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    LA BORGHESIA SI TRASFORMA MA NON CAMBIA – FELTRI IN LODE DEL LIBRO DI LAURA LAURENZI SUGLI ANNI DELLA DOLCE VITA: “UN RACCONTO DELICATO E APPASSIONATO CHE MI HA RICONCILIATO CON LA "ALTRA" BORGHESIA RADUNATA NEI PRESSI DEL COLOSSEO - E POI IL '68 CUI LAURA PARTECIPA CON PENSIERI PIU' ORMONALI CHE POLITICI, PREOCCUPATA DI FAR LA CORTE A UN BELLO E TENEBROSO LEADERINO ANARCHICO..."


     
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    Vittorio Feltri per “Libero quotidiano”

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    Ci sono molti modi di parlare di un certo libro che ha trovato un posto nella nostra anima, facendoci addirittura accorgere che essa, dico l' anima, esiste. Quello migliore è di stare zitti, conservarlo dentro di sé come un segreto, un profumo che a dischiuderlo se ne va. Non è egoismo, bensì precauzione esistenziale: dilapidare i tesori intimi è più facile di quelli in contanti.

     

    Il romanzo-saggio di Laura Laurenzi La madre americana (Solferino, pagine 262, 18,00), è uno di questi rari volumi da tenere in uno scaffale interiore. Splendido documento letterario e storico, ma anche diario intimo, atto d' amore per la madre Elma, e - più ombreggiato - per il padre Carlo.

     

    Desideravo riposasse da qualche parte nella mia mente, per timore che l' essenza che vi ha depositato svanisse come accade nella famosa scena del film Roma di Fellini, quando un meraviglioso affresco del tempo di Roma imperiale, scoperto scavando la metropolitana, si polverizza in un battito di ciglia, si fa cenere a contatto con la luce. Qui a essere ritratta sulle pagine quasi fossero pareti di una grande casa, è la vita di Roma e dell' Italia nel periodo che va dal 1952 alla fine degli anni 60. È esattamente il tempo che Laura vive con la mamma, portata via da un tumore quando Elma aveva 50 anni e lei 17.

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    Le vicende familiari ambientate in un appartamento ai Parioli, a un passo da Via Veneto, si intrecciano, si sommano, si separano, si confondono con quella Dolce vita. Noi dei borghi brumosi della Val Padana e, immagino, allo stesso modo, la cosa valga per gli abitanti delle cittadine del Mezzogiorno, di tutto questo abbiamo avuto conoscenza in virtù delle pellicole, e oggi tornano mediante le interviste di antichi paparazzi, che inseguivano Liz Taylor, prendendo cazzotti da Tyrone Power. Oppure - i giornalisti! - dal libro di Eugenio Scalfari La sera andavamo in Via Veneto, dove invece è riprodotto il milieu intellettuale e finanziario di sinistra che, grazie alla sua cultura esibita in vassoi d' argento come fosse caviale, ha sempre tenuto per le orecchie l' Italia e specialmente la piccola borghesia.

     

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    LINFA VITALE Piccola dal punto di vista della sociologia, eppure vera linfa della ricostruzione e del boom, che nelle botteghe artigiane, e nelle fabbrichette, in unità d' intenti con un certo ceto operaio, cercava e produceva benessere anche per i signori della dolce vita. Il pallino dei sentimenti da esportazione l' avevano sul Tevere. Noi producevamo in quegli anni film come Il posto o L' Albero degli zoccoli intrisi della poesia bergamasca di Ermanno Olmi: la nostra dolce vitaccia; loro avevano Fellini, Antonioni, De Sica e Scola venuti da fuori ma fusi in quella borghesia della Città Eterna che era un' altra cosa, un mondo diverso, un altro senso della vita, salotti, cene. Due universi. Quello di Roma, e quello che aveva per capitale morale Milano. Dico tutto questo senza alcuna invidia, senso di inferiorità o di superiorità. Diciamo che finora avevo vissuto questa alterità come irrecuperabile, da contemplare, ma in fondo sapendola reciprocamente impenetrabile.

     

    (Parlo di me, lombardo; tuttavia credo che questo esercizio possa essere fatto anche da Palermo, Bari, Napoli o Roccacannuccia). Ed ecco, il racconto delicato e appassionato di Laura Laurenzi mi ha riconciliato in profondità con la "altra" borghesia radunata nei pressi del Colosseo.

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    Il racconto ha pagine struggenti, intrise di sofferenze grandi e gioie minime e perciò più preziose, si respira un mondo perduto, in cui ci sono le premonizioni del suo dissolversi come in certe atmosfere del Giardino dei Finzi-Contini di Vittorio De Sica, tratto dal romanzo di Giorgio Bassani (frequentava casa Laurenzi).

