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    FANTASIA AL POTERE – GLI SCISSIONISTI DEL PD SI CHIAMERANNO “NUOVA SINISTRA”: SARANNO UNA QUARANTINA ALLA CAMERA ED UNA DOZZINA AL SENATO. QUANDO BASTA PER FARE UN GRUPPO (E PRENDERE I SOLDI DEL FINANZIAMENTO PUBBLICO)


     
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    Goffredo De Marchis per la Repubblica

     

    renzi emiliano orfini renzi emiliano orfini

    Nuova sinistra-diritti e lavoro. È uno dei possibili nomi per i gruppi parlamentari della scissione Pd. Sta scritto sui foglietti volanti della riunione che ha messo intorno al tavolo, ieri pomeriggio, alla fine dell’assemblea del Pd, Michele Emiliano, Roberto Speranza, Enrico Rossi in collegamento telefonico, Nico Stumpo, Francesco Boccia e Dario Ginefra. Riunione dove non era ancora chiaro l’approdo, soprattutto per il gruppo dei pugliesi, ma dove qualche conto sui numeri in Parlamento e qualche nome è stato fatto. Certificando che la fine del Pd come lo conosciamo è davvero dietro l’angolo. Questione di ore. E che almeno una parte degli scissionisti ha varcato il Rubicone.

    emiliano speranza rossi emiliano speranza rossi

     

    «Va mantenuto l’impianto di centrosinistra e ulivista», dice attorno a quel tavolo Speranza guardando ormai fuori dalla sua vecchia casa. Il nome potrebbe diventare anche Centro sinistra-diritti e lavoro. Ulivo no, perché c’è il copyright e perché è un’ispirazione ma non un marchio spendibile dieci anni dopo la caduta del Prodi 2. Comunque la traccia è quella, è quello il senso della storia.

     

    renzi e emiliano lottatori-di-fumo renzi e emiliano lottatori-di-fumo

    I numeri: alla Camera vengono dati per sicuri 22 deputati bersaniani in uscita. Si uniranno ai 16 che firmarono per la candidatura di Arturo Scotto alla segreteria di Sinistra italiana. Scotto si è poi legato al nuovo progetto Pisapia e unirà le forze con i fuoriusciti del Pd. Così si costituisce un gruppo di 38 deputati. Al Senato Scotto non ha truppe. Ma i bersaniani sono tra i 12 e i 15, sufficienti per formare un gruppo autonomo, avere un capogruppo, ottenere i finanziamenti destinati alle forze presenti alle Camere.

     

    nico stumpo nico stumpo

    I sondaggi, spiegano, faranno il resto. Con le elezioni politiche alle porte, se il dato di una nuova forza cresce, salirà anche l’attrazione. Perché aumenteranno i posti per essere eletti. Un ragionamento poco nobile ma che fanno anche nel Pd renziano, almeno a giudicare dal fuorionda di Graziano Delrio.

    dario ginefra e laura ravetto dario ginefra e laura ravetto

     

    Francesco Boccia Francesco Boccia

    Stumpo, da ieri, è incollato al telefono per capire la reazione dei territori dopo la sfida in assemblea. «Sto lavorando», è la sua risposta secca a chi lo cerca per un commento. Tutto è in movimento, i numeri sono ballerini. Molti dicono per difetto. L’onda dell’entusiasmo, della novità. Federico Fornaro, senatore bersaniano, fa una considerazione giusta: «La scissione è una cosa dolorosa. Io esco. Ma è difficile rispondere per gli altri. Lasciare un partito è una scelta troppo personale». Il gruppo scissionista del Senato è quello decisivo, può orientare le scelte del governo sulle misure che verranno prese per evitare il referendum sui voucher. “Diritti e lavoro” dice già come vorrà orientare il provvedimento dell’esecutivo su una parte del Jobs act.

     

    PIERLUIGI BERSANI MASSIMO DALEMA PIERLUIGI BERSANI MASSIMO DALEMA

    Le bocche sono cucite, nessun dato è ufficiale. Per due motivi. Primo, non bisogna dare credito alle accuse dei renziani di una scelta organizzata da tempo. Secondo, fino all’ultimo, giurano i dissidenti, è mancata una regia della scissione sperando nella pace. Ma numeri, organigrammi e nomi sono già negli ipad, nei whatsapp dei gruppi che nascono in questi momenti. Il leader naturale della nuova forza è Michele Emiliano. È una decisione condivisa anche da Bersani con il quale, confida il governatore, si è stabilito «un legame d’affetto».

    Davide Zoggia Davide Zoggia

     

    Ma Emiliano non è sicuro che un’offerta presentata da Bersani e Massimo D’Alema sia sicura al 100 per cento. Però alla casella “leader” il suo nome c’è. Il capogruppo al Senato potrebbe essere Doris Lo Moro, che i bersaniani avevano già candidato alla guida della prima commissione. Alla Camera sia Speranza sia Scotto hanno già fatto i presidenti dei loro gruppi. Passerebbero la mano ad Andrea Giorgis, costituzionalista.

     

    Le carte, i numeri, sono nelle mani di Stumpo e di Davide Zoggia, la filiera organizzativa del Pd di Bersani. Uno con la delega al centrosud, l’altro con la competenza del centronord. Già oggi Speranza vedrà Giuliano Pisapia a Venezia per trovare un terreno d’intesa. Scotto, dall’opposizione, entrerà in un gruppo pronto a votare la fiducia al governo Gentiloni, obiettivo 2018. «È questa la strada — ammette —. E saremo più di 16, vedrete». Il riferimento, dice, è a “Italia bene comune”, il nome della coalizione di Bersani alle elezioni del 2013.

    gentiloni renzi orfini gentiloni renzi orfini

     

    Si punta anche a un ricambio generazionale, malgrado la presenza dell’ex segretario Pd e di D’Alema. «Ma anche Renzi ha dovuto recuperare Veltroni e Fassino, mi pare», osserva un bersaniano. Si prepara una specie di cerchio magico composto dal nucleo della vecchia Sinistra giovanile, l’organizzazione studentesca dei Ds: Stumpo, Speranza, Scotto. Meno mediatici, ma non si sentono inferiori ai fedelissimi renziani che hanno guidato il Pd negli ultimi tre anni.

    federica mogherini federica mogherini

     

    Di quella nidiata e di quel gruppo di amici fraterni, che hanno diviso case da fuori sede, serate, viaggi e un pezzo di vita, facevano parte, tra gli altri, anche Vinicio Peluffo e Enzo Amendola. E l’alto rappresentate dell’Unione europea Federica Mogherini. Ognuno ha poi scelto il suo percorso. Ma il legame è rimasto.

     

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