stefano folli
Stefano Folli per “la Repubblica”
Con ogni probabilità non accadrà, ma la logica politica vorrebbe che Fratoianni e Bonelli, resi celeberrimi dalle vicende delle ultime settimane, uscissero dalla "coalizione Letta" e stringessero un patto con Conte e i 5S.
Del resto, sono loro - insieme ad alcuni esponenti della sinistra Pd - i più desiderosi di riprendere il rapporto politico con quel che resta dei "grillini". Un blocco di questo genere sarebbe fondato su non poche affinità, prima fra tutte l'ostilità all'Ucraina e di conseguenza una politica estera molto attenta alle ragioni di Putin.
Non a caso Fratoianni alla Camera ha appena votato contro l'adesione di Finlandia e Svezia alla Nato: uno dei venti che hanno detto "no", quasi tutti fuoriusciti da sinistra dal M5S. È una posizione legittima, ma ci si domanda quale sintonia esista tra lui e quel patto appena siglato tra Pd e Azione/+Europa che è fondato invece sulla linea atlantista declinata senza esitazioni dal premier Draghi. Contro il quale - è stato ricordato anche questo - Fratoianni si è sempre battuto con coerenza.
ENRICO LETTA CARLO CALENDA
Sappiamo che l'intesa Letta-Calenda trova uno dei suoi punti di forza nella politica estera pro-Ucraina, pro-Nato e pro-Unione, nonché nel rivendicare la famosa "agenda Draghi" (in sostanza riforme e buona amministrazione per ricevere i fondi del Pnrr), senza dimenticare la promessa di fare i "rigassificatori": a cominciare da quello contestato a Piombino. Secondo il segretario del Pd, l'accordo con Calenda crea «un magnete che servirà ad attrarre i voti della destra moderata».
ANGELO BONELLI NICOLA FRATOIANNI
Si comprende bene l'ambizione lettiana: la stessa su cui ragionavano i fautori del "terzo polo", se Calenda avesse voluto essere della partita. È il sogno di prosciugare in parte quel voto moderato, in prevalenza berlusconiano, frustrato dalla deriva verso la destra radicale. Ma contro il "terzo polo" l'obiezione è stata che avrebbe diviso le forze e fatto perdere altri collegi. Così si è arrivati al patto con Calenda, ben pagato dal Pd in termini di posti in lista.
ENRICO LETTA CARLO CALENDA
Tuttavia resta da verificare se il «magnete» funzionerà lo stesso, anche con Fratoianni e gli altri nella coalizione. Il rischio è che il Calenda riconciliato con il Pd non sia attrattivo come il Calenda "terzopolista".
Di sicuro, tutto sarebbe più chiaro se un segmento della sinistra giudicasse intollerabile la convivenza con i seguaci di Draghi e scegliesse di dar vita a una grande alleanza rosso-verde con Conte, in competizione con Letta-Calenda. In quel caso il «magnete» di cui parla il segretario del Pd potrebbe lavorare con efficacia. Nessuno potrebbe più giocare sull'ambiguità dei Fratoianni e dei Bonelli.
S' intende, si leverebbe ancora più aspra l'accusa di voler dividere il fronte, questa volta da sinistra. Peraltro, ben presto emergerebbe che il vero scopo dell'operazione è ricostruire la coalizione con il Pd, ma alle condizioni dei 5S e dei loro amici ritrovati. Nella sostanza è impensabile.
NICOLA FRATOIANNI
Ecco perché Renzi, con il suo 2,8 per cento - secondo l'ultimo sondaggio -, se ne sta alla finestra in attesa degli sviluppi. Al momento è stato messo all'angolo dall'asse Letta-Calenda, tuttavia la sua tempra gli impedisce di arrendersi.
Se Fratoianni andasse coi 5S (improbabile), non ci sarebbe spazio per un "terzo polo" tutto renziano e l'ex premier dovrebbe cercare uno spazio dentro i confini dell'area Pd più Azione. Un'ipotesi che certo non vuole prendere in considerazione.
renzi calenda
Se invece, come è più probabile, Fratoianni e gli altri resteranno nel centrosinistra, continuando con le punture di spillo anti-Nato, anti-Kiev e anti-Draghi, allora Renzi potrebbe mettere in campo il suo "terzo polo", immaginando una campagna difficile ma non impossibile volta a prendere il 5 per cento. Una campagna contro le ambiguità di un centrosinistra non abbastanza credibile per guadagnare voti a destra.