Vera Martinella per il Corriere della Sera
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Con oltre 41mila nuovi diagnosticati in Italia nel 2016 e circa 33mila decessi, quello al polmone resta il tumore più diffuso e letale nel nostro Paese e nel mondo. Per oltre un ventennio non si sono registrati progressi nelle terapie, ma con l’arrivo dei nuovi farmaci immunoterapici le cose stanno cambiando. Tanto che, fra le ricerche presentate con maggiore rilievo durante il congresso annuale dell’American Association for Cancer Research (AACR), c’è uno studio che dimostra come sia possibile triplicare la sopravvivenza dei malati con una forma avanzata di cancro al polmone, passando da meno del 5 per cento a quasi il 16 per cento.
IL 16% DEI PAZIENTI VIVI
Il trial, di fase I (la prima delle tre previste prima che una nuova cura venga definitivamente approvata), ha coinvolto 129 pazienti con un carcinoma polmonare in stadio avanzato, già sottoposti a diversi cicli di altre terapie: dopo in media 58 mesi di cura con nivolumab (nuovo farmaco immunoterapico già utilizzato nella cura del melanoma cutaneo) era ancora in vita il 16 per cento dei partecipanti.
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«È il primo studio che dimostra una sopravvivenza a lungo termine, ovvero a cinque anni dalla diagnosi, con un immunoterapico per i pazienti con una neoplasia polmonare metastatica – commenta Julie Bramer, docente di Oncologia al John Hopkins Cancer Center di Baltimora e autrice principale della sperimentazione -. Le statistiche dimostrano come la stragrande maggioranza di questi malati muoia entro un anno e soltanto circa il 5 per cento sia vivo dopo cinque anni. Mentre questo traguardo viene raggiunto dal 16 per cento dei pazienti trattati con nivolumab».
«QUATTRO MOTIVI PER CUI È UN RISULTATO EPOCALE»
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«Seppure gli studi di fase I abbiano dei limiti e necessitino di conferme e confronti su numeri più vasti di partecipanti – spiega Michele Maio, direttore dell’Immunoterapia Oncologica e del Centro di Immuno-Oncologia del Policlinico Santa Maria alle Scotte di Siena -, questo risultato è importante sotto diversi aspetti. Primo, perché la sopravvivenza appare triplicata ed è un cambiamento epocale, il primo reale passo in avanti negli ultimi 20 anni in una neoplasia particolarmente difficile da trattare. Secondo, perché ha un impatto su tutti i tipi di cancro al polmone: sia quelli di tipo squamoso (più tipico dei fumatori), sia gli adenocarcinomi (che rappresentano la maggior parte dei tumori). E, terzo, riguarda la stragrande maggioranza dei malati: quel 70-80 per cento che hanno metastasi già quando scoprono la malattia.
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<Infine, altro fattore rilevante, questo farmaco (come molti immunoterapici) consente una buona qualità di vita: gli effetti collaterali, infatti, sono molto ridotti rispetto alla tradizionale chemioterapia utilizzata finora». Tra le principali conseguenze indesiderate ci sono rash cutaneo e diarrea, ma possono essere riconosciute per tempo e già si conosce come arginarle, in modo tale che la cura risulti ben tollerata.
IL FUTURO: IMMUNOTERAPICI MIXATI O DATI IN SEQUENZA
Per tutte queste ragioni, i dati iniziali presentati al congresso AACR in corso a Washington vengono considerati particolarmente promettenti: «Alla luce della tendenza già vista in precedenti studi con farmaci immuno-oncologici, in particolare nel melanoma, è probabile che queste percentuali si mantengano anche negli anni successivi – continua Maio - e che quindi si possa in futuro parlare di pazienti vivi a 10 anni anche per una patologia fino a oggi a prognosi invariabilmente infausta».
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A marzo 2016 l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) aveva stabilito la rimborsabilità di nivolumab nel trattamento del melanoma avanzato e del tumore del polmone non a piccole cellule squamoso avanzato. Lo scorso febbraio 2017 la molecola è stata approvata anche nel carcinoma a cellule renali e nel tumore del polmone non a piccole cellule non squamoso avanzato. «Si stanno aprendo, per questo e altri tipi di cancro, prospettive terapeutiche interessanti in molte neoplasie – conclude Maio -con le strategie di combinazione e sequenza delle terapie immuno-oncologiche a disposizione e di quelle in fase sperimentale con farmaci diretti contro nuovi bersagli terapeutici».