1- LE INVASIONI BARBERICHE
Massimo Gramellini per il “Corriere della Sera”
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Secondo il professor Barbero, illustre capofila mediatico del «pronunciamento» di oltre 350 accademici contro il green pass, Dante avrebbe messo i politici nel girone degli ipocriti. In effetti il certificato verde è anche uno strumento di pressione per imporre surrettiziamente l'obbligo del vaccino, perché ti rende la vita talmente difficile e piena di tamponi che alla lunga offrire il braccio alla puntura diventa la scelta più comoda.
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Quello che però il professor Barbero si dimentica di aggiungere è che in quel girone il governo farebbe fatica a trovare un posto libero: gli ultimi, Dante li avrà già sicuramente assegnati ai docenti universitari che se ne stavano muti finché il green pass colpiva i ristoratori, ma che si sono improvvisamente svegliati dal sonno degli indignati appena la tempesta ha investito la loro piccola corporazione.
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Almeno dagli intellettuali ci si aspetterebbe che reagissero ogni qual volta ritengono leso il Bene Comune e non solo quando il sopruso, vero o presunto, lambisce il loro «particulare». Che poi, a voler essere sofisti, nel ragionamento di Barbero c'è una forma di ipocrisia ancora più sottile.
Laddove dice che, se il vaccino fosse dichiaratamente obbligatorio, lui non avrebbe nulla da obiettare. Ma non sarà che lo dice proprio perché sa quanto sia difficile che il vaccino diventi obbligatorio? Altrimenti, se davvero non ha nulla da obiettare, perché non suggerisce ai suoi colleghi sulle barricate di vaccinarsi, così la finiamo qui?
2 - LA RIVOLTA DEGLI ACCADEMICI
Flavia Amabile per “La Stampa”
Dal primo settembre per frequentare le università italiane, sostenere gli esami e seguire le lezioni si deve essere in possesso del Green Pass. Tutti, studenti compresi, al contrario di quanto accade nelle scuole. E da alcuni giorni sta montando la protesta dei docenti che sta creando una seria frattura tra professori contrari e favorevoli all'obbligo di certificato.
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La scorsa settimana ha iniziato a circolare un appello contro il Green Pass per chiedere «libertà di scelta» e per affermare di considerare «ingiusta e illegittima la discriminazione introdotta ai danni di una minoranza, in quanto in contrasto con i dettami della Costituzione» e con quelli del Regolamento Ue 953/2021.
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Secondo i firmatari l'obbligo crea «cittadini di serie A, che continuano a godere dei propri diritti, e cittadini di serie B, che vedono invece compressi quei diritti fondamentali garantiti loro dalla Costituzione (eguaglianza, libertà personale, lavoro, studio, libertà di associazione, libertà di circolazione, libertà di opinione)».
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E ne chiedono l'abolizione mettendo in guardia dai fantasmi storici del passato perché si tratta di «una misura straordinaria, peraltro dai contorni applicativi tutt'altro che chiari, che, come tale, comporta rischi evidenti, soprattutto se dovesse essere prorogata oltre il 31 dicembre, facendo affiorare alla mente altri precedenti storici che mai avremmo voluto ripercorrere». Le firme sotto il documento sono lentamente aumentate.
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Si sono aggiunti Paolo Becchi, docente di Filosofia del Diritto a Genova e Andrea Zhok, docente di Filosofia alla Statale di Milano. Venerdì scorso anche Alessandro Barbero, docente ordinario di Storia Medievale all'Università del Piemonte Orientale, molto noto e molto amato per la sua capacità di raccontare la storia al grande pubblico, ha deciso di firmare l'appello.
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Durante un evento organizzato dalla Fiom Cgil di Firenze, lo storico ha sostenuto che l'obbligo di esibire un certificato di vaccinazione è la dimostrazione di una grande ipocrisia, perché le cose non vengono dette chiaramente. E ha proposto un parallelismo citando la Divina Commedia, ricordando che Dante avrebbe messo volentieri i suddetti politici nel girone degli ipocriti. L'intervento di Barbero e la sua firma sotto l'appello hanno fatto aumentare rapidamente le firme che nel giro di poche ore sono raddoppiate e hanno superato le 300 adesioni.
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«Bisogna pensare agli altri in questo momento e non a se stessi - è stata la risposta arrivata dalla ministra dell'Università Maria Cristina Messa -. Capisco che uno possa pensare che questa sia una lesione della propria libertà individuale, ma esiste una libertà collettiva che ha prevalenza».
La ministra però sa bene il peso - almeno in termini di dibattito - che la lettera può avere nel mondo universitario. Per ora i firmatari rappresentano circa lo 0,5% del totale dei docenti ma esiste un'iniziativa simile anche da parte di alcuni docenti campani e la protesta sta crescendo.
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Alcuni rettori, infatti, si sono rifiutati di commentare l'appello per non creare ulteriori spaccature tra i loro docenti. «Il mondo dell'università è quello dove la dialettica è forse al suo massimo - sostiene infatti la ministra - Gli studiosi sono persone, hanno le loro opinioni e convinzioni. Io li ascolto perché credo che serva sempre ascoltare ma poi bisogna tenere ferma la barra e andare avanti».
Oppure, come ha spiegato Gianmaria Ajani, ex rettore dell'Università di Torino e docente di Diritto privato comparato: «La libertà dei singoli non può essere tutelata quando si deve assicurare l'interesse pubblico. Sarebbe come dire che si discrimina un fumatore negandogli la possibilità di fumare in un locale pubblico. In questi casi, invece, si tutela la salute di tutti».
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O come sostiene Fabrizio Micari, rettore dell'Università di Palermo: «Il Green Pass è uno strumento di libertà e di rispetto degli altri, grazie al quale possiamo recuperare la libertà che da un anno e mezzo non abbiamo più. La storia dell'umanità è passata attraverso malattie gravissime, abbiamo l'obbligo di vaccino come condizione per permettere ai bambini di frequentare le scuole. La pandemia - conclude - è una situazione analoga».