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Francesco Bonazzi per “la Verità”
Quando nacque questo giornale, il 20 settembre del 2016, alle ore 3 e 52 minuti del mattino, Francesca Barracciu non dormiva. Twittava: «La Verità di Belpietro; La Lealtà di Giuda; La Pietà di Hitler #LaVerita». Da ieri, l' ex sottosegretaria piddina (e renziana di ferro) può fondare anche lei il suo giornale, «L' Onestà di Barracciu». La Corte d' Appello di Cagliari le ha confermato la condanna per peculato nell' inchiesta sui rimborsi allegri al Consiglio regionale della Sardegna, con una pena che scende da quattro anni a tre anni e tre mesi di reclusione.
barracciu piatti
L' ex eurodeputata della Barbagia ha già annunciato che farà ricorso in Cassazione contro la sentenza di ieri, nella quale ha in parte già fruito della prescrizione su alcuni episodi.
Barracciu, cinquant' anni, esordi nel Pci sardo ma, piglio super volitivo che non poteva che stregare il bulletto di Rignano sull' Arno, a Natale del 2013 sembrava destinata a una gran bella carriera.
Aveva trionfato alle primarie del centrosinistra per le elezioni a presidente della Sardegna, con 54.000 voti al primo turno. Ma a Natale uscì la notizia che era indagata anche lei per i rimborsi spese farlocchi dei vari gruppi consiliari e, dopo un' estenuante trattativa sbloccata da Renzi in persona con una telefonata notturna, fece un passo indietro.
francesca barracciu con giorgio napolitano
All' epoca, si disse che le fossero contestati rimborsi per 33.000 euro, che la Barracciu giustificava come «spese per carburante». Ieri, invece, come in primo grado, il conto della spesa contestato dai pm cagliaritani ammontava a ben 81.000 euro. Il piccolo sconto di pena si spiega con il fatto che per alcuni episodi la piddina è stata assolta, mentre per altri, quelli relativi al biennio 2005-2006, ci ha pensato Santa Prescrizione. Tra le contestazioni, una serie di convegni e incontri del Pd costati svariate migliaia di euro, dei quali però la Guardia di finanza non ha trovato traccia.
Francesca Barracciu
Quando esplose lo scandalo, oltre che lanciatissima, la Barracciu era eurodeputato del Pd. Si dimise dopo la telefonata di Renzi, alla vigilia di San Silvestro, ottenendo dall' allora segretario del suo partito, che un mese e mezzo dopo avrebbe pugnalato alla schiena Enrico Letta per guadagnare Palazzo Chigi, due garanzie: la possibilità di scegliere il candidato a governatore e un posto da sottosegretario appena possibile. Il suo mantra con Renzi, che a quel tipo di donna non sa dire di no, era: «Solo con me si vince». Alle elezioni di febbraio 2014, in effetti, vincerà Francesco Pigliaru, sostenuto anche dalla Barracciu.
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Ma il loro amore dura poco: appena si tratta di decidere gli assessori, il mite economista dice chiaro e tondo: «Non voglio indagati in giunta». E la Barracciu, a questo punto, lo manda a quel paese e vola a Roma a prendersi una bella poltroncina da sottosegretario ai Beni culturali (del resto insegna lettere alle superiori) con Dario Franceschini ministro. Al ministero, si segnala per una discreta sequela di gaffe.
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La migliore il 5 dicembre 2014, quando va a Nuoro alle celebrazioni in onore del poeta Sebastiano Satta, ma legge un intervento sulle sue grandi capacità di giurista e romanziere, scambiandolo per Salvatore Satta. Il giorno dopo, spiegherà che lei conosce bene la differenza tra i due Satta e dà la colpa «a una leggerezza del mio staff».
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Quando viene rinviata a giudizio, il 21 ottobre del 2015, finalmente si dimette. Non senza una vigorosa polemica con l' attore Alessandro Gassmann, chiusa da un altro tweet indimenticabile: «Chiarirò tutto a fondo. Lei intanto che impara fare attore, può evitare far pagare biglietto cinema per i suoi "film"?». Tutti i Satta si rivoltano nella tomba.
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