Tommaso Lorenzini per “Libero Quotidiano”
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I riflessi della guerra in Ucraina hanno dato il fischio d'inizio ad una complessa partita negli uffici della Uefa a Nyon, dove si gioca su più livelli. Quello dell'immagine ha già visto mettere a segno un paio di punti: figuriamoci se l'organismo del calcio europeo non sta attento alla propria reputazione, a rischio di comparire un filino ipocrita.
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Assodato che la finale della Champions del 28 maggio è stata tolta a San Pietroburgo e consegnata a Parigi, e che le prossime partite programmate sul territorio russo, sia dei club nelle coppe sia delle Nazionali, saranno in campo neutro, adesso si apre il capitolo economico.
E SPUNTANO GLI ARABI
Sul tavolo del board Uefa, riunitosi d'urgenza venerdì e aggiornato alla prossima settimana per decisioni definitive, c'è la proposta di rompere il contratto con Gazprom, gigante energetico russo che dal 2012 sponsorizza la Uefa con circa 40 milioni di euro all'anno e che, lo scorso maggio, ha prolungato l'accordo fino al 2024.
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Un marchio ben noto agli appassionati della Champions che ne vedono sfilare gli spot prima e dopo ogni match, durante l'intervallo e sui tabelloni negli stadi.
Gazprom è stato già partner di Euro2020, sarebbe fra gli sponsor di Euro 2024 e uno dei finanziatori-chiave nella mossa anti Superlega varata dal presidente Uefa Aleksander Ceferin, cioè la nuova formula della Champions allargata e più ricca (5 miliardi di euro di valore) che prenderà il via dal 2024.
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Il team di legali Uefa è al lavoro per capire se e come recedere dall'accordo, ma è ironico osservare come Alexander Dyukov, capo della Gazprom Neft (filiale petrolifera di Gazprom) e presidente della federazione calcistica russa, sia un membro del comitato esecutivo della Uefa che dovrebbe comunicargli "grazie, i tuoi soldi ora ci fanno schifo".
Aleksander Ceferin
Certo si tratta della stessa Uefa che ha stretto accordi con società di criptovalute e che, assieme alla Fifa, sta spostando il proprio centro di gravità verso il mondo arabo e i petrodollari degli emiri (padroni dei club più chic come City, Psg e i neoarrivati sauditi al Newcastle) che però sfidiamo chiunque a ritenere sempre immacolati.
Intanto, però, la finale di Champions portata a Parigi somiglia a un regalino per Al-Khelaifi, proprietario del Psg, presidente dell'associazione europea dei club e nuovo sodale di Ceferin al posto di Andrea Agnelli dopo l'affaire Superlega.
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Al Khelaifi che è uomo di peso del fondo sovrano del Qatar, protagonista dell'assegnazione controversa del Mondiale 2022 per il quale, stando a un report del Guardian, sono morti oltre 6.500 operai asiatici per la costruzione delle strutture.
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Ma questo alle istituzioni del calcio non interessa. Anche perché c'è chi rammenta i documenti pubblicati nel 2018 nello scandalo Football Leaks secondo i quali la Uefa avrebbe aiutato proprio City e Psg ad aggirare le sanzioni del Fair Play finanziario e l'esclusione dalla Champions. Un do ut des che si muove sempre sulla linea del fuorigioco.
BLUES DA 2 MILIARDI
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Chi invece "lascia il campo", per scelta evidentemente non sua, è Roman Abramovich. Sbarcato nel football inglese nel 2003 con l'acquisto del Chelsea, il magnate russo da allora ha speso nel club (pagato circa 180 milioni di euro) circa 3 miliardi, vincendo fra le altre cose due Champions.
Il parlamento inglese l'ha bollato come uno dei 35 oligarchi decisivi per la rete mondiale di influenza e soft power di Putin, ha iniziato a far loro terra bruciata congelando beni e impendendone gli spostamenti sul suolo britannico.
E ieri Abramovich, con una laconica nota ha passato la proprietà del Chelsea (stimato in 2 miliardi di valore), alla Fondazione benefica dei Blues. Tutto da chiarire poi se, in caso di cessione, Roman intascherà i proventi o gli saranno congelati.
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Uno scossone a cui potrebbe seguire quello in chiave qualificazione ai Mondiali di Qatar. Svezia e Polonia, assieme alla Repubblica Ceca inseriti nel gironcino di playoff con la Russia, hanno annunciato che non giocheranno contro i russi perché non si dissociano dal proprio regime.
«È ora di agire», esclama il bomber del Bayern Lewandowski, seguito dal portiere della Juve Szczesny. «Mia moglie è nata in Ucraina, nelle vene di mio figlio scorre sangue ucraino. Non posso far finta di nulla». La soluzione del campo neutro potrebbe non bastare, ma il futuro è tutto da scrivere.
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