     

    L' AMERICANA Elma, la madre, è una italo-americana. La sua famiglia è di origini romagnole, ed è rappresentata dalla adorata nonna Cia (che viene da Lucia). Laura è orgogliosissima della mamma, detta la "Americana" nell' ufficio dove lavorava. Era arrivata in Italia con la divisa da ufficiale dell' esercito statunitense, ed ebbe l' incarico di responsabile del Foster Parents Plan, grazie a cui, con i fondi della tanto vituperata America, lei, Elma, strapperà dalla miseria 11.385 bambini italiani. Da quell' appartamento dei quartieri bene anzi benissimo, questa giovane signora, partiva di corsa per conoscere a uno a uno i piccini destinati a essere adottati a distanza, e curati, fatti studiare con un assegno mensile di ottomila lire - la paga settimanale di un operaio - da famiglie d' Oltreoceano. Gary Cooper e altri attori famosi andavano con Elma in Lucania, per conoscere i fanciulli poi ospitati su sommergibili, festeggiati dai marinai.

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    Questi fatti aprono spazi di riflessione e di fantasia in Laura, figlia di Carlo, famoso giornalista e scrittore. Il quale è stato una penna straordinaria: asciutta, pulita, colta, distaccata, ironica e aspra.

     

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    Capace di costruire un elzeviro sulla base di un aggettivo propostogli da Indro Montanelli, con cui fondò "Il Giornale", e che lo chiamava "Petrus", perché è come «l' amarissimo che fa benissimo». Un letterato che ragionava in latino, parlava in rima per esercitare Laura a cercare il termine giusto senza pressappochismi, e non esternava affetti con baci e altre sciocchezze popolane, sempre in giro per il mondo, abbandonato da un padre cattivo, e perciò con un fondo eterno di tristezza.

     

    Come Seneca sentendo prossima la fine, 84enne, soffiò alla figlia queste due parole: «Ruit hora», il tempo corre, precipita, rovina come una valanga. Si muore. Muore nel libro. Ma lui, Elma e Laura mi hanno consentito di vivere dal di dentro i sentimenti niente affatto scialbi o banali di questa famiglia della alta borghesia intellettuale. Una casa da cui transitava Eugenio Montale e il massimo francesista italiano, Giovanni Macchia, e tanti, proprio tanti altri nomi da enciclopedia Treccani. Ecco il '68, cui Laura partecipa, con la mamma americana che le pone limiti di orari e di vestiario, con pensieri più ormonali che politici, più preoccupata di far la corte a un bello e tenebroso leaderino anarchico che non urlare «Padroni-borghesi-ancora-pochi-mesi!», ammirata per la bellezza della brigatista Adriana Faranda, fotografata «con le ciliegie alle orecchie».

     

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    LE COSE CHE CONTANO Non fu «geometrica potenza» come scrisse Oreste Scalzone estasiato, ma orrendo odore del sangue, piedi di poveri carabinieri che i fogli di giornale non riuscivano a coprire. Laura rievoca - balzando oltre gli anni che sono tema del libro - come fu travolta, e fu travolta la dolce vita e la presunta poeticità della rivolta studentesca, in via Fani quel 16 marzo, dove arrivò prima di tutti i giornalisti, da giovane cronista del "Giorno". Però a me piace l' Americana.

     

    Laura ce ne fa innamorare, con i suoi modi di educare brutali, da popolo giovane, inviandola non ancora adolescente in campeggi estivi ma gelidi sui monti Appalachi, a patire pioggia e abbandono tra i virgulti delle grandi famiglie di New York. E la sua saggezza che le faceva citare Benjamin Disraeli, il premier britannico liberale della seconda metà dell' Ottocento: «Never complain, never explain», mai lamentarsi, mai spiegare. Ci sono gesti, sguardi che a spiegarli si perde qualcosa di essenziale. Da qui la mia ritrosia a scriverne. Mi rendo conto però che non ho il diritto di negare alla mia gente, che siete voi che mi leggete, il suggerimento di fare la mia stessa esperienza di lettore.

     

    Quando ho chiuso il libro e l' ho appoggiato sul comodino mi sono reso conto di aver fatto un viaggio in un altrove, che mi ha fatto rivivere il mio essere stato bambino in tutt' altri ambienti. Ma alla fine le due o tre cose che contano sono quelle lì, le sciuperei definendole. Laura, con la sua scrittura, ce le resuscita.

    laura laurenzi enzo bettiza laura laurenzi enzo bettiza Gloria Satta e Laura Laurenzi Gloria Satta e Laura Laurenzi

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