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LA NAZIONALE DI CALCIO RISCHIA DI RESTARE PER LA TERZA VOLTA FUORI DAL MONDIALE E “LA GAZZETTA” INVECE DI CHIEDERE CONTO AL PRESIDENTE DELLA FEDERCALCIO GABRIELE GRAVINA PER I SUOI RIPETUTI FLOP ATTACCA RANIERI PER IL NO ALL’ITALIA – LA “ROSEA” INVEISCE CONTRO “SIR CLAUDIO”, CHE AVEVA SEMPRE DETTO DI VOLER SMETTERE DI ALLENARE, E SI INVENTA UNA REALTA’ CHE NON E’ MAI ESISTITA: “CON LA CERTEZZA DI AVERE IN TASCA IL SÌ DI RANIERI, LA FEDERAZIONE HA AFFRONTATO L’ESONERO DI SPALLETTI”. NO, GRAVINA HA LICENZIATO LUCIANONE SENZA AVERE IN MANO NULLA. SOLO DOPO HA CONTATTATO RANIERI, SOTTO CONTRATTO CON LA ROMA - POI "LA GAZZETTA" SI ATTACCA AL FUMO DELLA PIPA E CIANCIA DI DANNO ALL'ITALIA PROVOCATO DA RANIERI (GLI UNICI DANNI LI HA CREATI E LI STA CREANDO GRAVINA!)
Arianna Ravelli per gazzetta.it
ranieri gravina la gazzetta dello sport
Perché la Nazionale di calcio rischia per la terza volta di restare fuori dal Mondiale? Ci sono, è ovvio, numerose ragioni tecniche, possiamo partire dalle scuole calcio, parlare del poco spazio ai giovani italiani, e sviscerarle tutte come facciamo ogni volta che siamo sull’orlo del baratro. Poi però c’è una ragione più profonda che forse bisogna che ci diciamo una volta per tutte: perché non interessa.
O almeno non interessa abbastanza. Ai giocatori, alle società, agli allenatori e anche ai tifosi. Quando il villaggio globale del pallone si infuria, usando parole come "traditore", che non dovrebbero trovare cittadinanza in questi contesti, e si domanda offeso perché un tecnico abbia detto di no a continuare ad allenare il club del cuore ma pensa di dire sì alla Nazionale, come se questa fosse una squadra in concorrenza, o, peggio, un motivo di deminutio, vuol già dire che non ci siamo. Il ribaltamento è compiuto.
Una volta, con una retorica patriottica che non si rimpiange, "traditore" era chi abbandonava la patria, adesso è chi vuole (voleva) servirla, perché il bene considerato supremo è quello del club. È quello che è successo sulla piazza di Roma con Claudio Ranieri, ma è quello che sarebbe potuto succedere ovunque, nella stessa situazione. È lo stesso sentimento che spinge un giocatore importante dell’Inter, Francesco Acerbi, a far prevalere ragioni di orgoglio e un personalismo (su cui non vogliamo entrare nel merito) sul senso di appartenenza che dovrebbe dare la maglia dell’Italia.
Spalletti non era un allenatore qualsiasi con cui aveva litigato, era il ct dell’Italia. È sempre un’operazione un po’ grossolana cercare nello sport lezioni per la vita o per la società, però questo prevalere dell’interesse di bottega, del "particulare" (per dirla con Guicciardini) sul bene comune, inteso come quello della collettività alla quale si appartiene (e alla quale si deve la propria storia), è un atto diffuso di autolesionismo.
E veniamo a Ranieri. Premessa: quando le scelte riguardano il proprio futuro professionale e di vita sono sempre legittime (a maggior ragione quando di sicuro sono state dolorose), così è stato del tutto legittimo da parte di Ranieri confermare alla fine la decisione, già comunicata alla Roma, di non volere più allenare. Però andava detto subito.
gravina ranieri messaggio a ivan zazzaroni
Un uomo della sua esperienza non può non aver capito la situazione di emergenza in cui versa la Nazionale e di conseguenza il danno che ha finito per provocare a tutto il movimento con il suo dietrofront. Allo stesso modo, è legittimo che una proprietà, in questo caso i Friedkin, che ha impostato le proprie scelte sul no di Ranieri (sottoscrivendo contratti onerosi con lui per il ruolo di consulente e con il nuovo allenatore Gian Piero Gasperini) abbia delle obiezioni da muovere, ma, di nuovo, andavano espresse subito con chiarezza. È vero che, dopo la disfatta con la Norvegia le cose sono precipitate, ma con la certezza di avere in tasca il sì di Ranieri, la Federazione ha affrontato un esonero che forse poteva essere gestito diversamente.
FLORENT GHISOLFI GIAN PIERO GASPERINI CLAUDIO RANIERI
Di sicuro, l’Italia del pallone si sarebbe risparmiata quest’impasse che non solo non giova all’immagine, ma da cui non è facile uscire. Anche il modo desta qualche perplessità e stride con l’eleganza di uno splendido signore settantenne: una scelta così non può essere comunicata al presidente federale via Whatsapp, come fanno i ragazzi quando non hanno il coraggio di lasciare la fidanzata. In ogni caso, adesso che si fa? Tempo ce n’è poco.
Anche Guardiola, o scegliete voi il più grande allenatore al mondo, farebbe fatica a imprimere il suo marchio tecnico in una manciata di partite e già tutte decisive, con poco tempo per conoscere e allenare i giocatori. È necessario puntare su doti più caratteriali, su un ct in grado di dare una scossa, e di tirare fuori il massimo da una squadra che non avrà fuoriclasse, ma non è neanche ai livelli visti nelle ultime partite. La qualificazione diretta è compromessa, ma passare il turno ai playoff è un obiettivo che non può essere mancato. A patto che interessi davvero a qualcuno.
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