federici Roberto Dagostino Gianna Terzi di Sant Agata e Marisela Federici

     

    Su questo si chiude il sipario. O quasi, riapriamolo un istante su di lei, Marisela Federici, lasciamo a lei l'ul-tima parola. Alla contessa che ricorda il tempo migliore, quando l'amatissimo marito era in vita, quando la morte pare-va lontanissima per tutti loro. «Un giorno una cara amica mi chiede: Marisela, promettimi che alla mia morte farai cantare Cuccurucucù Paloma da Caetano Veloso.

     

    Avevamo appena visto Parla con lei di Almodovar che ci aveva molto emozionato. Io penso: perché alla morte? Così cerco Caetano Veloso per il mondo, e alla fine lo trovo. Allora una sera, a casa mia, Caetano Veloso canta Cuccurucucù Pa-loma. Era il 1996, una sera d'estate, il tramonto sul mio giardino». Chi è Paloma al ricordo? «I nostri anni perduti, tutti noi insieme, i noi e i loro che non ci sono più».

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