Filippo Facci per Libero Quotidiano
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Sulle alpi vallesi c' è stata una strage, ci sono stati dei morti: ma le guide alpine sono sempre inappuntabili, guai a storpiarne l' immagine o peggio il ricordo. È così: il mondo della montagna abbonda di gente dotata di saggezze spicciole e meravigliose, adattate nei secoli, roba che però frana a valle - purtroppo - quando ci sono da gestire alcune volgari abitudini di città: tipo le polemiche, o la semplice verità dei fatti, l' ammissione di uno o più errori, cose poco compatibili con la convinzione montanara che le cose di montagna restano in montagna, e colà resteranno, incomprese dai signorini di città e da noi iene dattilografe.
la bufera di neve che ha bloccato gli alpinisti
I montanari non hanno neanche tutti i torti: perché anche la prosa più immaginifica, spesso, non può descrivere che cosa può accadere lassù ai corpi e alle menti, laddove lo sguardo spazia per decine di chilometri, dapprima, e un attimo dopo è rinchiuso in un sudario bianco e gelido dove non riesci neanche a vedere i tuoi piedi, e dove potresti morire.
Non c' è via di mezzo: ed esattamente come accade, a proposito dei morti sulle alpi svizzere di questi giorni, tra la versione del Collegio nazionale delle guide alpine italiane e la versione data dai semplici fatti e anche raccontata dai pochi sopravvissuti.
il gruppo di alpinisti prima di rimanere bloccati
A sentire il collegio delle guide, è andato tutto come doveva: Mario Castiglioni, già descritto da molti giornali come guida «di grande esperienza» e con «un lungo curriculum internazionale», per cominciare, aveva con sé tutti i dispositivi necessari e possibili: Gps, telefono satellitare e smartphone con carta topografica svizzera. Inoltre era «costantemente in contatto con il Soccorso alpino vallesano e la polizia vallesana». Inoltre «il gruppo era perfettamente attrezzato per l' itinerario». La classica operazione riuscita, ma col paziente morto.
TUTTO NORMALE
filippo facci l alpinista 3
Secondo il Collegio, il gruppo guidato da Castiglioni era partito come da programma e nei tempi previsti, e le condizioni della neve e il meteo permettevano di compiere il percorso. Sì, è vero che le previsione parlavano di un peggioramento, ma «compatibile con il tempo necessario a coprire la tappa, che di solito richiede circa sei ore». Dovevano andare al rifugio Nacamuli, in territorio italiano, che è più lontano della prevista, dapprima, Cabane des Vignettes. Insomma, tutto normale.
morti sulle alpi
Par di capire che non sia successo niente, e che siano ancora tutti vivi.
Poi - dicevamo - ci sono i semplici fatti e le testimonianze dei sopravvissuti. Il meteo: che stesse per arrivare tempo cattivo lo sapevano veramente tutti, anche i signorini di città che negli stessi giorni hanno perciò rinunciato - come lo scrivente - a escursioni in montagna.
marcello alberti e gabriella brernardi
Però sappiamo com' è: i clienti avevano pagato la bellezza di 1200 euro a cranio per fare l' intera Haute Route Chamonix-Zermatt (con pernottamenti a vari rifugi) e avevano a disposizione i giorni del ponte, non altri; e la guida, sì insomma: non è che tutti hanno voglia di mettersi a fare il dottor sottile perché c' era il tempo cattivo e quindi c' era da non partire e basta. C' era-da-non-partire-e-basta. Infatti sono partiti.
elisabetta paolucci
PASSI FALSI
Secondo un sopravvissuto, Tommaso Pincioli, gli errori di base sono stati due: non badare alle previsioni e non avere idea della lunghezza dell' escursione. Già, perché quel tragitto era un ripiego: la guida aveva deciso di cambiare percorso - ha confermato anche Giovanni Paolucci, fratello di una delle vittime - nella speranza di sfuggire alla tempesta in arrivo. Alla faccia del ripiego: 800 metri di dislivello in salita e 1.000 in discesa, ma con passaggi a 3.800 metri.
Morale: le foto del gruppo, alle 9 del mattino, mostrano cielo sereno, ma due ore dopo c' era tempesta con raffiche a cento allora, temperatura poco sotto lo zero (ma che col vento arrivava a -20) e il famigerato "whiteout", una nebbia di neve e vento gelido che non ti fanno capire neanche dov' è l' alto e dov' è il basso.
Secondo il primo testimone, Pincioli, la guida non l' aveva mai fatto in vita sua quel tragitto, ed era evidente da quanto si è poi rivelato difficile: nessuna guida l' avrebbe fatta con quel tempo, ha detto. E ha pure detto, Pincioli, che lui era l' unico ad avere un gps funzionante, mentre la guida aveva un telefono satellitare che non funzionava e neanche un localizzatore.
mario castiglioni
Hanno sbagliato strada svariate volte, hanno camminato dalle 5 e mezza del mattino alle 8 di sera, sinché si sono trovati davanti a un precipizio, o meglio, un ghiacciaio pieno di crepacci che occorreva aggirare - a 500 metri in linea d' aria dal rifugio d' arrivo - ma ormai erano bloccati dalla tempesta. Poi il buio. Erano così attrezzati che nessuno aveva una pila frontale. Erano così esperti che nessuno ha scavato una buca nella neve (una truna) per ripararsi dal vento gelido, così esperti da rimanere immobilizzati sopra una sella, sopravento.
FINE STAGIONE
«Questi incidenti capitano tipicamente a fine stagione», ci spiega una guida esperta, ma esperta davvero, «ossia quando tutti si sentono in maggior confidenza con l' ambiente e con se stessi, e allora capita che anche le guide facciano cose che a inizio stagione non avrebbero mai fatto».
tommaso piccioli
Per esempio: spingersi avanti alla cieca, da solo: facendo quello che a noi, signorini di città, sembra un altro errore scolastico. Così la guida è caduta ed è morta.
Anche sua moglie è morta più o meno nello stesso modo. Altri, a morire, hanno impiegato tutta la notte. Erano attrezzati, secondo il Collegio delle guide: sì, di maglina tecnica, con zainetti invisibili, senza indumenti o attrezzature d' emergenza, senza una lampada, ridotti all' ipotermia anche se la temperatura era fredda ma non eccezionalmente: i giornali hanno sparato cifre a caso, hanno scritto che alcuni dei morti erano "esperti del Cai", ma è come scrivere "esperto pilota" per uno che è iscritto all' Aci.
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Ma naturalmente noi, da qui, non possiamo saperne nulla. Non ne capiamo nulla. E giudichiamo. E magari sbagliamo. La notizia è questa: capita anche alle guide alpine.
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