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    LA MIGNOTTA PIACE SOLO AL CINEMA - FRANCESCO MERLO NON SI CAPACITA DEL SUCCESSO DI “PRETTY WOMAN”, NONOSTANTE LE REPLICHE: “NELLA REALTÀ DELLA VITA LA PROSTITUTA DI STRADA NON FA MAI TENEREZZA, E NON C'È COMPRENSIONE NÉ PER IL RICCO CLIENTE CHE COMPRA NÉ PER LA PROFESSIONISTA CHE SI VENDE. CAPISCO I CINEFILI, MA SONO UNA PATOLOGIA SOCIALE TRE MILIONI E MEZZO DI ITALIANI CHE, TUTTI INSIEME E TUTTI GLI ANNI, SI RITROVANO, A BORDO DI UNA BRUTTISSIMA LOTUS, NELLA STESSA STORIACCIA DI BUONI SENTIMENTI DA MARCIAPIEDE”


     
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    Francesco Merlo per “la Repubblica”

     

    FRANCESCO MERLO FRANCESCO MERLO

    Nella realtà della vita la prostituta di strada non fa mai tenerezza, e non c'è comprensione né per il ricco cliente che compra né per la professionista che si vende. E però il bel filmaccio che li celebra, Pretty Woman , ancora 32 anni dopo è più amato della Traviata e commuove più di Romeo e Giulietta .

     

    Così lunedì scorso 3.352.000 italiani hanno ri-guardato Pretty Woman e va bene che la commedia romantica mette felicemente a riposo l'intelligenza, ma questa era la trentesima replica della Rai.

     

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    Insomma, c'è qualcosa di disperato nel ri-commuoversi ogni volta che "la puttana" si intrufola nel macchinone del bel maschione elegantone, "ehi amore, cerchi compagnia?" e nel ri-soprendersi perché, nella sordida Los Angeles, invece del seguito "cinquanta in macchina e cento in camera", comincia un dialogo di grazia e di ironia.

     

    Una canzone, si sa, la ascolti e riascolti finché diventa il tuo angolo di tempo e di spazio. Si tratti di "Pretty woman, walkin'down the street" o di "Via del campo, c'è una puttana" o ancora di "una puttana ottimista e di sinistra", il canto è un mettersi "da canto", è un piccolo rifugio emotivo. Ma un vecchio film d'amore del 1990 già alla terza volta non fa battere ma sbadigliare il cuore.

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    Fosse pure un capolavoro, ricordarlo è molto meglio che rivederlo. Capisco i cinefili che sanno tutto sulla controfigura di Julia Roberts e sulla sceneggiatura originale, ma sono una patologia sociale tre milioni e mezzo di italiani che, tutti insieme e tutti gli anni, si ritrovano, a bordo di una bruttissima Lotus, nella stessa storiaccia di buoni sentimenti da marciapiede.

     

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    Né basta a spiegare lo share del 22 per cento, appena dietro don Matteo , la doppia redenzione: della Maddalena evangelica, e soprattutto del capitalista cattivo che promette di costruire palazzi o navi e di smetterla di arricchirsi impoverendo l'avversario e riducendolo, come nel Monopoli, a una vita da cani nei quartieri miserabili del Vicolo Corto. Pretty Woman sa prenderci per il naso come tutte le favole, da Cenerentola a My Fair Lady , ma 8 punti più della volta precedente, la ventinovesima lo scorso anno, sono un tic nervoso collettivo che rivela i poveri italiani in disperata ricerca dell'happy ending su Raiuno.

     

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    Neppure le celebri Demoiselles d'Avignon , le chicas del bordello di Picasso, che non sono pretty, evocano l'happy ending. Se si esclude Moll Flanders, che muore ricca e pentita, non è mai a lieto fine la donna perduta, neppure la Boule de suif di Maupassant, che è la novella perfetta che le contiene tutte, anche Ombre rosse. Pretty woman commuove ma non eccita, piace ma non è sexy. Non ha la comica pruderie di Boccaccio né la coscienza timorata di Sartre. Non è la diabolica di Buzzati e non ha, come Zebedia di Vittorini, il divieto di innamorarsi. Non ha il cuore di Filumena Marturano e di Mamma Roma . E non è nemmeno la nipote di Mubarak.

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