Arianna Finos per la Repubblica
GASSMAN RISI
«La vera amicizia non ha bisogno di frequentazioni, anzi più si è amici più ci si evita. La nostra, già antica, negli ultimi anni si è cementata ancor di più. Però ci vediamo pochissimo ». Dino Risi riassumeva così il rapporto con Vittorio Gassman, lungo quarant' anni e quindici film, dal 1960 al Duemila.
Un sodalizio che ha dato molto all' irripetibile stagione della commedia all' italiana, e che il Bif&st di Bari (22-29 aprile) ripropone in due retrospettive incrociate. Attraverso gli anni - in libri di memorie, interviste, prefazioni di biografie o lettere d' addio - l' attore e il regista si sono reciprocamente raccontati, ricordati con la schiettezza propria (non solo sullo schermo) di quella generazione di cineasti.
Il debutto ufficiale insieme nel 1960, Il mattatore, per Risi «una calibratura di trasformismo di un Gassman ancora senza una vera, riconoscibile faccia cinematografica. Lo schizoide Gassman in bilico tra il teatro serio ma già di clamore e il cinema rigido, almeno fino a quel film». Tra le colonne attoriali di allora - Tognazzi, Manfredi, Sordi, Mastroianni - Gassman era il suo preferito, «il più amico. Intelligente e complicato ». Insieme formulavano giudizi spietati: «Fellini? Un arredatore », «Visconti? Un fotografo».
GASSMAN IL SORPASSO
E poi c' era la classifica dei grandi "cani" mondiali, «il più cane di tutti, per noi, era Gregory Peck».
L' affetto reciproco non mitigava i giudizi critici. Per Risi « Riso amaro è un film terribile anche per colpa di Gassman. Una di quelle gigionate da vergognarsi per tutta la vita». L' inviato della rivista francese Positif gli chiese se per attori come Tognazzi e Gassman le sceneggiature fossero scritte apposta:
«Sì. Ma per Gassman in un primo momento non sapevamo che pesci prendere. Perché è diventato un comico con la forza, con la volontà. Ha assorbito la lezione di Sordi come una spugna». A proposito di La marcia su Roma, Risi lamentava il poco tempo avuto a disposizione per la sceneggiatura, «è successo due o tre volte con Gassman, che aveva poco rispetto per il lavoro di preparazione e non gli importava se il copione non era a posto, voleva rispettare le date di riprese previste dal contratto».
Gassman-Il sorpasso
Di Il Gaucho (all' inizio un flop, poi rivalutato) Risi ammette che «era stato il pretesto per una vacanza in Argentina dove Gassman aveva avuto grande successo personale. Ma in quel film funzionavano il povero emigrato Manfredi e il ricco mecenate Nazzari. Gassman, al contrario, era opaco, artificiale». Ma quando descrive «quell' attore bravissimo e simpatico» che era Walter Chiari, spiega che «ha due buchi al posto degli occhi: non buca lo schermo. Gassman invece sì». Tra i tre maestri - Monicelli, Scola e Risi - per il mattatore «Risi è quello con cui ho avuto il rapporto più divertente, amava improvvisare.
GASSMAN IL SORPASSO BALLO
Un giorno durante le riprese mi voltai e chiesi "Dino, c' è un vecchio, cosa devo fare?", rispose "dagli un calcio in culo". Scherzi e improvvisazioni ci accompagnano, sul set. Il suo talento si basa sulla capacità di osservare i dettagli di ciò che accade intorno a lui». Ma è anche un regista «impressionista e a volte improvvisato. Gli capita di essere un po' trascurato, ma sa a chi rivolgersi. Conosce davvero il cinema».
