Cioè, Fedez scrive “fate cagare” e lui lo promuove a interlocutore. Un mondo fantastico. pic.twitter.com/vPpAZg3peL
— Selvaggia Lucarelli (@stanzaselvaggia) September 22, 2021
selvaggia lucarelli
"Caro Fedez, sono pienamente d'accordo con voi". Giuseppe Conte ha risposto così a un post polemico pubblicato dal rapper milanese qualche ora fa. Il cantante, infatti, si è lamentato del fatto che nei giorni scorsi il leader del Movimento 5 Stelle, in giro per l’Italia in vista delle amministrative, abbia spinto centinaia di persone ad ammassarsi, senza distanziamento, per ascoltarlo. Il tutto mentre cinema, teatri e concerti devono attenersi ancora a delle regole anti-Covid molto rigide.
L'ex premier sembra aver accolto in maniera positiva il rimprovero arrivato da Fedez e da tutto il mondo dello spettacolo. Una reazione pacata che Selvaggia Lucarelli non è riuscita a comprendere. E infatti ha stuzzicato Conte su Twitter: "Cioè, Fedez scrive 'fate cag***' e lui lo promuove a interlocutore. Un mondo fantastico". Con molti dei suoi seguaci che hanno condiviso al 100 per cento. Uno ha scritto: "Un mondo dove il disagio domina". Un altro invece: "Anche lui per un voto si vende facile".
GIUSEPPE CONTE CHIAMA FEDEZ - BY OSHO
NON SONO SOLO CANZONETTE
Annalisa Cuzzocrea per "la Repubblica"
C'è stato un tempo, era il 2007, in cui i cantautori italiani si dividevano sulle primarie del Pd: Francesco De Gregori tifava per Rosy Bindi, Antonello Venditti per Walter Veltroni. A Enrico Letta, restava il sostegno di Franco Califano. Non sono mai stati lontani, cantanti e politici. Il rapporto è storicamente fecondo, non privo di incursioni nei rispettivi campi: per dire dei più noti, Iva Zanicchi europarlamentare di Forza Italia, Marcella Bella candidata per An, Gino Paoli deputato del Pci poi Pds, Silvio Berlusconi "artista da pianobar" sulle navi da crociera.
conte folla ai comizi
E poi le canzoni, usate come inni: "Alzati che si sta alzando/la canzone popolare" chiude ancora mille comizi di centrosinistra, così come "Mi fido di te" apriva quelli di Veltroni segretario dem nella sua corsa alle politiche. E insomma, c'era chi si ribellava: "Gli impresari di partito/mi hanno fatto un altro invito/e hanno detto che finisce male/se non vado pure io/al raduno generale/della grande festa nazionale", ma poi pure Edoardo Bennato era andato a chiudere la kermesse dei 5 Stelle a Roma e quindi erano solo canzonette, tutto andava per il meglio. Qualcosa è cambiato, nell'era del Covid e dei social. Perché mai come adesso politici e cantanti sembrano occupare lo stesso campo.
CONTE
Giuseppe Conte pubblica i video che mostrano gli assembramenti ai suoi comizi. Ermal Meta e Fedez insorgono contro i politici che non hanno rispetto di un mondo dello spettacolo fermo da troppo tempo e in profonda crisi (che è anche crisi economica delle sue maestranze). Il leader M5S risponde con un altro video: «Avete ragione, ripartiamo insieme».
E certo, dietro ci sono un Parlamento e un governo che promettono un allargamento delle maglie già dal primo o dal 15 ottobre (perché i ristoranti e i treni sono pieni senza distanziamento, le sale da concerto, i teatri, i cinema, ancora no), eppure - mai come adesso - i due mondi che si fiancheggiavano restando però su piani diversi appaiono al centro dello stesso agone.
fedez chiara ferragni
Che è lo spazio mediatico dei social dove i cantanti-infuencer fanno politica (sempre Fedez, primo maggio, legge Zan, presunta censura Rai) e i politici fanno gli influencer. O sembrano agire come tali, ossessionati dai loro social, dai like sotto ai post, dalle macchine che mettono in moto per spingere hashtag compiacenti. Dice Sergio Staino, che di cantanti vicini ai partiti ne ha conosciuti: «Siamo schiavi del populismo quindi ben vengano Fedez e gli altri. Se il politico è il populista, lo può fare pure il cantante». Viviamo - sostiene il padre di Bobo con un po' di scoramento - una politica fatta «per accontentare l'emozione passeggera delle persone, dove si fa la standing ovation a Conte alla festa dell'Unità senza neanche ascoltare quel che ha da dire».
Giovanni Orsina, storico e politologo, aggiunge che con l'avvento del governo Draghi, indaffarato a fare quel che serve, c'è ancora di più «una separazione tra le cose che contano e la politica-palcoscenico».
fedez chiara ferragni.
È una definizione antica e abusata, quella di politica spettacolo: «Potremmo interpretarla - spiega Orsina - seguendo Heidegger e dicendo che la rappresentazione si è mangiata la realtà». E non è che sia cosa nuova: «La politica ha sempre tenuto insieme due componenti: la lotta nella sfera pubblica, nell'agone, che è appunto rappresentazione. E poi il concetto di governo, il potere di incidere sulla vita delle persone e insieme le ideologie, le narrazioni, le strutture».
È come se la seconda componente si stesse sempre più affievolendo, lasciando sul palco l'altra a rivaleggiare con i suoi pari: «Non è più la politica a usare l'uomo di spettacolo per avvicinarsi al popolo, ai suoi gusti, alle sue passioni, ma è l'uomo di spettacolo che si percepisce allo stesso livello del politico». Se questo sia un fatto nuovo o l'ultima propaggine di un percorso cominciato tanto tempo fa non è semplice da capire. Ma a giudicare dalle parole volate finora (da «Vergognatevi » a «Fate cagare») lo scontro pare appena cominciato.
GIOVANNI ORSINA ERMAL META