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Il gigante americano Pizza Hut ha presentato istanza di fallimento assieme alla catena di ristoranti Wendy’s. A pesare sui conti delle due catene di proprietà di Npc International, che danno lavoro a più di 40 mila persone, è la crisi legata al coronavirus e un debito di quasi un miliardo di dollari. Npc è la società che gestisce in franchising il maggior numero di punti vendita di Pizza Hut.
I debiti di Pizza Hut
La mole di debiti di Pizza Hut ammonta a 900 milioni di dollari. Un parziale accordo con i creditori è già stato sottoscritto: questo dovrebbe scongiurare la chiusura dei fast food con il celebre marchio ma sarà necessario il subentro di altri gestori. Il primo ristorante della catena aveva aperto i battenti nel 1962 e attualmente quelli funzionanti sono oltre 1.200.
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La storia di Pizza Hut: emblema della vita «unboxed»
Pizza Hut, il «tempio della pizza italiana» (anche se declinato al gusto yankee) aveva fatto della vita «unboxed», non inscatolata, il proprio slogan: non scegliete noi solo per la pizza, diceva uno dei primi claim della catena di pizzerie «espresso», ma per il nostro modo di essere, perché «noi rendiamo felici le persone».
Adesso, dopo più di sessant’anni e ristoranti aperti in cento Paesi, il gigante Pizza Hut chiude la saracinesca: la catena americana ha dichiarato bancarotta, messa in ginocchio dai debiti e stesa in modo definitivo dalla crisi legata alla pandemia da coronavirus. Con Pizza Hut chiuderà anche l’altra catena di ristoranti del gruppo, Wendy’s.
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Pizza Hut: il sogno dei fratelli Carney
È la fine di un’altra storia da sogno americano, cominciata nel ‘58 quando i due fratelli Carney, Dan e Frank, si fecero prestare dalla madre 600 dollari per aprire un piccola rivendita a Wichita, Kansas, dove far gustare agli studenti il prodotto italiano più famoso al mondo: la pizza. Dan e Frank impararono in fretta: un anno dopo avevano aperto già il secondo ristorante, a Topeka, sempre nel Kansas, e poi un altro ancora, e avviato, per primi, le consegne a domicilio. Neanche vent’anni dopo, nel ‘77, Pizza Hut contava 4 mila ristoranti.
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I fratelli, a neanche cinquant’anni, vendettero tutto alla PepsiCo per più di 300 milioni di dollari. Frank rimase presidente per poi lanciare una nuova catena, Papa John’s, in modo un po’ istrionico: si presentò all’assemblea degli azionisti di Pizza Hut con una vivace maglietta con scritto «Scusate, ragazzi, ho trovato una pizza migliore».
In realtà il vecchio brand resse la concorrenza, conquistando con una nuova proprietà, la Yum, legata al gruppo Npc International, una serie di primati: tra i testimonial c’erano Ringo Starr e la ex moglie di Donald Trump, Ivana, e fu la prima a offrire un paio di occhiali da sole ispirati al film «Ritorno al futuro», prima ad andare su Facebook, a lanciare una app su Iphone e a entrare nella console dei giocatori di videogame che così potevano ordinare senza smettere di giocare.
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Sponsor ufficiale della Nfl
Due anni fa l’ultimo colpo: sponsor ufficiale della Nfl, il campionato di football americano più seguito d’America. Che alla fine è stato un po’ il canto del cigno in grande stile (e un disperato tentativo di rilancio per salvare i conti già in crisi da anni): il deficit del gruppo è salito a quasi un miliardo di dollari. Il lockdown legato alla pandemia ha assestato il colpo finale.
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