Giovanna Vitale per “la Repubblica”
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Rifiutarsi se in studio ci sono propagandisti russi. Per adesso è solo un germoglio, il classico granellino nella macchina infernale dei talk a caccia di chi la spara più grossa sulla guerra in Ucraina. Una inedita forma di disobbedienza civile: destinata però - se dovesse far scuola - a mettere in crisi il circo Barnum di strateghi e opinionisti sponsorizzati da Putin, diventati ormai padroni assoluti dei palinsesti tv. L'hanno inaugurata tre ricercatori specializzati in geopolitica.
E, nel suo piccolo, pure il Pd, che dopo il comiziaccio di Lavrov su Rete4 ha suggerito ai suoi parlamentari di disertare le trasmissioni che offrono la ribalta a politici e giornalisti colpiti dalle sanzioni Ue. «Stasera (ieri, ndr) io, Nona Mikelidze e Nathalie Tocci non saremo in tv. Ci hanno invitato ma abbiamo declinato », ha annunciato su Twitter Andrea Gilli, docente al Defence College, l'università della Nato, fra i più gettonati esperti del settore. «Il problema è Nadana Fridrikson, "giornalista" della tv del ministero della Difesa russo», spiega il professore, dando un nome e cognome al rifiuto opposto a Giovanni Floris.
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Gilli ci ha riflettuto molto: d'ora in poi, se scorrendo la lista degli ospiti ne scorgerà qualcuno riconducibile al regime di Mosca, lui si sottrarrà. Perché «ci si può confrontare sulle opinioni, sulle interpretazioni e sulle soluzioni: non con chi diffonde dati falsi preparati direttamente dall'ufficio propaganda del Cremlino. È anche una questione di rispetto verso giornalisti, ricercatori e docenti russi che rischiano il carcere per semplice dissenso».
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Concorda Nathalie Tocci, che dopo aver firmato per quattro puntate a Piazza Pulita , ha deciso di sfilarsi. «Stiamo scivolando verso una deriva pericolosa, che conduce dritto alla disinformazione», osserva la direttrice dell'Istituto Affari Internazionali di Roma. «Mettere sullo stesso piano il vero e il falso insinua il dubbio nel vero e il falso nel vero». Perciò, di condividere la scena con chi distorce i fatti e li piega al verbo di Putin, lei non ha più voglia. E non le venissero a parlare di share: «Io credo che dietro alcune scelte si nasconda piuttosto il lento lavoro di influenza della Russia. C'è qualcosa di bizzarro nel fatto che tutto d'un tratto siano emersi "esperti", come Orsini, mai visti né sentiti prima».
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È lo stesso sospetto che agita Nona Mikelidze, ricercatrice georgiana allo Iai. «Tutti si lamentano che i media italiani appoggiano troppo il mainstream occidentale, mentre se guardi la tv ti accorgi che ci vanno soprattutto quelli che dicono: "È vero, Putin è un aggressore, ma" e quel "ma" serve per propinare la visione del Cremlino. A me è capitato tante volte. Anche a causa dei ritmi televisivi, non si riesce mai ad approfondire, tutto resta in superficie.
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Specie con i propagandisti, tu devi fare il fact checker. Danno notizie false, citano eventi inesistenti e io, anziché dire ciò che penso, passo il tempo a smontare i fake che ho sentito e poi non resta spazio per affrontare le problematiche della guerra, discutere delle soluzioni. Per il pubblico che non ha dimestichezza con la politica dell'Est, la mia risulta una opinione come un'altra».
Il falso che si mescola al vero. E nella notte dei talk tutto sembra uguale. Perciò è ora di disobbedire.
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