Sara Fischer e Scott Rosenberg per www.axios.com
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I 3 miliardi di utenti attivi mensili di Facebook, la sua montagna di soldi e il suo controllo sul flusso di informazioni mettono l'azienda sullo stesso livello dei governi di tutto il mondo, scontrandosi sempre di più con loro.
Ma perché il potere di Facebook allarma così tanto i governi? La preoccupazione è che il colosso della tecnologia possa possa incidere sulle dinamiche di politica dentro i confini dei vari Paesi, e infatti le autorità di regolamentazione di tutto il mondo stanno cercando vari modi per tenere a freno la potenza dell'azienda.
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Facebook mercoledì ha compiuto un passo senza precedenti, vietando ai militari del Myanmar, che hanno recentemente preso il potere con un colpo di stato, di utilizzare il social network.
La mossa segue anni di critiche sul fatto che il gigante del web non abbia fatto abbastanza per impedire ai militari di servirsi della sua piattaforma per promuovere il genocidio contro la minoranza musulmana Rohingya.
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Il divieto mette Facebook "dalla parte del movimento pro-democrazia del Myanmar", secondo il New York Times. In passato la società di Mark Zuckerbeg ha generalmente cercato di evitare di intervenire in politica in modi che facessero sembrare che si stesse schierando, abbracciando invece un'ampia difesa della libertà di espressione.
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In qualità di azienda a scopo di lucro con operazioni in tutto il mondo, Facebook si impegna anche a rispettare la legge in molte diverse forme di governo e sistemi legali. Questo a volte ha significato piegarsi alle pressioni politiche dei leader mondiali.
In Turchia, un nuovo rapporto rileva che i massimi dirigenti di Facebook hanno aderito a una richiesta del governo di bloccare la pagina di una milizia curda. A volte però il social sfida i governi quando non è soddisfatto delle loro azioni.
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Negli Stati Uniti, per esempio, il ban al presidente Donald Trump il mese scorso ha scatenato la protesta globale dei leader preoccupati che la mossa di Facebook minacci la libertà di parola e il loro stesso potere.
I conflitti di Facebook con i governi si estendono anche alla sfera degli affari, così come nel caso della sua recente battaglia con l'Australia tra editori e social per il pagamento dei contenuti.
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Hillary Clinton ha paragonato le trattative con Facebook a "negoziare con una potenza straniera", parlando lo scorso anno su The Atlantic.
Facebook parla dei suoi utenti come di una "comunità. Ma molti esperti ora sostengono che la piattaforma sia invece un campo di battaglia su cui forze in conflitto si contendono il potere di organizzare movimenti, prendere di mira le minoranze e imporre verità faziose.
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La storia recente è piena di esempi di leader che usano come arma la tecnologia dei social network per mantenere il controllo, in particolare nei paesi in cui la democrazia è sotto attacco, come le Filippine. Facebook però ha il potere di cambiare questa dinamica, come suggerisce la sua mossa in Myanmar.
zuckerberg come mao
Ma incontra dei limiti quando un governo decide di staccare semplicemente la spina dal social network o se Facebook stesso sceglie che non può operare secondo le regole di una nazione, come ha fatto in Cina.
Facebook preferirebbe non essere un attore sulla scena geopolitica, anche perché vede i conflitti con i governi come ostacoli alla crescita dei suoi affari e profitti.
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Si può vedere questa riluttanza nell'entusiasmo di Facebook di ricondurre i contenuti politici e la sua volontà di passare a terzi, in primo luogo, la sua nuova "Corte Suprema", come il Consiglio di sorveglianza, che presto si pronuncerà sulla censura a Trump.
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In conclusione: l'azione di Facebook in Myanmar mostra che l'azienda è disposta, a volte, a prendere una posizione forte contro un governo che sta danneggiando la sua stessa gente. Anche se non sappiamo ancora come il suo intervento cambierà la storia.