Estratto dell’articolo di Gad Lerner per “il Fatto quotidiano”
GAD LERNER AI FUNERALI DI SILVIO BERLUSCONI
Non occorrerà far ricorso all'espediente di uno scherzo telefonico per intuire che anche la coppia Giorgia&Bibi è destinata a non essere mai più la stessa di prima. Il sempiterno premier israeliano, Benjamin Netanyahu, e l'esordiente premier italiano, Giorgia Meloni, fino a ieri avevano più di un tornaconto comune nel rivendicare la propria sintonia; di più, nell'ergersi a portabandiera di quella destra sovranista, volitiva, refrattaria ai vincoli delle istituzioni sovranazionali, che sembrava avanzare ovunque col vento in poppa.
GIORGIA MELONI - BENJAMIN NETANYAHU
A Bibi ha fatto comodo che la giovane presidente dell'Ecr (Partito Conservatori e Riformisti Europei), cui il suo Likud è affiliato tra i membri extra-Ue, conquistasse la guida di un Paese importante come l'Italia […]. Quanto a Giorgia, chi meglio del vecchio falco israeliano poteva rilasciarle quel certificato di grande amica del popolo ebraico di cui – provenendo lei dalle file dei post-fascisti – continua ad avere bisogno per vincere le diffidenze degli altri leader occidentali? Non solista.
GIORGIA MELONI - BENJAMIN NETANYAHU
Per Giorgia Meloni il profilo dell'Israele di Netanyahu, identitario nel rivendicare l'esclusiva natura ebraica dello Stato, ferreo baluardo anti-islamico, brutale nel filtrare gli immigrati, costituiva un modello esemplare di difesa dei valori tradizionali degno di essere imitato.
Per questo Meloni aveva scelto prudentemente di restare in silenzio, la leadership di Netanyahu cominciava a scricchiolare. Quando nel governo di Bibi hanno fatto la loro comparsa ministri dichiaratamente razzisti e fascisti; e quando il governo estremista ha fatto leva sulla sua esile maggioranza parlamentare per neutralizzare i poteri della Corte Suprema […].
israele proteste contro netanyahu 1
Mentre gli altri leader occidentali denunciavano il pericolo di una svolta autoritaria […], Giorgia ha preferito far finta di nulla. Forse perché in futuro non le dispiacerebbe sovvertire anche in Italia il baricentro del potere a favore di un esecutivo forte. Ma ammetterlo sarebbe stato prematuro.
Tale è l'investimento che la nuova destra faceva sul modello Netanyahu che, insolitamente, nel giugno scorso l'Ecr ha deciso di convocarsi fuori dai confini dell'Unione Europea, a Gerusalemme. E di nominare il suo vicepresidente una ministra del Likud: Gila Gamliel. Da quando però si è riacceso nelle forme più violente e feroci il conflitto israelo-palestinese, l'atteggiamento del nostro presidente del Consiglio è notevolmente cambiato.
Gila Gamliel
Non lasciamoci irretire dalle roboanti esternazioni guerrafondaie dei tribuni della destra da salotto in televisione. Conta ben di più il fastidio non dissimulato da Palazzo Chigi di fronte alla manifestazione convocata dall'alleato Salvini per sabato a Milano nel nome di Oriana Fallaci, teorica del conflitto di civiltà con l'Islam.
E a qualcuno sarà tornato alla mente che già nel dicembre 2018 Meloni si era dissociata da Salvini allorché definiva “terrorista” il movimento libanese degli Hezbollah: “Dobbiamo anche a loro se in Siria si fa ancora il presepe”, dichiarò in loro difesa. Quattro anni prima, nel luglio 2014, quando Israele scatenò su Gaza la campagna “Margine di protezione” in risposta a un attacco missilistico di Hamas, era stata sempre lei a prendere le distanze: “Un'altra strage di bambini a Gaza. Nessuna causa è giusta quando sparge il sangue degli innocenti”.
meloni buttafuoco
[…] L'asse con Netanyahu è stato molto redditizio, così come ben radicato in lei permanente il culto della forza di cui si nutre la destra. Tanto più che Israele è stato colpito da un attacco criminale senza precedenti sul suo territorio. Eppure Meloni si è ben guardata dal fare i suoi i toni aggressivi che in passato le erano abituali e che ora restano appannaggio dei suoi propagandisti meno avveduti.
Ben altre parole ha usato in Senato lo scorso 25 ottobre mettendoci in guardia dalla “trappola di una guerra di civiltà che avrebbe conseguenze inimmaginabili”. E ha precisato: “Considero vitale il dialogo con i Paesi arabi e musulmani, in cui l'Italia svolge tradizionalmente il ruolo di ponte”.
pino rauti
Né può essere sfuggito che, mentre Netanyahu rivendicava che questo è il momento di fare la guerra, sia pur timidamente il ministro Tajani ha avanzato la richiesta di “una tregua umanitaria”. Mentre Crosetto volava in Libano per ribadire il prezioso ruolo di interposizione svolto dai nostri militari nell'ambito della missione Unifil.
Una prudenza che deriva, certo, anche dalle prese di posizione nettamente filopalestinesi di Paesi come l'Algeria e la Tunisia cui l'Italia ha affidato i nostri rifornimenti energetici e il controllo sulle rotte dei migranti. Così come non può fare a meno di mantenere buoni rapporti con Paesi protettori di Hamas quali la Turchia e il Qatar, ambigui ma essenziali partner dell'Occidente.
GIORGIA MELONI - BENJAMIN NETANYAHU 1
Il tragico cambiamento dello scenario internazionale rende traballante quello che sembrava un patto di ferro tra la destra italiana e la destra israeliana. Da lord protettore ad amico ingombrante, Benjamin Netanyahu non è più il genere di partner che Giorgia Meloni possa esibirsi volentieri […].
[…] La destra missina, di cui Giorgia Meloni è l'erede, ha emarginato con fatica al suo interno le componenti filoarabe di cui Pino Rauti, ammiratore di Nasser, fu uno dei principali esponenti; con tutto il seguito degli evoliani ammiratori del tradizionalismo islamico, non certo riducibili al folclore di un Buttafuoco.
BENJAMIN NETANYAHU E GIORGIA MELONI A PALAZZO CHIGI
Vero è che, prima della svolta atlantista di Almirante, già fra i post-fascisti non mancavano gli ammiratori di Israele, ai loro occhi piccolo Stato eroico e nazionalista. Così lo raccontava Giano Accame su Il Borghese fin dal 1962. Ed era stato un reduce della X Mas, Fiorenzo Capriotti, ad addestrare l'unità speciale della Marina israeliana che nell'ottobre 1948 affondò la nave ammiraglia egiziana nel porto di Gaza.
BENJAMIN NETANYAHU E GIORGIA MELONI A PALAZZO CHIGI
A quei tempi il ghetto ebraico di Roma veniva ancora fatto oggetto di incursioni di manipoli neofascisti. Quando Israele riuscirà, tardivamente, a liberarsi del leader estremista che l'ha trascinato in un vicolo cieco, non sarà certo nella destra sovranista che troverà partner capaci di aiutarlo ad affrontare la questione palestinese e a migliorarne la reputazione. Ma intanto, pian piano, sottovoce, Giorgia Meloni comincia a rendersi conto di avere scelto per l'ennesima volta in Netanyahu il partner sbagliato