Vittorio Sabadin per “Lastampa.it”
PETER WADHAMS
Sembra l’inizio di un film catastrofico: un acclamato docente dell’Università di Cambridge, il professor Peter Wadhams, studia da anni i mutamenti climatici nell’Artico. Lancia continui allarmi nelle conferenze e in trattati che scrive sullo scioglimento dei ghiacci polari, ma nessuno gli presta molta attenzione.
Un giorno però, esaminando gli ultimi dati del National Snow e Ice Data Centre americano, scopre che al 1° giugno di quest’anno la superficie ghiacciata intorno al Polo Nord si è ridotta a 11,1 milioni di km quadrati, mentre la media degli ultimi 30 anni è stata di 12,7 milioni. In pochissimo tempo è scomparsa un’estensione di ghiaccio pari a cinque volte l’Italia e questo significa una sola cosa: la catastrofe può essere molto vicina.
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QUARANTA SPEDIZIONI
Il professor Wadhams, barba e capelli bianchi, perfetto nel ruolo di se stesso nel film, ha guidato 40 spedizioni polari, è docente di Oceanografia fisica ed è responsabile a Cambridge del Polar Ocean Physics Group: quando parla di Artico sa dunque che cosa dice.
Rileggendo le previsioni che aveva fatto quattro anni fa sullo scioglimento dei ghiacci e confrontandole con gli ultimi dati in arrivo dagli Stati Uniti, è arrivato a una conclusione davvero allarmante: il Polo Nord potrebbe essere completamente libero dal ghiaccio già a settembre di quest’anno o al più tardi nello stesso mese dell’anno prossimo. L’ultima volta che è accaduto è stato 100 mila anni fa, quando l’uomo di Neanderthal viveva sulle montagne dell’Altai, in Siberia.
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«La mia previsione – ha detto Wadhams al quotidiano Independent – è che il ghiaccio artico scompaia o si riduca a meno di un milione di km quadrati. In ogni caso è sicuro che quest’anno si stabilirà un record sotto i tre milioni di km quadrati, che sarà battuto di nuovo il prossimo anno».
Secondo lo studioso i segni che lo scioglimento dei ghiacci accelera in modo drammatico sono evidenti. Lungo la costa della Russia il ghiaccio non si forma ormai più e questo determina il riscaldamento delle acque del Mar Glaciale Artico e dei suoi fondali, che liberano metano rimasto congelato per millenni.
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Altro metano è immesso nell’atmosfera dal permafrost siberiano che si riscalda, aggravando l’effetto serra. Wadhams, in un articolo su «Nature», ha affermato che questo metano causerà un riscaldamento della temperatura globale di 0,6 gradi in soli cinque anni, mettendo in moto un rapidissimo processo non più controllabile.
Per avere un’idea delle conseguenze del riscaldamento in atto nel Mare Artico, dice Wadhams, basta guardare qualunque tg. Gli eventi meteorologici estremi sono quotidiani: cicloni «bomba» e tornado fuori stagione, inondazioni negli Usa e in Europa, tempo sempre più violento e imprevedibile.
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Ma il peggio deve ancora arrivare, se davvero il Polo Nord sarà presto libero dai ghiacci. Il livello dei mari s’innalzerà e l’acqua dolce immessa negli oceani modificherà il ciclo delle correnti, con conseguenze devastanti.
PREOCCUPAZIONI CONDIVISE
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Gli scienziati che studiano i mutamenti climatici sono più prudenti di Wadhams, anche se condividono le sue preoccupazioni. Peter Gleick, che lavora al Pacific Institute di Oakland, in California, ritiene che si debba essere molto attenti, perché «le previsioni che si rivelano poi sbagliate gettano discredito su tutta la comunità scientifica».
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Secondo Gleick, lo scenario ipotizzato dal collega di Cambridge è realistico, ma non si realizzerà prima del 2030-2050. Ma anche lui non si fa illusioni sulla possibilità che il processo possa essere fermato: «Siamo come su un treno impazzito – ha detto – sul quale gli scienziati azionano continuamente il fischio, mentre i politici gettano carbone nella caldaia del motore».
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