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    FIATO AI TRUMPONI: IL RUSSIAGATE ALLA GRICIA SI È TRASFORMATO IN UN BOOMERANG. DA ARMA A SORPRESA PER TORNARE A PALAZZO CHIGI ORA È UNA TRAPPOLA PER IL PREMIER. PROPRIO QUELLO CHE SERVIVA A RENZI E DI MAIO PER RIMETTERE AL SUO POSTO IL CONTE CHE SI CREDEVA RE - IL QUIRINALE MOLTO IRRITATO PER IL TENTATIVO DI COINVOLGERE MATTARELLA, DANDO L'IDEA CHE FOSSE INFORMATO DI TUTTA LA FACCENDA


     
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    Claudio Tito per “la Repubblica

    GIUSEPPE CONTE E DONALD TRUMP GIUSEPPE CONTE E DONALD TRUMP

     

     Il capitolo italiano del Russiagate si sta lentamente ma progressivamente trasformando in un boomerang. Da arma a sorpresa per Palazzo Chigi è andata via via mutando in una trappola. E quello che doveva essere il primo alleato - ossia Donald Trump - in un "amico" piuttosto irritato.

     

    La vicenda che sta coinvolgendo il governo del nostro Paese presenta infatti, giorno dopo giorno, degli elementi nuovi. Dei piccoli fari che illuminano tessere ulteriori di un puzzle che ancora si deve completare.

     

    Come già scritto da questo giornale il cuore della vicenda si svolge a Roma lo scorso Ferragosto. Con un incontro "irrituale" tra una autorità politica statunitense, il ministro della Giustizia Barr, e non un omologo italiano, ma i vertici dei nostri servizi segreti. La mossa americana, però, non era la prima in ordine di tempo. L' Amministrazione Usa aveva già contatto altri due "alleati", entrambi di lingua inglese.

     

    Per provare a coinvolgerli nel dossier che più di tutti preoccupa la Casa Bianca: il tentativo di capovolgere il senso e il significato del rapporto Mueller e il filo che lega il presidente americano a Mosca nello scontro di tre anni fa con Hillary Clinton.

    Nel terzo tentativo, gli emissari di Trump trovano una sponda più disponibile. Il contesto politico di quei giorni, del resto, rende di fatto più "reattivo" l' esecutivo di Roma.

    giuseppe conte gennaro vecchione giuseppe conte gennaro vecchione

     

    Perché? Il 15 agosto la crisi di governo era già aperta. Salvini aveva sfiduciato Conte. Il premier si trovava improvvisamente in una situazione imprevista. A Ferragosto la strada che conduceva alla formazione del Conte 2 era ancora piuttosto nebulosa. Anzi, remota. L' ipotesi più concreta erano le elezioni anticipate. Il nemico rimaneva quindi il centrosinistra, il Pd e gli ex presidenti del consiglio Renzi e Gentiloni.

     

    Per il Conte 1 non sarebbe stato un problema aprire una ulteriore breccia con quelli che in Usa vengono definiti "premier socialisti". E allora se l'"alleato" di Washington avesse chiesto un aiuto per capire se ci fosse stato davvero un complotto contro Trump, nessun ostacolo politico avrebbe impedito di rispondere positivamente alla verifica. Anche perché esiste un principio che normalmente viene rispettato: quando un paese alleato chiede collaborazione, la risposta non può che essere accolta. Ed è esattamente l' argomento utilizzato dalle autorità italiane. Ovviamente a meno che l' istanza invocata non coinvolga il Paese stesso o non produca illeciti che dovrebbero essere denunciati all' autorità giudiziaria.

    mike pompeo e giuseppe conte 1 mike pompeo e giuseppe conte 1

     

    Il faccia a faccia del 15 agosto tra Barr e il direttore del Dis Vecchione si è dunque svolto lungo queste direttrici. E soprattutto con una sensibilità senza vincoli "politici" da parte italiana. Del resto, soprattutto in caso di voto anticipato, poter contare sull' endorsement della Casa Bianca, da noi è sempre stato utile.

    Il meccanismo, però, si inceppa due settimane dopo. L' imprevedibile, infatti, stava diventando realtà.

     

    L' alleanza tra M5S e Pd era in procinto di dar vita al Conte 2. I Democratici non erano più i nemici, ma gli amici. Correre anche solo il rischio di compromettere il rapporto con Renzi, Gentiloni, Minniti e Zingaretti equivaleva a minare le fondamenta del nascente esecutivo giallo-rosso.

     

    A quel punto la disponibilità diventa un ritroso imbarazzo. Le richieste avanzate a ferragosto si rivelano delle pietre di inciampo. Le promesse delle mezze promesse.

    La Casa Bianca sembra non gradire. Conte ne riceve un primo segnale a fine settembre, nel corso dell' Assemblea generale dell' Onu. Il premier si aspettava un faccia a faccia con Trump, ma ottiene solo una fuggevole stretta di mano.

     

    MATTARELLA TRUMP MATTARELLA TRUMP

    Il nervosismo allora inizia a crescere a Palazzo Chigi. Il capo del governo vuole chiudere la vicenda il più rapidamente possibile. Si dichiara pronto a riferire in tempi brevi al Copasir - il comitato parlamentare che vigilia sugli 007 e che da mercoledì è presieduto da un esponente della Lega che con Salvini non è certo tenera su questi avvenimenti - proprio per gettare acqua su un caso che assomiglia sempre più a una graticola. Non è un caso che ieri lo stesso Conte abbiamo telefonato a Gentiloni.

     

     Una chiamata che sa di "chiarimento". Sia i vertici governativi, sia quelli della nostra Intelligence, infatti, continuano a spiegare che non ci sono "atti" formali di risposta alle richieste americane. Aisi e Aise hanno ricevuto, con note ufficiali, l' indicazione del sovraordinato Dis di verificare. Ma il passo successivo non ci sarebbe stato.

     

    Sulla testa della presidenza del Consiglio, però, aleggiano i possibili documenti stesi da Barr. Da giorni il timore principale si concentra sulla eventualità che due importanti giornali americani, Washington Post e New York Times, pubblichino nell' ambito del feroce scontro sul possibile impeachment di Trump, proprio il report del ministro della Giustizia. Una "carta" che non si trova sotto il controllo delle autorità italiane e nella quale potrebbero essere sintetizzati i contenuti degli incontri romani dello scorso agosto.

     

    donald trump william barr donald trump william barr

    In quel caso l' aspetto più interessante sarebbero le risposte italiane - se date - più che le domande statunitensi. Così come l' atteggiamento tenuto dal Direttore Dis, in quel caso una sorta di autorità delegata dalla presidenza del Consiglio.

     

    Nel recinto nostrano, Palazzo Chigi ha dunque il problema di rassicurare il Pd e quello di non tirare per la giacca il Quirinale. Il Colle infatti l' altro ieri non ha nascosto il suo fastidio per il tentativo di coinvolgere il capo dello Stato veicolando l' idea che sarebbe stato informato della vicenda. Soprattutto alla viglia del viaggio in Usa di Mattarella. Durante il quale non intende discutere questo caso trattandosi di materia di stretta pertinenza governativa.

     

    E quando le ceneri si saranno posate difficilmente sarà evitabile una valutazione sugli attuali assetti dei Servizi e sulla delega che al momento Conte si è tenuto.

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