DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Estratto dell’articolo di Francesco Giavazzi per il “Corriere della Sera”
Il ministro Giorgetti finora ci ha sorpreso, positivamente. Dice ciò che pensa e non si spaventa se le sue proposte vengono accolte dal gelo nel suo partito e nella sua maggioranza.
Ma oggi sta commettendo due errori che non fanno onore alla sua reputazione. Il primo, in realtà, è la ripetizione di un errore che Giorgetti aveva già compiuto nella Legge finanziaria di un anno fa quando varò un taglio del 7% dei contributi previdenziali per i redditi fino a 25 mila euro (e del 6% per i redditi fino a 35 mila) e la riduzione a tre delle aliquote Irpef, finanziando tutte queste misure (costo: circa 20 miliardi l’anno) soltanto per un anno. Quell’anno è passato e, se non si trovano nuove risorse, le misure decadono.
LA SOLITUDINE DI GIORGETTI - VIGNETTA BY ROLLI - IL GIORNALONE - LA STAMPA
L’idea del ministro dell’Economia e delle Finanze è di trovare le risorse necessarie introducendo qualche nuova tassa temporanea: una tassa una tantum sui profitti delle imprese o tasse, sempre una tantum, sulla ricchezza delle famiglie più benestanti. Non è una buona idea. Entrambe le misure alleggeriscono, sì, la pressione fiscale — e quindi ha senso mantenerle — ma a condizione che siano finanziate stabilmente, non anno per anno.
In realtà non c’è bisogno di trovare tutti e 20 i miliardi. La Legge di bilancio prevede un percorso di spesa, che sta sotto la traiettoria settennale concordata con la Commissione europea: un po’ di spazio lì c’è, ma non basta. È per colmare quel gap che Giorgetti vorrebbe ricorrere, anziché a misure strutturali, ad altre tasse temporanee. Il problema […] non è tanto la pressione fiscale quanto la capacità di decidere. Mi aspetterei che il ministro Giorgetti evitasse di trasferire incertezza sui cittadini.
giancarlo giorgetti mario draghi ai funerali di ratzinger
Il secondo errore è che le nuove regole fiscali europee consentono ai Paesi aggiustamenti anche molto graduali — fino a sette anni — purché le misure che sottostanno a questi percorsi di aggiustamento si dimostrino, appunto, strutturali.
Finanziare una misura per un solo anno evidentemente non lo è. È vero che lo farà la Francia, ma accodarsi alla Francia in questo momento non mi pare una buona idea.
Parigi ha un problema di bilancio più serio dell’Italia e non di poco: il deficit oggi supera il 5% del Prodotto interno lordo, cioè un punto e mezzo più dell’Italia, e il piano concordato con l’Europa prevede che scenda sotto il 3% entro 4 oppure 7 anni. […]
Affinché la politica di bilancio riesca a far crescere l’economia è necessario innanzitutto che riduca l’incertezza. Perché, nell’incertezza su quanto accadrà l’anno prossimo, famiglie e imprese difficilmente possono programmare i propri investimenti. E poi è necessario che si abbassi la pressione fiscale stabilmente e ciò si può ottenere solo riducendo la spesa altrettanto stabilmente.
FRANCESCO GIAVAZZI - DALLA SUA PAGINA FACEBOOK
Una tassa temporanea […] riduce il rapporto debito-Pil nell’immediato, è vero, ma che differenza farà mai se il nostro debito anziché 137,3 per cento è 136 per cento del Pil? Domani saremo da capo. […]
Sulla spesa pubblica, Giancarlo Giorgetti si è limitato a parole vaghe tranne che sul Pnrr che sta diventando la fonte principale della nostra crescita. Ma il Pnrr dura 6 anni: vuol dire che nel 2026 gli investimenti si fermano. A quel punto rallenterebbe anche l’economia e il rapporto debito-Pil comincerebbe a salire. Insomma, le regole fiscali europee oggi in vigore hanno corretto tanti errori del vecchio Patto di stabilità. Non mi pare, però, che il governo si sia riposizionato per andare incontro al nuovo mondo.
draghi cingolani giorgetti mattarellaGIANCARLO GIORGETTI E MARIO DRAGHI
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