Tra i due l' intellettuale è l' attore. A Paolo D' Agostini, Risi raccontava (sul Castoro): «Vittorio si è involgarito a fare cinema e questo lo ha reso più umano. Ai tempi di Il sorpasso ero terrorizzato. Pensavo: potrà piacere? Lo vedevo falso. Invece ha funzionato ». Dell' attore genovese, che al primo incontro aveva trovato «antipatico, aristocratico» aveva poi amato «la grande intelligenza, la morbosa sensibilità, la spietata sincerità». Ne riconosceva la memoria prodigiosa: «Veniva sul set, dava un' occhiata al copione e diceva "quando vuoi". Poi, l' ultima volta insieme per uno spot, pretese il gobbo per due battute, dopo il ciak mi chiese "come sono andato?"».
GASSMAN IL SORPASSO BALLO
C' è stato un periodo in cui per Risi, Gassman «si faceva troppo guidare dagli autori». Parla con il critico di Positif di Il tigre e Il profeta e Risi « Il tigre non è male, di Il profeta preferirei non parlare.
Un altro film in cui Gassman era comandato dagli autori. L' idea era bella, un uomo che ha lasciato il mondo per fare l' eremita, poi torna e prende le tangenti.
Ma il profeta avrebbe dovuto avere migliaia di fedeli, causare una crisi di governo: allora sarebbe diventato un film satirico, importante, invece è rimasto a metà strada». In nome del popolo italiano è «occasione di incontro di due grandi attori che gareggiano in uno spettacolo in cui giustizia e ingiustizia fanno da fondo».
GASSMAN IL SORPASSO BALLO
Del finale Risi ama «quando Gassman diventa più I mostri », meno Tognazzi che getta il quaderno nel fuoco, «un gesto eccessivo che non avrei dovuto mettere, preferisco che sia lo spettatore a decidere». Sullo stesso film Gassman dice che «ha anticipato i nostri tempi». Loda la sceneggiatura di Age e Scarpelli «storicamente impegnati, interessati ai problemi sociali». La doppia faccia di Gassman tra impegno e commedia, Risi la riassume in un aneddoto su Il sorpasso: «Le proiezioni test andarono malissimo. Pensavo di tornare a fare il medico.
Ettore Scola
Poi chiama il proprietario del cinema Corso per dirci che i venti spettatori stanno ridendo a crepapelle. Sono pochi, spiega, perché fuori dal cinema ci sono ancora i manifesti di un altro film con Gassman, Anima nera di Rossellini, un fiasco totale». L' attore di Il sorpasso loda «la bella sceneggiatura di Scola e Maccari, cui abbiamo aggiunto molte cose. Nella scena in cui ballo stretto con la giovane donna al ristorante le faccio sentire il mio sesso e le dico "modestamente, in breve": ecco, questa è un' invenzione di cui sono orgoglioso quasi quanto il mio Amleto. Se dovessi nominare solo un mio film direi questo.
Risi mi ha dato per primo un ruolo da protagonista in un grande film con la mia faccia come era allora, esposta». Nel '74 il successo internazionale di Profumo di donna, con cui il protagonista vince a Cannes: «Siamo andati a studiare in un istituto per ciechi, ma non è servito. Ho solo colto in alcuni la mancanza di controllo dei muscoli oculari e l' ho trasformata nel leggero strabismo del personaggio». Negli ultimi anni l' amicizia si era fatta più forte, anche nei momenti burrascosi.
GASSMANN PADRE E FIGLIO 2
Risi: «Mi invitava a casa sua a Orvieto. Avemmo una lite furiosa, poi ci siamo ritrovati, la depressione ci ha riaffratellati». Con i dovuti distinguo: «Anche nella depressione », amava dire Risi, «Gassman era un professionista, io restavo un dilettante. Ma questo suo scendere a patti col lato anche umiliante della vita, capendo l' insuccesso, l' invecchiamento, la malattia, lo ha reso molto interessante».
Tolgo il disturbo, nel 1990, «è il film su due nonni, io e lui, un lucido e folle e divertente viaggio nella senescenza ». Gassman: «Dino mi disse "Non deludermi proprio adesso, non guarire del tutto. Resta pazzo ancora un po', lavori meglio" ».
GASSMANN PADRE E FIGLIO