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Arianna Finos per la Repubblica - Estratti
claudia gerini carlo verdone viaggi di nozze
Claudia Gerini alla stazione Termini, in partenza: «Sono sulla piattaforma con una signora appena conosciuta: parliamo di mamme e di figlie, di sorellanza femminile, di quanto sia importante che sia arrivata».
Che pensa delle liste delle compagne di scuola “conquistate” affisse da alcuni ragazzi sulle classi del liceo romano Visconti?
«Una vicenda abominevole. È amaro realizzare che a diciott’anni, in quinto liceo classico, dei ragazzi in gruppo decidano di fare una cosa così. Che abbiano bisogno di “annunciare”, “sbeffeggiare” qualcuno — non si capisce per cosa — per confermare la loro mascolinità, come a dire “ho scalato l’Everest”.
La vicenda non dovrebbe finire con un sei in condotta, l’episodio va condannato come un atto violento che fa parte della cultura dello stupro. Ed è il momento di una legge per parlare di sessualità e affettività nelle scuole».
Venerdì 14 giugno lei sarà alla Milanesiana con il Solis String Quartet per lo spettacolo-concerto Qualche estate fa. Vita, poesia e musica di Franco Califano.
«Una bellissima passeggiata nella poesia di Califano, quattro archi, dieci brani introdotti dal monologo di una donna. La ragazzina che si è innamorata di lui durante un’estate di quando erano sedicenni, la persona che lo vede passare tutte le sere nelle vie di Trastevere, la prostituta che lo aspetta innamorata, una madre che l’ha visto crescere troppo in fretta. Le donne sono state il suo motore e la sua dannazione».
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Da ragazzina com’era?
«Volevo fare l’attrice, la ballerina. A scuola dalle suore, ero preoccupata di comportarmi nel modo giusto. Ma ai provini, lo spot dei cioccolatini a 13 anni, ballavo, facevo le faccette. Volevo rendermi interessante».
I genitori?
«Non entusiasti, ma capivano che non era un capriccio. Con papà vedevamo i film neorealisti, non lo spaventava l’idea di una figlia attrice. È iniziata con un coupon sulla rivista Cioè. Mi selezionano per Miss Teenager, mamma mi accompagna, “ma sei sicura?”. Di fronte alla determinazione mi asseconda».
Ha diretto un corto per i Cento anni di Istituto Luce che riguarda i “provini”.
«Ho scelto il tema “scuola di mogli”, in archivio c’erano corsi e concorsi per donne ideali. Cucivi, cucinavi, facevi cocktail... era concepita così una moglie, una colf. Ho aggiunto una vecchietta, Paola Minaccioni, recita una testimone del tempo, che arrivava sempre seconda. Buffo».
claudia gerini i migliori giorni 1
Primi film?
«Il set era la mia giostra, mi sentivo nel mio. In un’estate feci Ciao ma’, un gruppo di adolescenti al concerto di Vasco Rossi, di cui ero fan. Girammo durante un suo vero concerto. E Poveri ricchi di Sergio Corbucci, figlia dei miliardari Lino Banfi e Laura Antonelli, una diva affascinante».
“Francesca e Nunziata” di Lina Wertmuller, con Sophia Loren?
«Carismatiche e diverse. Sophia diva materna, Lina Gianburrasca visionaria e coraggiosa. Quando Lina raccontava delle quattro di mattina fatte al Piper e poi direttamente sul set, Sophia la guardava a occhi sgranati: “Io sul set sono sempre stata disciplinata, la sera a letto presto”».
Il set in cui si è emozionata?
claudia gerini si taglia i capelli per sostenere le proteste in iran
«John Wick 2, a Caracalla, mi sono sentita potente, abito a sirena paillettato e zibellino, tappeto rosso di 70 metri, quattro guardie del corpo, trecento comparse, principi indiani, cardinali. Con Castellitto, Non ti muovere, ho vissuto momenti quasi veri. In La passione di Cristo mi ha turbato vedere Gesù fustigato.
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Disavventure?
«Non amo girare la notte, freddo, sonno, fatica. Una sequenza interminabile di Suburra, un cardinale che voleva togliersi la vita e io su e giù per le scale con i tacchi a spillo e le gambe tremanti. Alla fine invece che persuaderlo volevo dirgli “buttati”, andiamo a casa. E poi Viaggi di nozze. Carlo odia la notte, in una scena silenziosa un tizio continuava a ridere e Carlo, esausto, sbotta: “basta lasciateci lavorareee”».
Colpi di fulmine e disillusioni?
«Disillusioni no, tengo le aspettative basse. Con alcuni attori è subito naturale: Verdone, Fresi, Gassmann».
Etichette di cui liberarsi?
«Ancora oggi nei paesi mi vengono a dire “lo famo strano”. Ma non è stato un problema, da Jessica in poi ho scelto cose diverse».
Con chi vorrebbe lavorare?
«Virzì, Martone, Bellocchio, ancora con Castellitto, Verdone, Gassmann. Scommetto con l’entusiasmo della ragazzina che faceva i provini. Ne faccio ancora, specie per progetti internazionali. Non mi sento una sfigata. Amo il mio mestiere e sogno ancora».
Provino andato male?
«Mi chiamano per Equalizer 3, girato in Italia, una barista cinquantenne. “Cavolo sono io”. Affitto nella calura di giugno uno studio per il selftape, coinvolgo un collega per le battute.
Mi riempio di spray per scurire i capelli, bionda con gli occhi verdi non sembro italiana. Il provino viene bene. Corro al concerto di Vasco Rossi, con figlie e un’amichetta. Nella calca si scioglie lo spray col sudore, colano rivoli neri su viso e collo. Scoprirò poi che i produttori avevano cambiato idea: volevano una italiana nera».
claudia gerini 1 foto porcarelliCLAUDIA GERINI GIANNI BONCOMPAGNIclaudia geriniclaudia geriniclaudia geriniCLAUDIA GERINI NEL 1986 claudia geriniclaudia geriniclaudia gerini carlo verdoneclaudia gerini lucignoloclaudia gerini sul red carpet del festival del cinema di venezia claudia gerini premiata foto di bacco
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