Paolo Brera per "la Repubblica"
ristoratori protesta
Si riapre? «Sì chef!». Dicono che la Costituzione li protegge, la legge li assiste e la pazienza è finita. Quindi domani sera si rialzino le saracinesche, si riaccendano i fuochi e via a spadellare: i loro ristoranti saranno apertissimi alla faccia del Dpcm e delle multe, delle polemiche e del virus.
La chiamano «disobbedienza gentile», fatta nel rispetto di tutte le regole - distanziamento, mascherine, coprifuoco - salvo una, decisiva: quella che a prescindere dal semaforo del Covid estende ai ristoranti un identico, assoluto divieto di ospitare a cena.
Mohamed El Hawi detto "Momi", il ristoratore fiorentino 34 enne che guida i colleghi di tutta Italia alla rivolta, sostiene che «sono già almeno 40 o 50 mila» le adesioni. I numeri reali di "#Ioapro1501", come si chiama la protesta, saranno probabilmente molto più modesti, a giudicare dai parziali pubblicati da qualche provincia. Ma il dado è tratto, e minacciano di riaprire ogni sera.
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Ci sono i cartelli da appendere sulle vetrine dei locali e l' assistenza legale assicurata, le linee guida e le prescrizioni di comportamento. Ci sono soprattutto le rassicurazioni: «Stiamo preparando l' azione civile - dice l' avvocato Lorenzo Nannelli, coordinatore del pool che assisterà i ribelli per le conseguenze della protesta - per tutti i ristoratori e gli esercenti che verosimilmente riceveranno le sanzioni per la violazione del Dpcm». Non sono cifre da poco: «Da 400 a 3.000 euro di multa - spiega l' avvocato - sia per il ristoratore che, sebbene accada raramente, per i clienti. Abbiamo esteso la tutela legale anche a loro». Rischiano anche i dipendenti: «In caso di incidente sul lavoro potrebbero non essere coperti dall' Inail».
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Ma la battaglia non si ferma: «Riapriamo una volta per tutte, per la sopravvivenza. Ci hanno contattato da destra e sinistra - dice Momi - ma siamo apolitici: imprenditori che vogliono sopravvivere. Ci chiedono di desistere, ma non poseremo l' ascia di guerra». Resterà una "disobbedienza gentile", ribadiscono che «le forze dell' ordine fanno il loro lavoro » e «non ci saranno barricate né proteste, se verranno a multarci».
Momi ne sa qualcosa: «Ho tre ristoranti a Firenze, uno non l' ho chiuso neppure una sera, dal Dpcm del 24 ottobre. La chiusura serale è una grande presa in giro: sono restato aperto per il mio staff e abbiamo avuto ospiti tutte le sere anche in zona rossa. Ho collezionato 7 multe per 2.800 euro: le prime tre le pagai, ora finiranno in un maxi ricorso. Con tre locali ho perso 1,6 milioni di euro per il Covid, a fronte di 49mila euro di ristori. Da domani li riapro tutti e tre: ho 50 dipendenti, 50 famiglie che sono con me e mi sostengono».
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Una protesta gentile nei toni ma dura nel significato, mentre la battaglia col virus infuria e la conta dei morti non arretra. «Con tre mesi di chiusura i contagi sono aumentati comunque, non siamo noi gli untori », dice Momi. Ma in rete, nei mille rivoli di Telegram in cui si organizza la protesta, i toni sono aggressivi: «Basta distanziamenti, mascherine, coprifuoco, lockdown e orari limitati, altrimenti non servirà a molto per uscire da questo incubo», dice Sofia.
E se Andrea incita al «senza museruola », Sissi annuisce: «Bisogna tornare a vivere come prima!». Il Viminale ammonisce a monitorare che non degeneri e a procedere con le sanzioni. Le associazioni di categoria restano alla finestra. Arrabbiati, sì, ma «gli assalti alla diligenza come a Capitol Hill non risolvono i problemi », dice Nicola Gaudenzino di Fipe.
La rivolta, per certo, divide: «Così saprò quali sono i ristoranti in cui non metterò più piede», scrive Emanuela, con una raffica di "mi piace", sulla pagina Facebook dell' iniziativa.
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