MONTANELLI BERLUSCONI
Vittorio Feltri per “Libero Quotidiano”
Ieri, 22 luglio 2016, ricorreva il quindicesimo anniversario della morte di Indro Montanelli, il giornalista più amato dalla metà degli italiani e il più odiato dall' altra metà. Spirò alla non tenera età di 92 anni, ma sarebbe campato ancora a lungo se avesse accettato di farsi operare alla prostata.
Non so perché avesse rifiutato l' intervento chirurgico, suppongo che ne avesse piene le balle di stare fra noi. Fosse così, non saprei dargli torto. La sua vita non solo professionale è stata raccontata da molti e in tutte le salse, un po' anche da me, perciò evito di aggiungere parole a parole già spese su di lui nel male e soprattutto nel bene.
Voglio solo ricordare che Montanelli è stato odiato ferocemente dalla sinistra, non solo dopo che aveva fondato «il Giornale» in contrasto con la mentalità pseudo rivoluzionaria imperante negli anni sessanta-settanta, ma anche prima, quando i suoi articoli erano giudicati superati anche dalla borghesia, lombarda in particolare.
vittorio feltri
Allorché egli abbandonò il «Corriere», nel 1974, per tenere a battesimo la sua nuova creatura cartacea, l' antipatia nei suoi confronti crebbe a dismisura. Per dirne una, Fortebraccio, corsivista principe de «l' Unità», scrisse sulla prima pagina che Indro rivolgeva la sua prosa alle portinaie, come se costoro appartenessero a una razza inferiore. L' intento del commentatore in ogni caso non era quello di offendere le addette alla guardiola dei condomini, ma di scorticare Montanelli.
Il quale non essendo allineato alla moda dettata dai giovani in eskimo era considerato un vecchio rimbambito rimasto legato a modelli culturali sorpassati, indegni di essere presi sul serio in un momento in cui i comunisti e affini erano lanciati alla conquista del potere.
Passò qualche lustro, le Brigate rosse furono debellate, Enrico Berlinguer si inventò l' eurocomunismo - che neanche lui riuscì a spiegare in che cosa consistesse - e in sostanza la sinistra perse la capacità di suggestionare gli italiani. Montanelli aveva vinto la propria battaglia anche se nessuno, sottolineo nessuno, gliene riconobbe il merito. Peccato che al suo successo politico non corrispose un altrettanto importante successo editoriale. Infatti, «il Giornale» anziché aumentare le vendite in edicola le diminuì di parecchio.
FELTRI MONTANELLI BERLUSCONI
Il dettaglio non disturbò in apparenza il direttore che amava ripetere un concetto a cui fingeva di credere: un quotidiano d' opinione non deve contare le copie bensì pesarle. Errore. Grave errore.
Perché un giornale e una latteria sono uguali: se non incassano, muoiono. «Il Giornale» non perì soltanto perché Silvio Berlusconi ripianava sistematicamente i buchi di bilancio. Bontà sua. Quando poi l' editore di Arcore decise di buttarsi in politica, e di sfruttare il proprio foglio a vantaggio della bottega di Forza Italia, Indro si spaventò all' idea di diventare un giocatore della squadra del Biscione e si dimise dalla direzione, non mancando successivamente di insultare il Cavaliere che a suo parere gli aveva tolto il giocattolo.
MONTANELLI
A questo punto, gli ex nemici giurati del vecchio fuoriclasse della penna smisero d' incanto di disprezzarlo e cominciarono a lodarlo, trasformandolo da bersaglio delle loro ire a una sorta di bandiera progressista. Perché? Semplice. All' epoca chiunque fosse avversario di Berlusconi veniva iscritto d' ufficio nell' elenco dei buoni e, automaticamente, cancellato da quello dei cattivi.
Ecco perché Indro, vissuto per oltre mezzo secolo quale personaggio da combattere, all' improvviso è stato reputato da chi lo detestava un' icona adorabile e meritevole di entrare nel pantheon dei progressisti. Ciò detto, Montanelli rimane un gigante del Novecento, un giornalista e un letterato di bravura impareggiabile a cui nessuno di noi scribi può accostarsi.
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