Paolo Di Paolo per “la Repubblica”
GIOVANI FASCISTI ITALIANI
«Buon sabato fascista, camerati!». No, non è il 1937. È il 10 febbraio 2017, sono le due di notte e Roberto D. lancia il suo saluto alla comunità dei Giovani Fascisti Italiani. Quasi 70mila iscritti. L’ultimo video postato – un montaggio di discorsi di Mussolini – conta 48mila visualizzazioni, 1.067 condivisioni, più di 1.300 commenti: «Solo a guardarlo nei video emana un fascino incredibile, pensate vederlo e sentirlo dal vivo!» (Cristian B.), «Ti ringrazio per tutto quello che hai fatto per questa Italia. Se tu fossi qui ora! Onore a te Duce! A noi» (Luca C.).
«Mi dispiace per il modo in cui venne giustiziato, se questo non fosse avvenuto, forse ancora oggi sarebbe tra noi», scrivono insieme Cristian e Debora. Lui fa volontariato, condivide immagini di Padre Pio e di Putin. Ha vent’anni. Luca B., adolescente anche lui, tra moto e canzoni di Fedez, scrive: «Quel momento in cui la prof nomina il duce e stranamente si girano tutti verso di te». Sulla pagina dei Giovani Fascisti – bloccata due anni fa dopo un’inchiesta di Repubblica.it e poi riaperta – commenta con due parole una foto di Mussolini: «Onore sempre».
GIOVANI FASCISTI ITALIANI
Li abbiamo chiamati, per decenni, “nostalgici”. Impossibile, per anagrafe, che lo siano, eppure così si atteggiano i frequentatori di questi gruppi social, profili Instagram in cui, accanto a un Mussolini sorridente, si legge la seguente raccomandazione: «Ragazzi! Non sorridete, se non avete un sorriso come il suo».
Semplice goliardia? Da decenni, con sonnolenta e colpevole indifferenza, abbiamo smesso di preoccuparci. Lasciamo che a Genova – è successo l’altroieri – i militanti di un’ultradestra dichiaratamente razzista, antisemita, fascista fingano di radunarsi per un convegno. Lasciamo che a Predappio, la città natale di Mussolini, si svolgano ogni anno raduni commemorativi e messe in suffragio.
GIOVANI FASCISTI ITALIANI
Folklore inoffensivo? Nel forlivese c’è chi vorrebbe riaccendere il faro che veniva acceso quando Mussolini soggiornava in Romagna. Legittima promozione turistica? Lasciamo che esistano siti internet (mussolini.net, ilduce.net, ilventennio.it) da cui è possibile acquistare una scatola di “caffè nero del camerata”, adesivi, anelli, felpe con frasi e simboli fascisti; a cinque euro, anche un manganello.
«Bellissimo e massiccio busto di Mussolini di 35 centimetri in polvere di marmo», 60 euro. Eppure esistono una disposizione costituzionale e una legge del 1952 in tema di apologia di fascismo. La mancata onorificenza tedesca ai due agenti italiani che hanno ucciso l’attentatore di Berlino Anis Amri è stata motivata con la presenza di frasi e immagini neofasciste sui loro profili Facebook. E si tratta di due trentenni.
GIOVANI FASCISTI ITALIANI
Mentre negli Stati Uniti – come raccontava ieri su questo giornale Federico Rampini – la galassia dei conservatori si stringe intorno a Steve Bannon nel segno di Julius Evola, D’Annunzio e Mussolini, noi lasciamo che pagine come “Vessilli Neri” rispolverino manifesti autarchici in chiave xenofoba, che 43mila “Fascisti uniti per l’Italia” discutano di come mettere tutti gli extracomunitari «contro un muro e giù una raffica di mitra come ai vecchi tempi».
giovani fascisti italiani pagina facebook
E a proposito della contro-manifestazione antifascista di sabato a Genova, sulla pagina Facebook di Forza Nuova senza perifrasi si invita a bastonare tutti «come al G8». È lo stesso luogo “virtuale” in cui si scambiano pareri su come cominciare a combattere concretamente la guerra contro gli stranieri «stupratori» e contro i «profughi gay»: «legnate sui denti», evirazioni e gas.
MUSSOLINI
Abituati a non stupirci più dell’alta marea di violenza e volgarità che inonda i social, rischiamo di lasciare senza argini un contagio pericoloso. Un misto di ignoranza abissale, grettezza, aggressività si autolegittima come “opinione politica”, approfittando anche del nostro silenzio. Ci fa sorridere che un liceale inneggi a Mussolini? Bene: siamo forse più colpevoli di lui. E a furia di liquidare il politicamente corretto per non apparire retorici e buonisti, abbiamo lasciato crescere una folla di “nostalgici” fuori tempo massimo, cultori di un passato riscritto e propagandato a uso della propria stessa demenza.