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    “FUORI DA QUESTO GOVERNO INTERVENTISTA, CHE VUOLE FARE DELL'ITALIA UN PAESE CO-BELLIGERANTE” - VITO PETROCELLI, PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE ESTERI DEL SENATO IN QUOTA 5S, NON SI PRESENTA IN AULA A SENTIRE ZELENSKY, ANNUNCIA CHE D’ORA IN POI NON VOTERA’ PIU’ LA FIDUCIA ALL’ESECUTIVO E VIENE, DI FATTO, ESPULSO DAL M5S - TANTI ASSENTI (UN CENTINAIO) IN AULA. NELLA LEGA HANNO MANCATO L'APPUNTAMENTO ALMENO IN 20 (TRA QUESTI PILLON, BORGHI, MICHELI, SIRI E COMENCINI)…


     
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    Francesco Malfetano per il Messaggero

     

    GIUSEPPE CONTE VITO PETROCELLI GIUSEPPE CONTE VITO PETROCELLI

    «Almeno un centinaio quelle politiche, quasi 300 in totale». Ad ascoltare i più navigati tra i parlamentari, ieri a Montecitorio le assenze erano più di quanto si pensasse. Del resto, mentre il presidente ucraino Volodomyr Zelensky raccontava all'Aula gli orrori dell'invasione russa in video conferenza, i buchi in platea e soprattutto le tribune vacanti erano evidenti quanto imbarazzanti.

     

    «Eravamo meno di 600» azzarda un deputato di Forza Italia. Impossibile però dirlo con esattezza. La congiunta, forse proprio per evitare di certificare pessime figure in diretta mondiale, era informale e quindi non sono state registrate le presenze.

     

    In più molti degli eletti si sono messi in missione (un caso su tutti, quello del ministro leghista Giancarlo Giorgetti, a Maranello per una visita alla Ferrari) o comunque assenti per motivi non ideologici o, peggio, completo disinteresse. L'assenza più dibattuta è senza dubbio quella di Vito Petrocelli, presidente della Commissione esteri del Senato in quota 5S che, dopo una giornata convulsa, è stato de facto espulso da Giuseppe Conte.

     

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    Il resto dei posti vuoti portavano in gran parte i nomi degli iscritti al gruppo Alternativa C'è, ex grillini come Nicola Morra o l'ormai nota Bianca Laura Granato, in ottima compagnia dei loro sodali del 2018: Dessì dei comunisti o Paragone di Italexit ad esempio. Ma anche Veronica Giannone e Matteo Dell'Osso di Forza Italia (entrambi eletti pentastellati) o la deputata grillina Enrica Segneri (al pari di Serritella e Presutto, assente giustificato però). In bella vista (quasi) tutti i leader dei gruppi parlamentari. Matteo Renzi, pur provenendo da palazzo Madama ha occupato uno scranno al centro del gruppo di Iv.

     

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    Enrico Letta, ha preso posto tra le due capogruppo Serracchiani e Malpezzi. Ma c'erano anche Giorgia Meloni (più silente del solito) e Matteo Salvini che, appena varcata la porta del Transatlantico alla fine del discorso, ha subito assolto chi non c'era: «Io giudico i presenti di tutti i gruppi». In realtà non è mancata un po' di tensione a via Bellerio, perché se il segretario ha fatto recapitare ai suoi un perentorio «Tutti in Aula», hanno mancato l'appuntamento almeno in 20 (tra questi Pillon, Borghi, Micheli, Siri e Comencini).

     

    Non è sfuggita inoltre - soprattutto al Pd - l'assenza di Conte, che non è un parlamentare, ma da ex premier avrebbe potuto essere presente quantomeno in Transatlantico per dare un segnale ai suoi. Specie perché già in mattinata era esplosa l'ennesima polemica su Petrocelli che aveva ventilato l'uscita dall'esecutivo: «Fuori da questo governo interventista, che vuole fare dell'Italia un paese co-belligerante», ha twittato. Parole che, rivela una fonte autorevole interna ai 5S, «hanno imbarazzato tutti, Conte compreso, che in ritardo sta provando ad allontanarlo». Meglio tardi che mai verrebbe da dire.

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    Anche perché, a sera, è tornato a parlare: «Da oggi sono pronto a non votare più la fiducia su qualunque provvedimento». Tant' è che poi - dopo gli interventi per richiamarlo all'ordine del ministro D'Incà e della numero uno dei senatori Castellone, ma anche dalla capogruppo Pd Simona Malpezzi: «Dichiarazioni Petrocelli incompatibili con ruolo che ricopre» - ha scatenato la reazione proprio dell'ex premier che, a Porta a Porta, è stato costretto a mettere un limite: «Se Petrocelli dichiara oggi, a dispetto del ruolo che fino ad ora ha avuto, che non appoggerà più questo governo evidentemente si pone fuori dal M5s per scelta personale».

     

     

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