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FUNERALINO - REMO REMOTTI SE NE È ANDATO PER SEMPRE DA QUELLA ROMA “PUTTANONA, BORGHESE, FASCISTOIDE, DEL VOLEMOSE BENE E ANNAMO AVANTI” - GIUSTI: "CON CHIUNQUE ABBIA LAVORATO, REMOTTI NON HA MAI RECITATO: ERA SEMPRE SE STESSO" (VIDEO)

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Video di Francesco Talarico

 

Foto Toiati del www.messaggero.it

 

Marco Giusti per Dagospia

 

remo remottiremo remotti

Fratelli! Remo Remotti se ne va per sempre da quella Roma “puttanona, borghese, fascistoide, da quella Roma del volemose bene e annamo avanti”… Ma anche da quella Roma di Nanni Moretti, di Carlo Verdone, di Massimiliano Bruno, di Carlo Vanzina, di Christian De Sica, di Ettore Scola, di Marco Bellocchio, di Victor Cavallo, di Renato Mambor, da quella Roma dei Cesaroni e di mille esordienti scriteriati e spesso squattrinati che lo hanno chiamato nel corso degli anni a fare il barbone, il poeta, il guardone, il pipparolo, il prete, il vecchio rincojonito, il vecchio serio, il valente professore.

 

Da quella Roma del cinema dove potevi fare Marx che vende i libri col carrettino. O da quella Roma dove Carlo Verdone ti chiama e ti dice “Ma Remo Remotti come mio padre, che ne dici?”. E io: “A Ca’, non me lo hai già chiesto l’anno scorso?”. Poi però un ruolo per Remo nei film di Carlo c’era sempre. Perché Remo è Remo.

 

Da quella Roma dei grandi film internazionali, dove bastava che facessi il cardinale nel Padrino e ti chiamavano altri mille registi americani per lo stesso ruolo, rigorosamente senza barba. Film miliardari, come Nine, Mangia, prega, ama, Letters to Juliet, dove a un certo punto appare Remo e ti fa sempre allegria. E anche se il film è una porcheria, una risata te la sei fatta. Da quella Roma dove un tempo anche un pittore, anche un poeta poteva campare senza lavorare con il cinema.

 

teresa de sio  roberto d agostino  giovanni albanese  remo remottiteresa de sio roberto d agostino giovanni albanese remo remotti

Magari quello di Romano Scavolini assieme a Carlo Cecchi, Lou Castel, Laura Troschel e Valentino Zeichen. Da quella Roma che se a Bellocchio gli girava bene ti chiamava per Il gabbiano di Cechov o per Salto nel vuoto, e i Taviani ti volevano per Il prato. Da quella Roma dove anche i giovani registi tedeschi vedevano Remo e lo facevano recitare con Bruno Ganz, ma se andava bene anche con l’Ispettore Derrick. Solo che Remo non recitava, era se stesso. Sempre.

 

remo remotti con la figlia federica e la moglie luisaremo remotti con la figlia federica e la moglie luisa

Con Francis Coppola, con Nanni Moretti, con Marco Bellocchio, con Nanni Loy, con David Riondino, con Felice Farina, coi tedeschi, con gli americani. Fratelli, Remo se ne va da quella Roma dove se lo incontravi ti parlava sempre di figa (“A me praticamente interessa solo la sorca”). Inevitabilmente. Tutta di testa, certo. Ma lo dovevi accettare, perché Remo era Remo.

 

E non sarebbe stato Remo, e non sarebbe stata Roma se non ne avesse parlato. Remo se na va dalla Roma di Sogni d’oro, di Bianca, di Palombella rossa, i film che ne hanno fatto un monumento. I film di Nanni Moretti quando era Nanni Moretti. E se ne va dalla Roma del Papa Buono, di Ladri di barzellette, di Shooting Silvio, di qualsiasi film assurdo degli anni ’80, ’90, 2000. Remo se ne va da quella Roma che lo ha tanto amato, viziato, coccolato, che lo ha sentito cantare in qualsiasi versione, anche rap “Me ne vado da quella Roma”.

 

fabio canino col catalogo della mostra di remo remottifabio canino col catalogo della mostra di remo remottiremo remotti nanni morettiremo remotti nanni morettiremo remotti jpegremo remotti jpegremo remotti  remo remotti

Da quella Roma “dei castagnacci, dei maritozzi con la panna, senza panna, dei mostaccioli e caramelle, dei supplì, dei lupini, delle mosciarelle…” da dove, in realtà, non se ne era mai andato. E che se ne annava affà? Ma da dove gli piaceva da morire dire che se ne sarebbe andato. Mamma Roma, addio! 

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