Federico Fubini per il “Corriere della sera”
Un aneddoto forse apocrifo su John Maynard Keynes vuole che, a chi gli faceva notare un' incoerenza, un giorno l' economista inglese abbia risposto: «Quando i fatti cambiano, io cambio idea».
ignazio visco jens weidmann
A quanto pare i fatti sono cambiati anche per un economista lontano da Keynes come Jens Weidmann, presidente della Bundesbank, perché anche lui sembra aver aggiornato il proprio parere. Lo ha fatto sul punto che più ha segnato i suoi scontri con Mario Draghi, dal 2011 presidente della Banca centrale europea.
Ormai Weidmann concorda con l' italiano su un punto vitale: alla Bce spetta il ruolo di prestatore di ultima istanza nell' area euro. Spiega al Corriere una persona molto vicina al presidente della Bundesbank che questi, oggi, ha una posizione chiara: riconosce come legittimo lo strumento che permette alla Bce di lanciare interventi potenzialmente illimitati a difesa di un Paese sotto attacco sui mercati.
weidmann draghi
Non è un dettaglio da poco, specie per un Paese fragile come l' Italia. Che una banca centrale riconosca questa responsabilità è vitale per la stabilità finanziaria: l' istituto di emissione accetta infatti il compito di varare massicci acquisti di titoli, senza tetti prefissati, in difesa di un Paese. Questa è una funzione tipica delle banche centrali, dal Giappone agli Usa.
In Europa quel potere della Bce è passato alla storia con le parole di Draghi, pronunciate quando introdusse la svolta nel luglio del 2012: la Bce è pronta a fare «whatever it takes», qualunque cosa serva - disse Draghi - per preservare l' euro.
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Già solo quella frase allora, di fatto, salvò e oggi continua a preservare l' Italia da un' asfissia finanziaria che in quell' estate 2012 era imminente. Naturalmente il «whatever it takes» nell' area euro non è gratis. Arrivò dopo l' accordo fra governi sull' Unione bancaria, cioè il lancio di una vigilanza unica europea a Francoforte.
MARIO DRAGHI JENS WEIDMANN
E soprattutto fin da subito si stabilì che l' ombrello della Bce potesse aprirsi solo per governi che accettano un programma sul modello Troika, gestito dal fondo salvataggi Esm, dalla Commissione e dalla stessa Bce. Così fu deciso nel settembre 2012 quando la Bce mise in pratica l' impegno di Draghi varando le Omt («Outright monetary transactions»), base legale per possibili interventi a favore di Paesi in crisi. L' idea fu così efficace che già solo l' esistenza del programma placò la speculazione, senza che la Bce spendesse un solo euro.
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Allora Weidmann votò contro, restando in netta minoranza. Dopo un ricorso di cittadini tedeschi, testimoniò anche contro le Omt alla Corte costituzionale tedesca e la Bundesbank - da lui guidata - presentò una memoria di 29 pagine contro la posizione della Bce. Weidmann disse che è impossibile distinguere differenze negli spread (o costo del debito) fra i Paesi giustificate dai dati di fondo o da attacchi speculativi. La Bundesbank negò che fosse compito della Bce impedire che un Paese sia costretto dai mercati a uscire dall' euro.
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Allora la posizione tedesca fu battuta quando il ricorso arrivò alla Corte di giustizia europea. Oggi però quello scontro torna attuale perché, secondo molti, Weidmann è il candidato di punta per succedere a Draghi quando questi lascerà in ottobre. Dice Christian Odendahl del Centre for European Reform: «Senza il pieno sostegno del prossimo presidente della Bce, c' è il rischio che l' Omt si disfi». All' Eurotower pochi giorni fa Adam Posen, presidente del Peterson Institute, ha detto che non può diventare presidente della Bce chi non ne riconosce il ruolo come prestatore di ultima istanza.
ceccherini weidmann
Forse sono questi i fatti nuovi che hanno spinto il capo della Bundesbank a cambiare idea. Una persona vicina a lui riferisce che Weidmann si prepara a riconoscere la legittimità delle Omt, quando dovesse ricevere domande in proposito durante le audizioni all' Europarlamento sulla sua nomina alla Bce. Con una sfumatura: lo strumento è valido, pensa Weidmann, ma «va maneggiato con cura».
Di certo la partita del dopo-Draghi non è chiusa. La conversione tardiva di Weidmann al «whatever it takes» desterà sospetti quanto alla sua sincerità. Il tedesco sa che deve intaccare la diffidenza verso di lui in molte capitali, legata alle sue posizioni spesso rigide. La crisi dell' euro è passata, ma il rischio di deflazione nell' area euro no.
MARIO DRAGHI E GIOVANNI TRIA
Alcuni indicatori sugli sviluppi dei prezzi oggi puntano anche più in basso di quando, nel 2015, la Bce varò interventi per 2.600 miliardi. L' Eurotower proprio ora studia nuove misure. Eppure otto giorni fa, a urne aperte per le europee, Weidmann disse: «Non è una situazione di prezzi in caduta, per cui bisogna reagire adesso».