Nadia Ferrigo per www.lastampa.it
La locandina del congresso dell’Associazione Luca Coscioni “Le libertà in persona” bloccata da Facebook
Ma che cosa vorrai mai dire Facebook quando per giustificare la censura del disegno di una donna vitruviana parla di «atteggiamenti sessualmente allusivi»? Vuol dire che l’algoritmo, piuttosto sciocco, non ha ancora imparato a distinguere la pornografia dall’arte. A raccontare una storia purtroppo già sentita questa volta è l’Associazione Luca Coscioni, che per promuovere il Congresso nazionale dedicato a “Le libertà in persona” ha scelto una “donna vitruviana” ispirata alla celebre opera di Leonardo Da Vinci. Disegnata, nuda, ma coperta nelle zone “sensibili” da alcune icone simbolo.
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Non è purtroppo una novità, i precedenti sono numerosi e illustri. Facebook ha rimosso l’immagine di una donna nuda di Gerhard Richter dalla pagina del museo parigino del Centre Pompidou, una fotografia della Sirenetta di Copenaghen, i nudi palermitani di Piazza Pretoria, il celebre dipinto di Gustave Courbet, “L’Origine du Monde”, che raffigura una vagina, la fotografia di Kim Phuc, simbolo della guerra in Vietnam.
Su Facebook come su Instagram la censura c’è, ma soprattutto quando non serve. Automatica e irrazionale. Stupida, perché alla nudità della donna associa sempre e comunque un contenuto «di natura sensibile». Un principio che se applicato con intelligenza, magari non artificiale, potrebbe essere anche utile. Ma resta una domanda. A quando una altrettanto severa disciplina sulle parole? Ce ne sono di inequivocabilmente tremende, non riportabili su un quotidiano, che corredano con puntualità le foto delle donne. Nude oppure no, purtroppo in questo caso non cambia nulla.
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