Filippo Facci per “Libero quotidiano”
filippo facci
Avete voluto la bicicletta? E ora è arrivato il ciclista 2.0, da soluzione a problema. Non state per leggere la solita generica invettiva contro i ciclisti (altre ne avete lette) ma solo un tentativo di decifrare il rinnovato impatto che "la bicicletta" sta avendo su Milano, città che in queste cose è abituata a fare da rompighiaccio.
Sì, è chiaro che c' entra il bike sharing (soprattutto quello di ultima generazione, praticamente gratuito e che permette di abbandonare il mezzo dove capita) ma soprattutto c' entra l' impressione che il rapporto tra Milano e le biciclette sia arrivato alla resa dei conti.
Non siamo al prologo, siamo all' epilogo: i ciclisti sono così inseriti nel tessuto veicolare milanese (19mila viaggi al giorno, pare) da non rappresentare più una categoria a parte; i ciclisti rappresentano ormai un campionario che ospita ogni categoria, dai migliori ai peggiori, dai cittadini modello ai vandali collaudati, dal ciclista modello olandese al pirata modello Rebibbia, dal fisicato che si crede in pista all' ottantenne che si crede in campagna, dall' italiano che tutti vorremmo essere all' italiano che purtroppo mediamente siamo.
BICI GETTATE NEL NAVIGLIO GRANDE A MILANO
E anche qui, certo, il bike-sharing c' entra: ora che la distribuzione è capillare, e la bici è quasi gratuita e per tutti, c' è chi la smonta pezzo a pezzo, toglie il sellino o il fanale, le distrugge così tanto per farlo.
L’avrete sentito: hanno trovato una dozzina di biciclette dentro al Naviglio Grande. Altre sono state distrutte, prese a martellate. Pedoni e automobilisti, per una volta alleati, ne hanno già piene le scatole.
Poi c' è il malcostume di quegli utenti che parcheggiano le bici nei loro cortili privati così da ritrovarle pronte e libere alla mattina seguente, togliendole dalla disponibilità pubblica e facendo sì che altri utenti non possano prenotarla o prenderla.
BIKE SHARING VANDALIZZATO 2
Ma il problema vero - lo scrive un non-ciclista - ora è diventato chi le bici le usa e mai l' avrebbe fatto, cioè chi usa la bici, ora, ma non è un ciclista né gliene frega niente di esserlo, perché se trovasse una moto userebbe una moto, se trovasse un cavallo eccetera: è un tizio che ha soltanto trovato un modo diverso di manifestare la propria democratica idiozia.
È lui il ciclista 2.0. Eravamo abituati a considerare e a sfottere le categorie abituali di ciclisti milanesi, tipo la sciura che caracolla pericolosamente creando file interminabili perché ha bisogno dello spazio di un Tir, e che come impegno massimo in realtà ha una capatina dal prestinaio; oppure la mamma-chic che spaventa ancora di più perché attraversa disinvolta incroci pericolosissimi usando i figli come scudi umani, pur protetti da caschi da astronauti.
BIKE SHARING VANDALIZZATO 4
O ancora il giovanile rampante che sfila con una bici da 700 cavalli a 28 cambi sequenziali, spesso sollevato dalla sella come se avesse dei ricci nel sedere; o il giovane hipster con barba e occhiali d' ordinanza che trascina ferrivecchi antecedenti al 1960 e pesanti come Moto Guzzi, di corsa a prolungare la tardo-adolescenza in qualche università.
Immancabile la giovane fancazzista che oscilla da un vernissage a un aperitivo e che si fa un selfie a ogni incrocio, spesso dotata di campanelli imbarazzanti e composizioni floreali sul cestino di vimini; dulcis in fundo la strafiga che pedala in tacco 14 e tailleur nero fingendo indifferenza per la catasta di automobili che intanto si è spatasciata nel tentativo di inquadrarla meglio.
BIKE SHARING
Oltre, naturalmente, all' archetipo del ciclista in cui raddensare tutti i difetti possibili: l' altezzosità da superiori che "se tutti facessero come noi"; la reattività se osi invadergli la pista ciclabile di morattiana memoria (dove passa una bici ogni venti minuti) come neanche un austriaco al Brennero davanti a un immigrato; la fighettosità snob dei molti che vivono in zone centrali o semicentrali e fanno della bici (facevano) un mezzo per benestanti che non volevano abbruttirsi sui mezzi pubblici, insomma: parliamo dei soliti che per lustri hanno combattuto quotidiane battaglie coi mostri motorizzati e frettolosi, perdendo regolarmente: perché Milano non è Amsterdam, e soprattutto non è strutturalmente e culturalmente una città per ciclisti.
Ma ora, appunto, sono arrivati gli altri, i ciclisti 2.0, ed è la ragione per cui la categoria "ciclisti" è divenuta più impalpabile di quanto già lo fosse prima, ed è la ragione per cui i ciclisti cominciano a odiarsi tra di loro come motorizzati qualsiasi.
BIKE SHARING - MOBIKE
Ora la bicicletta è democratica, quindi finisce per rispecchiare fedelmente il caos circostante. Il bike sharing vecchia maniera, quello con le bici bianche e gialle, non fa testo, anzi, appartiene già alla vecchia era: era e resta perlopiù una propaggine per gente che vive e lavora in centro (e che spesso si ritrovava il parcheggio BikeMi proprio sotto la banca d' affari) e bene o male resta un servizio che funzionava e che funziona: anche perché spesso ne fruisce chi già prima usava la bici. Le bici gialle sono 4.650 e presto aumenteranno fino a 5.300.
Il problema, dunque, è il "free floating", le "Ofo" e "Mobike", le bici cinesi che ritrovi buttate per terra, parcheggiate malamente, nelle fontane, sugli alberi, in mezzo al marciapiede: ora sono 12mila, immaginate quando supereranno - promettono - le 60mila unità.
OFO - BIKE SHARING
Sai che te ne farai delle rastrelliere per bici comuni (non bike sharing) che la giunta vuole portare a 8300 ma che ora sono 670. Sai che te ne farai dei trecento chilometri di piste ciclabili che entro cinque anni, secondo la giunta, ci saranno in città: quella è roba per gente civile, per milanesi alla vecchia maniera, non per la Milano 2.0 (pure lei) ormai permeabile a ogni invasione e invadenza.
"Ofo" e "Mobike", cinesi e gratuite, sono peraltro delle baracchette che vanno maluccio e che hanno le gomme piene, e non faranno che peggiorare la scarsa cultura della bicicletta che c' è a Milano come nel resto del Paese.
BIKE SHARING MILANO
Chiedetelo a chi le bici le vende: purtroppo non vi parlerà molto bene di un popolo che straparla di Amsterdam ma, sotto sotto, continua a considerare la bicicletta come un mezzo povero e dalla meccanica semplice: ragione per cui le biciclette molto tecnologiche o con la pedalata assistita da noi vendono molto poco.
Anche nella civilissima Milano - ti spiegano i rivenditori di bici - tanta gente preferisce usare trabiccoli pesanti e vecchiotti perché sennò poi glieli rubano: allora comprano una bici da cento euro, pesante e vecchiotta, in qualche mercatino o similari: ma è, quasi sempre, una bici rubata. Ecco, ora rubarle non servirà più, perché le trovi in strada direttamente. Se non in strada, le trovi su un albero o nel Naviglio.