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    FOGLI AL VENTO – SE NE VA A 83 ANNI L’EX CENTROCAMPISTA ROMANO FOGLI: VINSE UNO SCUDETTO COL BOLOGNA E LA COPPA DEI CAMPIONI COL MILAN - IN NAZIONALE GIOCÒ POCO, MA QUEL POCO LO COINVOLSE NELLA FATAL COREA (DEL NORD) DI MIDDLESBROUGH NEL '66. DA ALLENATORE FU ANCHE VICE DEL TRAP ALLA FIORENTINA, AI TEMPI DEL MIGLIOR BATISTUTA DELLA NOSTRA VITA E DEL CARNEVALE DI EDMUNDO – IL RICORDO DI BECCANTINI


     
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    Dall’account Facebook di Roberto Beccantini

     

     

    ROMANO FOGLI 66 ROMANO FOGLI 66

    E così, da oggi, son tutti lassù, fra le nuvole e le stelle: Negri; Furlanis, Pavinato; Tumburus, Janich, Fogli; Perani, Bulgarelli, Nielsen, Haller, Pascutti. Con l’allenatore, Fulvio Bernardini, e il presidente, Renato Dall’Ara. Sotto gli sguardi divertiti e i taccuini curiosi di Gianfranco Civolani, detto Civ.

     

     L’ultimo a staccarsi, Romanino Fogli. Il numero sei del Bologna che il 7 giugno 1964 soffiò lo scudetto all’Inter nello spareggio di Roma. Aveva 83 anni. Un mediano stiloso, di classe, senza ciccia superflua, toscano di poca cenere, cresciuto nel Toro, poi Bologna, Milan, nella rosa del Paron che si aggiudicò Coppa dei Campioni e Intercontinentale, Catania. Da allenatore, fu vice del Trap a Firenze, ai tempi delle sparatorie di Batistuta e del carnevale di Edmundo.

     

    ROMANO FOGLI ROMANO FOGLI

    Fervente tifoso di Fausto Coppi, fu proprio a Castellania, nel 2019, che lo incontrai per l’ultima volta. Erano i cent’anni dalla nascita del Campionissimo. Ci scambiammo le classiche parole dei reduci. Apparteneva alla tribù breriana degli «abatini», ma con tanto sale in zucca. Copriva, impostava, un ballerino prestato al centrocampo quando ancora non era un ring. In Nazionale giocò poco, ma quel poco lo coinvolse nella fatal Corea (del Nord) di Middlesbrough.

     

     Quel Bologna lì. Così si gioca(va) solo in paradiso. Carburo Negri fra i pali, poi Furlanis a destra in marcatura e capitan Mirko (Pavinato) a sinistra. Libero, «armeri» Janich. Stopper, Tumburus: quello che in busta, per la metà, scoprì di valere 175 lire. Perani era l’aletta tornante e invitante, Fogli il laterale che cuciva, lontano dalle Penelopi delle nostre tonnare. L’onorevole Giacomino il faro a prova di megafono, Helmut il dieci di fantasia, con frau Waltraud, la moglie, sempre a uomo; dondolo Nielsen, il prence danese e cortese; Ezio, la chierica più calda del west pallonaro (anche se poi, quel pomeriggio all’Olimpico, era infortunato e al suo posto giocò un terzino di profession bel giovine, Johnny Capra).

    ROMANO FOGLI ROMANO FOGLI

     

     

    Ero là, con papà. Fogli entrò dentro l’ordalia come se ne fosse stato il regista, mica solo il protagonista. Batté la punizione che, toccata in barriera da Facchetti, beffò Sarti. Allora, i fanatici degli alluci e i maniaci delle tibie diedero autogol, oggi chi solo avesse osato parlarne sarebbe stato appeso al muro. Ma è sul secondo gol che voglio richiamare la vostra attenzione. Lo trovate in rete, facilmente.

     

     Fogli palleggia al limite dell’area, il taglio di Dondolo lo raggiunge nell’attimo che fa la differenza, Romano lo serve al bacio, ciao Guarnieri. Ecco: quel tipo di gol, e quel genere di passaggio, che a noi del Novecento parvero così brillanti, così normali, nel Duemila sarebbero diventati manifesti e simboli di calci paramoderni e pararidicoli, in cui se la propaganda è più bella della realtà, e lo è spesso, si pubblica la propaganda.

     

     Altri tempi, si dice sempre così. Ma diversi lo erano davvero. Non so se più belli, non so se più brulli. Di sicuro, più giovani, pià pensanti-ben (in attesa, di diventare ben-pensanti, che tristezza). Tempi in cui si andava agli allenamenti e, narrano gli spifferi, poteva finire così, tra un cronista alle prime armi e un Negri presissimo dal sudore e dall’umore: «Negri, mi scusi. Cosa pensa di Inter-Bologna di domenica?». «Membri miei». «La ringrazio, ma dovrei scrivere ottanta righe». «Membri suoi».

    ROMANO FOGLI MORANDI ROMANO FOGLI MORANDI

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